Accoglienza con tutti gli onori in Cina per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, volato a Shanghai per promuovere il Made in Italy e intensificare rapporti e scambi con Pechino. Alla seconda China International Import Expo (CIIE), al via domani, prenderanno parte 90 aziende da tutta la Penisola. Ma quanto oro c’è dietro a questo luccichio?
L’IMPATTO SULL’ECONOMIA
Secondo Lucrezia Poggetti, ricercatrice presso il Mercator Institute for China Studies (Merics), “il CIIE è l’evento annuale con il quale Pechino vuole mostrare al mondo l’apertura dei suoi mercati”. Ma, evidenzia l’esperta, “si tratta più di simbolismo che di fatti”. E l’Italia, sottolinea l’analista, dovrebbe saperlo meglio di altri Paesi.
“L’impatto economico dell’adesione dell’Italia alla nuova Via della Seta e degli investimenti cinesi attesi è stato finora scarso”.
LA STRATEGIA DI PECHINO
La ragione di questo ‘spread’ tra auspici e risultati, spiega l’esperta, è da ricercare prevalentemente in una scarsa comprensione, da parte dei promotori di rapporti più stretti con la Cina, dei veri obiettivi di Pechino nel nostro Paese e, più in generale, nel Vecchio Continente. “La Cina”, dice ancora Poggetti, “non è interessata a importare merci che già produce da sé. Guarda piuttosto all’Italia e all’Europa come a mercati dai quali acquisire know-how pregiato, soprattutto nei settori ad alta intensità tecnologica, parte di una strategia per raggiungere i target fissati dal piano Made in China 2025. Non è un caso che il Paese europeo che ha rapporti più stretti con la Cina, proprio in virtù delle sue competenze tecnologiche in molti settori, sia la Germania, dove sono state fatte molte acquisizioni e non senza problemi, come dimostra il caso Kuka”.
L’ACCOGLIENZA PER DI MAIO
Quanto all’accoglienza riservata a Di Maio, invitato dal leader cinese Xi Jinping alla cena in onore dei capi di Stato e di Governo, Poggetti creda che rientri in un disegno complessivo di Pechino. “La Cina è interessata all’Italia sia per il know-how, come detto, ma anche per ottenere legittimità agli occhi della comunità internazionale”.
I RAPPORTI ITALIA-CINA
L’adesione dell’Italia alla Belt and Road Initiative, unico tra i Paesi del G7, “ha contribuito a questo obiettivo, ma è stata funzionale per lo più alla propaganda interna di Pechino. E, in linea di massima, il cambio di governo ha riportato l’Italia su tradizionali posizioni filo-atlantiche ed europeiste, pur mantenendo un interesse, ovviamente, nei rapporti economici con la Cina”.
Ciò indispone la Cina, con il risultato di aver irritato Washington e anche Pechino? “No”, secondo l’analista, “perché la Repubblica Popolare spera ancora di ottenere ulteriori aperture da parte dell’Italia, e in fondo sapeva dal principio che quella con l’Italia sarebbe stata una partnership instabile. Nel frattempo Roma si sta adoperando su dossier di sicurezza come il 5G, per proteggere il quale ha rafforzato il Golden Power e istituito il Perimetro nazionale per la sicurezza cibernetica”.
COME NEGOZIARE CON XI
Tuttavia, conclude la ricercatrice, non è impossibile negoziare con la Cina ma serve avere le idee chiare. “Pechino continua a dire che vuole un’Europa unita, ma la realtà è che preferisce parlare con i Paesi europei bilateralmente, per far pesare i suoi numeri. Le task force nazionali dovrebbero essere inter-ministeriali, così da facilitare un bilanciamento degli interessi economici, politici e relativi alla sicurezza nei confronti di Pechino. Sarebbe poi opportuno lavorare con i partner europei e mettere la Cina di fronte alle sue responsabilità: agli annunci devono seguire atti concreti. A questo mira la missione del presidente francese Emmanuel Macron che è nel Paese anche per difendere gli interessi europei assieme a rappresentanti dei business tedeschi e al prossimo commissario Ue per il Commercio. L’Italia deve mettere da parte il simbolismo e le azioni solitarie e unirsi ai partner: solo così potrà contare nel rapporto con il colosso Cina”.