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A Trieste il summit sulla Via della Seta. Presenze, numeri e scenari

Finora i risultati non sono stati entusiasmanti e la maggior parte degli investimenti attesi per la Belt and Road Initiative – la cosiddetta nuova Via della Seta cinese che vede in Trieste uno snodo cruciale – non sono stati messi in campo. Tuttavia, come aveva già evidenziato su queste colonne padre Luciano Larivera – gesuita, giornalista e direttore del Centro Culturale Veritas di Trieste – il capoluogo del Friuli-Venezia Giulia guarda con speranza (ma anche con diffidenza) alle risorse che Pechino potrebbe portare.

IL BRI SUMMIT

Su questi e altri temi sarà incentrata domani la terza edizione del Belt and Road Initiative Summit, forum internazionale a cura di The European House Ambrosetti e del China Development Institute.
Un evento a porte chiuse che, scrive Il Piccolo, quotidiano di Trieste, si svolgerà alla Stazione Marittima con il patrocinio del ministero degli Esteri e con il supporto di Sace e di Cassa Depositi e Prestiti, che ha appena aperto i festeggiamenti per i suoi 170 anni alla presenza delle più alte cariche dello Stato.

CHI CI SARÀ

Tra le presenze previste, riporta la testata triestina, ci sono quelle del presidente della Sace Beniamino Quintieri, del vice ministro ai Trasporti Giancarlo Cancelleri, nonché dell’ex titolare del dicastero di Via XX Settembre, Giovanni Tria. Folta anche la rappresentanza cinese, a cominciare dall’ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua.

SULLA VIA DELLA SETA

La città di Trieste, ha commentato in un’analisi Stefano Cianciotta, “è la chiave della Via della Seta: Pechino possiede già il Pireo”, ma “il sistema dei trasporti nei Balcani è scadente (la Cina sta investendo anche nella ex Jugoslavia per costruire nuove infrastrutture attraverso l’accordo con tutti i Paesi ex Urss e l’advisor economico della Presidenza della Repubblica ceca è cinese)”. Così “ha deciso di aggirarli e il porto giuliano è la piattaforma più importante di collegamento con i porti del Nord Europa”.

I DUBBI DEGLI USA

Sullo sfondo restano aperte tutte le questioni che, nei mesi scorsi, hanno portato allo scetticismo da parte di Washington per l’adesione dell’Italia – unica tra le potenze del G7 – al disegno non solo infrastrutturale ma anche geopolitico di Pechino. Un tema, questo, al quale si legano anche gli allarmi sulla presenza di player cinesi come Huawei e Zte nello sviluppo delle nuove reti 5G.

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