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In Ue comanda Berlino, anche sul Mes. Il monito di Micossi

L’orologio fa tic-tac. E il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, è stato abbastanza chiaro: il Consiglio Ue di dicembre dovrà fare di tutto per approvare la riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. In questi giorni sta divampando la polemica in Italia (il premier Giuseppe Conte riferirà in Parlamento il 10 dicembre, il ministro Roberto Gualtieri il 27 di questo mese), dopo che numerosi osservatori ed economisti (tra cui Carlo Cottarelli, intervistato da questa testata) hanno messo in guardia dai possibili rischi per il risparmio da una riscrittura dei criteri per la concessione di aiuti ai Paesi in difficoltà sul piano del debito. Persino le banche, intervenute oggi sulla questione, hanno minacciato di smettere di comprare Btp qualora le nuove regole di accesso al Mes prevedano meccanismi di ristrutturazione del debito dagli effetti potenzialmente devastanti sullo spread e dunque sul valore dei titoli pubblici italiani. Stefano Micossi, economista e direttore generale di Assonime, l’associazione delle spa, parla di scarsa chiarezza e linguaggio ambiguo sulle questione Mes. E si sa, in finanza le parole sono importanti.

SERVE UNA PAUSA SUL MES

“La mia personale opinione”, spiega Micossi a Formiche.net, “è che questo scompiglio che si è venuto a creare sul Meccanismo di stabilità, politicamente motivato da fattori domestici, non viene a mal partito, perché l’Italia ha bisogno di trovare in questo negoziato di una linea complessiva, che riassuma la posizione del governo. Approvare un pezzetto di unione bancaria alla volta non è una buona idea e così, approvare la riforma del Mes senza approvare l’unione bancaria nella sua totalità non ha molto senso. Il governo dunque fa bene a chiedere una pausa e a non approvare la riforma del Mes così com’è. Perché bisognerebbe aprire una discussione più ampia, sull’unione bancaria, che comprenda al suo interno anche il negoziato sulla riforma del Mes ma non solo”. Secondo Micossi insomma, la trattativa sulla riforma del Mes andrebbe agganciata al negoziato in atto sull’unione bancaria in atto con i Paesi membri, Germania in primis. Negoziato su cui ci sono forti perplessità da parte italiana.

ATTENTI ALL’AMBIGUITÀ

Il cuore dell’operazione unione bancaria è infatti la proposta del ministro delle Finanze tedesco, Olaf Sholz, per il quale è necessario non rendere più a rischio zero per le banche acquistare titoli di Stato, bensì misurare tale rischio sul rating del debito dei diversi Stati membri dell’Eurozona. Ciò, chiaramente, avvantaggerebbe la Germania, i cui Bund hanno un rating tripla A e sono considerati l’investimento sicuro per eccellenza. L’Italia e le altre nazioni con spread elevati e rating mediocri resterebbero penalizzate. Tornando alla riforma del Mes, Micossi chiarisce un altro punto. Quella ristrutturazione del debito che sarebbe alla base della riforma del Mes. “Questo, almeno per il momento, non c’è nella riforma. Tuttavia c’è un linguaggio ambiguo che sta trovando spazio in questi giorni e che può spaventare i mercati. Questo linguaggio è pericoloso perché potrebbe anche convincere gli investitori a scappare. Siamo su un terreno scivoloso, se si cade poi ci si si fa male”.

ITALIA ALL’ANGOLO SU MES E UNIONE BANCARIA

Il numero due di Assonime ribadisce poi come dietro questa spinta alla riforma del Mes, ci sia la Germania. “Tutta l’agenda economica di cui parliamo è frutto di un’agenda tra Francia e Germania, un’agenda che si occupa solo e soltanto di disciplina condita di preoccupazioni per la sostenibilità del nostro debito. Ma solo la disciplina non è sufficiente per il rilancio dell’Eurozona”. La Germania “ha imposto un’agenda per l’Ue, convincendo i francesi e occupando culturalmente tutti gli spazi. Quasi tutti i Paesi si sono allineati a Berlino, c’è solo l’Italia che protesta. C’è un’egemonia culturale di matrice tedesca di cui dobbiamo tener conto, in questo negoziato sul Mes e più in generale sull’unione bancaria siamo nell’angolo”.

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