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La Difesa prende il volo (con gli F-35). La svolta di Lorenzo Guerini

Lorenzo Guerini fa il ministro della Difesa. Lo fa, come promesso, squarciando il velo di ipocrisie che da troppo tempo avvolge la difesa e assumendo una posizione chiara e decisa a favore della conferma degli F-35. Da Pozzuoli, dove ha partecipato all’inaugurazione dell’anno accademico degli istituti di formazione dell’Accademia aeronautica, il titolare di palazzo Baracchini si è espresso con chiarezza sul programma. L’obiettivo? “Chiudere il dibattito sugli F-35”. In sintesi, i velivoli realizzati da Lockheed Martin servono alle Forze armate, consolidano la posizione italiana nel contesto euro-atlantico e permettono di avere nel Paese un ritorno di lavoro di tutto rispetto.

I DOVERI DEL MINISTRO

La chiusura del dibattito, ha spiegato Guerini, avviene “ispirandomi ad alcuni elementi essenziali, quelli che attengono ai miei doveri”. E così ecco l’assunzione di responsabilità: “Nelle scelte che saremo chiamati a realizzare, intendo non derogare a nessuno di questi doveri”. Tra questi, ha aggiunto, “c’è quello di garantire l’efficacia dello strumento militare, quello di tenere l’Italia dentro gli impegni assunti in sede internazionale e nelle alleanze a cui partecipiamo e quello di vedere le ricadute positive che le scelte che noi compiamo hanno sul nostro Paese”. Il programma F-35, ha spiegato, “mette in gioco tutti questi elementi e io non intendo in maniera molto precisa non derogare a nessuno di questi doveri”.

IL VALORE DEL PROGRAMMA

D’altra parte, come ribadito da tutti i vertici militari, il velivolo di quinta generazione risponde a una precisa esigenza operativa delle Forze armate italiane. Si inserisce inoltre in un programma a cui l’Italia ha aderito nel 1998, quando il nostro Paese entrò nella “Concept Demonstration Phase”. Nel 2012, la previsione d’acquisto fu ridotta da 131 a 90 velivoli, non senza conseguenze in termini di prospettive di lavoro per lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, l’unico centro di assemblaggio e verifica finale del Vecchio continente che l’anno dopo iniziò le sue operazioni. Poi, il dossier è stato gestito con la conferma degli impegni, ma anche con una certa ritrosia alla pubblicità da parte dei governi che si sono succeduti, un atteggiamento che precede l’esecutivo governo gialloverde. Parallelamente, sul fronte operativo, l’Aeronautica militare è andata avanti con il velivolo, continuando a registrare primati, compreso l’ultimo, recentissimo, con il primo dispiegamento di quinta generazione in una missione della Nato (in Islanda).

LE REAZIONI

Meno di un mese fa il ministro Guerini era uscito allo scoperto sul tema. In un’intervista al Corriere della Sera aveva spiegato la “responsabilità” a conferma degli impegni previsti, basata su tre principi-cardine ripresi oggi a Pozzuoli: “Efficienza operativa dello strumento militare, coerenza con gli impegni assunti e attenzione ai ritorni industriali e occupazionali”. Già allora, la presa di posizione non aveva lasciato indifferenti. Apprezzamenti da gran parte delle opposizioni (tutto il centrodestra) e dagli esperti, meno da una parte degli alleati di governo pentastellati, che già avevano sobbalzato quando lo stesso quotidiano, pochi giorni prima, aveva rivelato le rassicurazioni fornite da Giuseppe Conte a Mike Pompeo. Il M5S continua a sostenere la linea della rinegoziazione, soprattutto al fine di ottenere maggiori ritorni industriali.

LE OPPORTUNITÀ

Su questo, complice proprio la presa di posizione di Guerini, una sponda l’ha offerta inaspettatamente Donald Trump durante la visita alla Casa Bianca del presidente Sergio Mattarella. Il presidente Usa si è complimentato per i piani italiani e ha sottolineato che il “programma va molto bene”. Secondo molti osservatori ciò rappresenta una porta aperta alle ambizioni italiane di confermare il ruolo dello stabilimento di Cameri e di tutta la filiera coinvolta, dai big alle Pmi. In effetti il programma va davvero molto bene. Nell’ultimo mese l’Olanda ha definito l’acquisto di nove F-35 in più rispetto ai 37 già previsti. Il Belgio ha inoltre ufficializzato i piani per 34 velivoli, aggiungendo un accordo tra diverse aziende belga e Lockheed Martin per garantirsi ritorni industriali importanti. A Cameri è giunta di recente una delegazione polacca che potrebbe scegliere il sito novarese per assemblare i 32 F-35 che Varsavia intende acquistare.

L’ACCORDO SUI COSTI

In più, la scorsa settimana, il Pentagono e Lockheed Martin hanno siglato l’accordo per i prossimi lotti produttivi del velivolo di quinta generazione. Si tratta di 478 jet per un valore complessivo di 34 miliardi di dollari, destinati alle Forze Usa, ai partner del programma (come l’Italia) e agli altri clienti stranieri. La notizia è che i costi del velivolo calano ancora, scendendo al di sotto della soglia di 80 milioni per un F-35 in versione convenzionale, risultato raggiunto con un anno di anticipo rispetto al previsto. Significa che l’assetto di quinta generazione costa meno di uno di quarta, con un calo di quasi il 13% del costo unitario rispetto all’ultimo lotto contrattualizzato.

LA SVOLTA DI GUERINI

È anche per questo che Guerini è tornato sul tema da Pozzuoli, a una settimana dalla presentazione delle sue linee programmatiche di fronte alle Commissioni Difesa di Camera e Senato. Il cambio di passo impresso dal dem sembra oggettivamente evidente. Dal dual use quale cifra stilistica del dicastero, Guerini ha iniziato con il ripristino dei compiti affidati dalla Costituzione alle Forze armate, primo fra tutti la Difesa dello Stato e dei suoi interessi. Da qui, osservando la complessità dello scenario internazionale su cui questi interessi di dispiegano, ne discende l’esigenza di ammodernamento, e dunque di certezza finanziaria e aumento di investimenti. Lo ha spiegato chiaramente Guerini nelle sue linee programmatiche, e poi nuovamente ieri al Centro alti studi Difesa (Casd) per l’evento organizzato dall’Aiad, la federazione delle aziende di settore. A palazzo Baracchini, la svolta pare evidente.

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