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Come cresce (e perché) il fronte di chi vuole un digital-Euro

Di Rosa Giovanna Barresi

Mentre la stable-coin di Facebook mostra segni di affaticamento, le banche centrali europee hanno una buona occasione per passare alla riscossa.

Fino a pochi mesi fa, l’idea di una moneta elettronica europea non trovava molto credito nel mondo delle banche centrali. Oggi la situazione si è capovolta, e sono pochi coloro che non hanno ceduto al fascino del digital-Euro. Che spiegazioni ci sono per questo fenomeno?

Da un punto di vista istituzionale, l’arrivo di Christine Lagarde alla Banca Bentrale Europea (Bce) ha segnato un’evoluzione nella linea dell’istituto. Durante la sua direzione, il fondo monetario internazionale aveva mantenuto una posizione favorevole ai digital asset, presentandoli come una possibilità di ridurre le disuguaglianze sociali nel nostro pianeta (andrebbe ricordato che il 31 % della popolazione mondiale non ha ancora accesso ai servizi bancari).

Anche la Bank of International Settlements (Bis) ha modificato le sue posizioni. Lo scorso marzo il suo direttore generale si era dichiarato scettico sulla possibilità che una banca centrale emettesse una moneta elettronica. Ma negli ultimi due mesi, la Bis ha aperto una struttura per l’innovazione digitale, con sedi in tre snodi chiave della finanza mondiale: Hong Kong, Singapore e Svizzera. A capo di questa nuova struttura è stato nominato Benoît Cœuré, che mantiene la sua carica al consiglio direttivo della Bce e che condivide molte posizioni della governatrice Lagarde. Tra l’altro, è stato un suo intervento nel novembre 2018 ad iniziare la discussione sul ruolo delle banche centrali nella lotta ai cambiamenti climatici.

Di recente, Cœuré ha espresso il suo rammarico per la mancanza di un’industria europea delle carte di credito. Ben dieci Paesi europei possiedono una carta di credito nazionale, ma non accettano quelle degli Stati limitrofi, situazione che ha lasciato campo libero alle multinazionali del settore. Nel 2016 più dei due terzi delle transazioni europee sono state veicolate dalle carte di credito internazionali. Dal canto suo, Denis Beau, primo vice-governatore della Banca di Francia, ha dichiarato (in una riunione dell’associazione europea dei mercati finanziari) che il suo istituto è disponibile a sperimentare una moneta elettronica per pagamenti internazionali, anche su blockchain.

Fino ad ora le banche centrali europee avevano sempre limitato la sperimentazione di questa tecnologia ad aree di bassa criticità.
La BCE collabora dal 2016 con la banca centrale del Giappone ad una blockchain per pagamenti internazionali (progetto Stella). La banca di Francia utilizza dal 2017 una blockchain (progetto Madre) per il rilascio dei codici creditore nell’ambito dello schema di addebito diretto (Sdd) dell’area unica dei pagamenti in euro (Sepa).

Anche i privati investono sulla blockchain, ma per ora con il solo scopo di abbassare i costi operativi. Banco Santander è probabilmente la banca privata più attiva nella sperimentazione: oltre ad una collaborazione con Ripple, ha emesso un’obbligazione da 20 milioni di dollari su Ethereum. Il consorzio We.Trade riunisce quattordici banche europee (tra cui lo stesso Santander) che offrono servizi bancari business-to-business su Hyperledger Fabric. Però in tutti e tre i casi, si tratta di soluzioni blockchain di seconda generazione: Ripple è un sistema di pagamento internazionale, Ethereum è ad accesso pubblico (permissionless) mentre Hyperledger Fabric è ad accesso riservato (permissioned).

Le banche centrali dell’area dell euro puntano molto più in alto: rassicurate dalle prestazioni delle soluzioni blockchain di terza generazione, stanno studiando l’emissione di una moneta elettronica (Central Bank Digital Currency, Cbdc) con l’obiettivo di combattere la concorrenza esterna.

Nel Nord Europa, l’iniziativa P27 prevede l’avvio nei primi mesi del 2021 di un sistema di pagamento tra Danimarca, Svezia e Finlandia. Ove questo ‘blocco nordico’ riuscisse ad espandersi anche nell’area dell’euro, potrebbe sottrarre liquidità al sistema di pagamento europeo, ostacolandone lo sviluppo.

Il servizio di pagamento Apple Pay ha guadagnato terreno in tutta Europa, anche in nazioni come la Germania, che vantavano una secolare predilezione per i pagamenti in contante. Apple si è finora rifiutata di consentire a terze parti l’accesso ai componenti elettronici utilizzati per Apple Pay, e di conseguenza il commissario europeo per la concorrenza ha iniziato lo scorso settembre un’indagine su “possibili comportamenti di ostacolo alla concorrenza ed abuso della posizione di mercato”. Ma qualunque sia l’esito di questa vertenza, appare difficile recuperare le posizioni già conquistate da Apple sul mercato europeo dei servizi di pagamento.

Infine, la stable-coin Libra (promossa da un consorzio organizzato da Facebook) indebolisce il ruolo delle banche centrali nel controllo dell’economia.
Sebbene la capitalizzazione dei digital asset sia trascurabile (la massa monetaria di Bitcoin è pari ad una manovra trimestrale della Federal Reserve degli Stati Uniti) essi hanno già acquistato una fama di bene-rifugio che li rende sgraditi alle banche centrali. Così, dopo alcune esitazioni iniziali, queste hanno riunito le forze contro il nemico comune, dichiarando la loro aperta ostilità al consorzio, che veniva a perdere alcuni membri di rilievo, probabilmente a seguito di pressioni internazionali. Nel mese di ottobre si sono sfilate Visa, Mastercard, eBay e Stripe, seguite subito dopo da PayPal che ha preferito operare direttamente sul mercato cinese.

Le banche centrali sono veramente decise ad emettere la moneta elettronica? E le banche private sono disposte a collaborare, pur sapendo che questo significherà una riduzione della loro autonomia? In quest’epoca di interessi negativi, sono in pochi ad opporsi al fenomeno FinTech o a voler discutere l’autorità delle banche centrali. A conferma di questo, lo scorso 30 ottobre l’associazione federale delle banche private tedesche ha presentato un documento di ben undici tesi, in cui vengono richiesti con urgenza lo sviluppo di una moneta elettronica dell’Unione europea e la regolamentazione dell’offerta delle monete elettroniche internazionali.

Scampate (almeno per il momento) al pericolo Libra, le banche centrali possono puntare sull’innovazione per proseguire sulla strada dell’unificazione europea.

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