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Da Ilva ad Atlantia. Ecco il vero spauracchio per chi investe. Parla Broggi

Ieri, come raccontato questa mattina da Repubblica, il premier Giuseppe Conte ha incontrato in un meeting riservato alla Luiss, i rappresentanti di alcune delle maggiori multinazionali. Obiettivo, rassicurare i grandi investitori circa la tenuta del governo, la ripresa dell’economia e il taglio delle tasse. In altre parole, un invito a non mollare la presa e continuare a investire nel Bel Paese. Sfida tutt’altro che facile nei giorni in cui proprio quel governo che chiama a raccolta le major di mezzo mondo, vorrebbe con un colpo di mano decidere le sorti di un grande gruppo italiano ma profondamente internazionalizzato, Atlantia. Formiche.net ha chiesto un parere a Danilo Broggi, manager pubblico di lungo corso e oggi Senior Specialist Advisor presso Eos Investment.

Broggi, Conte ha chiamato a raccolta le grandi aziende mondiali. Il tutto mentre si tenta di togliere le concessioni ad Atlantia. C’è da fidarsi di un Paese così?

Gli investitori stranieri, per quanto concerne la mia esperienza, guardano solo con attenzione a questo Paese solo le imprese private italiane che competono e stanno sul mercato e poco o nulla a quelle pubbliche o private ma il cui mercato si poggia sulle commesse e/o autorizzazioni pubbliche. Questo perché chi viene a investire è molto attento al ruolo e al peso del pubblico. Il pubblico in Italia porta in dote due cose che gli investitori mal sopportano, poca certezza del diritto e tanta burocrazia. Oggi dal nostro sistema Paese emerge una sostanziale inaffidabilità, ed è questa che allontana le imprese

Peggio l’inaffidabilità o le tasse troppo alte?

Peggio l’inaffidabilità. Quando si parla di incertezza del diritto anche il costo del lavoro può passare in secondo piano. E l’incertezza di solito si materializza nel momento in cui compare il pubblico. Da quel momento l’investitore, che ha dei piani, teme di entrare in una spirale di rischio Paese.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un ritorno dello Stato padrone. Ilva, Alitalia, la stessa Autostrade… 

Lo Stato dovrebbe intervenire solo quando è strettamente necessario, magari attraverso la Cassa Depositi e Prestiti che ragiona più con una mentalità tecnica invece che politica. Però tengo a ribadire che più della presenza pubblica nell’economia, su cui si può discutere, conta la certezza del diritto, che è il vero spauracchio degli investitori esteri, che oggi sono molto prudenti nell’investire nel nostro Paese. Certamente, Ilva e Atlantia non sono casi che giocano a favore, perché danno l’impressione di uno Stato ballerino, di non grande affidabilità

Però oggi Bankitalia ha detto che tra gennaio e novembre del 2019 dall’estero sono stati sottoscritti 90 miliardi di titoli di Stato. Qualcuno si fida dell’Italia, insomma…

I Btp italiani sono tra i pochi titoli sovrani a garantire dei rendimenti, tanto per cominciare. E questo perché il nostro rischio debito è superiore agli altri, molti titoli sovrani hanno tassi negativi. Non mi stupisce che un investitore straniero compri il nostro debito. Altra cosa è però fare industria. Non dimentichiamoci che oltre all’assenza di regole certe questo Paese non cresce, è fermo da dieci anni, inchiodato alla stagnazione.

Broggi lei crede che se il governo subisse una sconfitta in Emilia, lo spread riprenderebbe a galoppare?

Non vedo questa correlazione. Il tema spread è più interno, chi ci guarda da fuori vede un’instabilità politica di lungo corso, quasi fisiologica. Il problema è che l’instabilità ci tiene bloccati e poi siamo sempre in campagna elettorale permanente. Possibile che stiamo sempre a votare? L’Emilia, la Calabria, l’Umbria. Perchè facciamo fatica a spostarci dalla logica del “conquistare consenso” (tipicamente a breve) a quella della “programmazione e controllo delle attività correlate (tipicamente a medio-lungo). E queste cose all’estero vengono notate.

La concessione ai Benetton va tolta o no?

No. Perché mi chiedo che cosa abbia fatto in tutti questi anni chi doveva vigilare. Oggi addossare tutte le colpe ad Autostrade quando le responsabilità sono di più ampio spettro mi pare come mettere la polvere sotto il tappeto. Quello che bisogna fare è riprendere i mano le concessioni, revisionarne i contenuti e capire chi deve fare che cosa tra vigilato, vigilante e investitore pubblico. L’idea di revocare la concessione mi sembra più un atto politico che la soluzione del problema.

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