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Bene l’Italia sul 5G, ma… Il doppio messaggio degli Usa a Roma

Gli Usa lanciano un doppio messaggio alla Penisola sul fronte del 5G, che come ha raccontato Formiche.net sarà argomento di discussione tra i due.

IL MESSAGGIO DELLA CASA BIANCA

Il primo, di apprezzamento ma rivelatore, è stato dello stesso Donald Trump al termine dell’incontro con il capo di Stato italiano Sergio Mattarella.

L’inquilino dello Studio Ovale si è detto “molto soddisfatto” della decisione del governo italiano di rafforzare la sua cyber sicurezza. Ma ha poi ricordato a Roma quanto sia importante non avvalersi per le reti 5G di “fornitori ed attrezzature inaffidabili”. Tradotto: bene quanto fatto finora, ma solo se porterà a chiudere ai colossi cinesi ogni possibilità di fornire apparati per lo sviluppo e l’implementazione delle nuove infrastrutture.

LA CAMPAGNA DELLO STATE DEPT

Da tempo gli Usa avvertono dei rischi che ritengono correlati all’adozione di tecnologia di giganti della Repubblica Popolare come Huawei e Zte. In cima a tutto c’è secondo gli Usa un tema “strutturale”: per l’amministrazione americana, la fusione pressoché totale tra militare e civile è uno degli sforzi più grossi che la Cina, sotto la guida di Xi Jinping, starebbe compiendo. Il che rende problematica qualsiasi cooperazione o trasferimento tecnologico con la Repubblica Popolare. In questo senso l’azienda fondata da Ren Zhengfei – della quale viene messa in discussione addirittura la vera proprietà – è considerata la punta più avanzata di questa visione cinese che vede l’utilizzo dei campioni nazionali per il raggiungimento di obiettivi geopolitici (mentre altrove, in economie di mercato, le aziende sono libere di concentrarsi sul far profitto). Per questo, il colosso di Shenzhen – attivo non solo nella costruzione di smartphone, ma soprattutto in settori strategici come le reti e i cavi sottomarini – è divenuto il simbolo quasi naturale dello scontro tra Washington e Pechino. E poi c’è un tema che riguarda più da vicino Paesi alleati come l’Italia. Come hanno ricordato in questi mesi il Dipartimento di Stato e il suo numero uno, Mike Pompeo (che di recente è stato in Italia ed è tornato sulla questione 5G), infiltrazioni cinesi nelle reti occidentali sarebbero ancora più pericolose se riguardassero Paesi come Roma, che ospitano sul loro territorio basi Nato, perché una violazione metterebbe a rischio i dati e le comunicazioni dell’intera alleanza.

I RILIEVI DI STRAYER

E pur senza citare mai la Penisola, nelle scorse ore Rob Strayer, il principale diplomatico cyber di Foggy Bottom, è tornato a sottolineare perché il dossier 5G non può essere sottovaluto (nemmeno a fronte di controlli che sembrano rafforzare la sicurezza).
Dopo aver elogiato la presa di posizione europea che ha messo in guardia dal pericolo di una rete gestita da attori legati a “stati non democratici” (chiaro il riferimento alla Cina), l’alto funzionario Usa si è soffermato su alcune criticità. Una in particolare riguarda un tema dibattuto. Escludere i colossi cinesi dalle parti “core” delle reti può mettere al sicuro da possibili attacchi o fughe di dati? No, secondo Strayer, per ragioni puramente tecnologiche.

CHE COSA SUCCEDE IN ITALIA

Quello del diplomatico sembra dunque un monito, in linea con le parole della Casa Bianca, a considerare il 5G come una tecnologia da mettere in sicurezza in ogni sua componente. L’Italia, per quanto riguarda il 5G, ha deciso di non escludere a priori le aziende della Repubblica popolare, ma di rafforzare il Golden Power anche sulle reti e di istituire un Perimetro di sicurezza cibernetica nazionale per elevare i controlli su reti e sistemi particolarmente sensibili in settori strategici o essenziali. Perno di questo sistema sarà il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale (Cvcn) presso il Mise, ovvero il posto dove software e hardware sarà analizzato per verificare possibili vulnerabilità. Mitigare questi rischi, però, ha evidenziato Strayer, potrebbe essere difficile. Di qui la richiesta americana di optare, quanto prima, per scelte chiare e incisive.

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