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Essere cattolici in politica richiede prudenza (a destra e a sinistra)

Mi ha fatto piacere leggere le considerazioni di Corrado Ocone in risposta al mio intervento su cattolici di destra e identità cristiana. Il dialogo fa sempre bene e aiuta tutti, cattolici compresi: non a caso ce lo ricordano anche due grandi papi come Paolo VI (specie nell’Ecclesiam suam) e papa Francesco (in diversi testi).

In questo clima di dialogo non nascondo che il tema della collocazione politica dei cattolici suscita tanti, ma tanti approcci e precisazioni. Per non dilungarmi, nella mia riflessione, leggendo il testo di Ocone ho cercato di seguire il filo storico.

Il mio riferimento ai “clerico-fascisti” non alludeva all’uso becero di una certa sinistra, bensì al dibattito che l’avvento del fascismo, specie poi con la firma dei Patti Lateranensi, provocò all’interno del mondo cattolico. Il tutto riassumibile in una domanda, tra le più cruciali: si poteva essere cattolici e appoggiare un regime che negava, con parole e fatti, i principi evangelici? Per alcuni – i “clerico-fascisti” – ciò era possibile per altri no e tra questi molti pagarono la loro opposizione al regime, con la vita o con l’esilio come Sturzo (tra i primi a usare il famoso termine). Sui “clerico-fascisti” ha scritto pagine illuminanti Pietro Scoppola. Nella sua essenza la domanda posta – considerate le debite differenze – riguardava e riguarda anche quei regimi dittatoriali e totalitari di matrice marxista e marxista-leninista. Per ambedue i casi la risposta del magistero cattolico è stata simile e chiara: un “No” fermo e illuminante per indicare l’essenza dell’impegno cristiano nel mondo. Un cattolico serio sa bene che le sue posizioni politiche non hanno niente da spartire né con Marx, Lenin, Mao, Tito né con Hegel, Nietzsche, Hitler, Mussolini, Franco, né con tutti gli ideologi e i dittatori loro figli contemporanei.

La Chiesa ha sempre condannato tutti i totalitarismi, sia di destra che di sinistra. Il collaborare con politici di sinistra o di destra passa attraverso la loro accettazione del metodo democratico e del loro non coinvolgimento con estremismi totalitari. Per cui essere cattolici nel centrodestra, quanto esserlo nel centrosinistra ha la medesima responsabilità, richiede discernimento e prudenza. Ambedue le collocazioni sono degne di rispetto, se vissute con coerenza morale e competenza professionale e per ambedue resta il dovere di testimoniare il regno di giustizia e di pace e ispirare la città umana a quella di Dio. Lo stesso Luigi Sturzo aveva compreso questo già dal 1936, quando scriveva: «Ispirata alla scuola cristiano-sociale e dentro il quadro dell’etica cattolica (…). Il primo problema di un partito di cattolici è quello di un disimpegno dalla gerarchia cattolica, nel senso dell’autonomia politica di partito il che era necessario da una parte e dall’altra per non coinvolgere nella responsabilità di un partito la Chiesa, né rendere menomata la personalità del partito di fronte agli altri partiti e al governo. L’altro problema, connesso in sostanza col primo, riguardava le direttive sociali ed economiche; e sotto questo aspetto non poteva non avvenire una specificazione e divisione tra cattolici conservatori e cattolici democratici o sociali” (Scritti storico-politici).

Del resto il Vaticano II e Paolo VI hanno ben chiarito diversi nodi. “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”, scriveva Paolo VI nel 1971, sulla scia di Gaudium et Spes 76. L’affermazione conciliare pone fine a qualsiasi collateralismo fra comunità cristiana e partiti politici – vedi il caso Dc in Italia – proprio perché presenta con chiarezza l’autonomia della sfera temporale da quella religiosa, restituendo alla comunità cristiana il suo proprio ruolo di profezia e coscienza critica, il suo evangelico servizio nei confronti dei detentori del potere e dell’intera comunità civile.

L’invito ad impegnarsi in politica, da parte del magistero, non contiene in sé un’indicazione di schieramento e/o di partito. Per questo motivo il magistero si limita a ricordare solo le esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili nell’azione politica dei cattolici, che sono il rifiuto dell’aborto e dell’eutanasia, la tutela dei diritti dell’embrione umano, la tutela e promozione della famiglia, l’impegno per la libertà di educazione, per la tutela sociale dei minori, per la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù e per il diritto alla libertà religiosa, lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà e per la promozione della pace. Questi principi morali – continua il documento – non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, consegue che l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità (Nota sui politici, Dottrina della fede, 2002, testo emanato dall’allora card. Ratzinger).

Quando i cattolici non sono coerenti con questi principi, sia se sono impegnati a sinistra che a destra o al centro, rischiano una deriva o eresia gnostica. Ho dedicato diversi anni della mia ricerca nello studio di un autore, Eric Voegelin, che ha individuato tracce gnostiche in diverse compagini e leader politici, a destra, come a sinistra e al centro. Infatti il problema non è quello di collocazione ma è più radicale, è interiore e spirituale. Chi crede in politica di avere le risposte su tutto, di essere autore e perfezionatore di ogni attività e bene; chi si crede al disopra di tutto e di tutti; chi disprezza l’avversario politico o una categoria o etnia di persone; chi promuove, in ogni modo, guerra e non pace; chi si serve del nome di Dio e non lo serve, è uno gnostico, è un ideologo.

La fede, però, non è un’ideologia. Anzi: la fede sta all’ideologia come il giorno sta alla notte. È Francesco a ricordarci che “gli ideologi falsificano il Vangelo. Ogni interpretazione ideologica, da qualsiasi parte venga, da una parte o dall’altra è una falsificazione del Vangelo. E questi ideologi — l’abbiamo visto nella storia della Chiesa — finiscono per essere intellettuali senza talento, eticisti senza bontà. E di bellezza non parliamo, perché non capiscono nulla”. Invece “la strada dell’amore, la strada del Vangelo è semplice: è quella strada che hanno capito i santi! I santi sono quelli che portano la Chiesa avanti”, quelli che seguono “la strada della conversione, la strada dell’umiltà, dell’amore, del cuore, la strada della bellezza”.

La proposta di papa Francesco di un sinodo della Chiesa italiana, per discutere anche di questi temi, diventa sempre più cogente. Sono convinto che ci potrà essere una rinnovata stagione di impegno dei cattolici in politica solo se diocesi, parrocchie, associazioni e movimenti si impegneranno per una verifica e una formazione serie e autentiche. Ciò che scriveva Milani, in “Esperienze pastorali”, ha ancora un grande valore, prima di tutto per i nostri giovani: “Non vedremo sbocciare dei santi, finché noi ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale. Qualcosa, cioè, che sia al centro del momento storico che attraversiamo, al di fuori dell’angustia dell’io, al di sopra delle stupidaggini che vanno di moda”.


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