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Perché la Global Britain è un’opportunità per l’Italia

La più ambiziosa review di difesa, sicurezza e politica estera dalla fine della Guerra fredda. È il piano annunciato ieri dal premier britannico Boris Johnson, una visione spesso definita Global Britain all’interno della quale potrebbe esserci interessanti opportunità anche per il nostro Paese, in particolare per il colosso dell’aerospazio Leonardo. 

Ma andiamo con ordine. “Non possiamo dormire sugli allori”, ha spiegato il primo ministro dando il via libera alla nuova Integrated Review, pensata per dare un approccio a 360 gradi su “tutti gli aspetti della posizione del Regno Unito nel mondo” dopo l’uscita dall’Unione europea. “Il mondo cambia, e noi dobbiamo muoverci con esso – sfruttando nuove tecnologie e modi di pensare per garantire che la politica estera britannica sia saldamente legata ai nostri interessi nazionali, ora e nei decenni a venire”.

In precedenza Whitehall aveva promosso due valutazioni strategiche di difesa e sicurezza, che si sono concentrate nello specifico sulla politica di difesa e sugli strumenti in possesso (e quelli no) del ministero della Difesa. Il nuovo approccio, però, coinvolgerà anche il ministero degli Esteri, il ministero della Difesa, il dipartimento per lo Sviluppo internazionale, il ministero degli Interni, il ministero del Tesoro e il dipartimento per il Commercio, l’energia e l’industria.

Il manifesto che cui il Partito conservatore ha vinto le recenti elezioni di dicembre impegna il governo di Johnson a investire il 2% del prodotto interno lordo in difesa (in linea con le richieste dell’alleato statunitense in ottica Nato) e lo 0,7% del reddito nazionale lordo in sviluppo internazionale. Il numero 10 di Downing Street ha confermato che questi due obiettivi verranno mantenuti aprendo però la possibilità a nuovi tipi di investimento: la review “cercherà modi nuovi e innovativi per promuovere i nostri interessi all’estero continuando a impegnarci”. Si prospettano, infatti, – e sarebbe una grande vittoria di Dominic Cummings, l’uomo ombra del premier Johnson – un aumento dei contributi per armamenti all’avanguardia, capacità cibernetiche e tecnologia spaziale ma anche tagli per quanto riguarda il numero di militari e mezzi tradizionali come i carri armati.

Che cosa cambierà con la Brexit? Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto affari internazionali (Iai), pubblicata sull’ultimo numero di Airpress, ci aveva spiegato come in uno scenario di cooperazione economica, “l’inevitabile rafforzamento della leadership franco-tedesca all’interno dell’Unione sarà in qualche misura temperato da una maggiore coesione euro-atlantica, inclusa una migliore cooperazione Nato-Ue”. Questa coesione, continuava Marrone, “metterebbe l’Occidente in grado di reggere meglio il confronto con la Cina e altre potenze ostili. Ovviamente, si tratta dello scenario migliore per l’Italia da ogni punto di vista. Ma non è necessariamente il più probabile, anzi”. Una situazione opposta, con il Regno Unito in regime Wto, significherebbe dazi, barriere non tariffarie e controlli alle frontiere che, illustrava l’esperto “ostacolerebbero e ridurrebbero drasticamente proprio quel flusso di prodotti, tecnologie e know-how vitale per l’industria europea della difesa”.

Se dal 2017 Francia e Germania, assieme alla Spagna, lavorano sul futuro sistema da combattimento aereo, meglio noto come Fcas, per sostituire Rafale ed Eurofighter, da un anno e mezzo il Regno Unito ha annunciato il Tempest, sui cui è salita a bordo anche l’Italia: un consorzio che comprende Bae Systems, Rolls-Royce, Mbda Missile Systems, Leonardo Uk, il ministero della Difesa britannico con le agenzie Dstl e DE&S, ai quali si è aggiunta da poco la svedese Saab, e a cui hanno già aderito le italiane Avio Aero, Elettronica, Leonardo e Mbda Italia, che supporteranno il progetto.

Il futuro delle relazioni tra Regno Unito e Italia passa anche, o forse soprattutto dalla difesa. In particolare dal colosso Leonardo, che è tra i principali sostenitori della Chatham House, uno dei più importanti centri studi a livello internazionale guidato oggi da tre presidenti di peso come l’ex premier conservatore John Major, l’ex cancelliere laburista Alistair Maclean Darling e l’ex direttore dell’MI5 Eliza Manningham-Buller.



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