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Il golden power intralcia il libero mercato Ue. L’affondo di Bankitalia

Bankitalia vuole vederci chiaro sul nuovo golden power. In audizione alla Commissione Finanze e Attività produttive della Camera il capo del Servizio Struttura economica Fabrizio Balassone ha sollevato alcuni dubbi sull’estensione dei poteri speciali contenuta nel “Decreto liquidità” dello scorso 8 aprile.

Due in particolare i rilievi che arrivano da Via dei Mille nei confronti del nuovo scudo a difesa degli asset strategici. Il primo riguarda la sua estensione ai settori bancario e assicurativo. Una risposta alle pressanti richieste dal mondo dell’intelligence e dal Copasir per tutelare due settori che, ha dimostrato il drammatico crollo di Piazza Affari a marzo, vivono un momento di seria esposizione dovuto alla crisi.

L’ampiamento, ha detto Balassone, non è “esplicitamente menzionato dalla disciplina europea”. Andrebbero dunque precisate le modalità con cui “l’esercizio dei poteri speciali si coordina, senza sovrapporvisi, tanto sul piano sostanziale quanto su quello procedurale, con la disciplina prudenziale che incarica la Banca centrale europea, su proposta della Banca d’Italia, di autorizzare l’acquisto di partecipazioni rilevanti”.

Il secondo tocca da vicino invece uno dei passaggi più discussi della nuova normativa: l’inclusione, in via transitoria fino al 31 dicembre 2020, delle operazioni intra-Ue nel meccanismo di screening riservato fino ad oggi alle operazioni extra-comunitarie.

Nello specifico, è richiesta anche ai soggetti Ue la preventiva autorizzazione del governo nel caso di acquisizione del controllo di asset rientranti nel novero dei settori strategici, compreso l’acquisto “a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all’Ue, di rilevanza tale da determinare l’insediamento stabile dell’acquirente in ragione dell’assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell’acquisto”.

“L’estensione dei poteri speciali all’acquisizione di partecipazioni da parte di soggetti provenienti da altri Paesi dell’Unione europea costituisce una limitazione alla circolazione dei capitali, la cui giustificazione può trovare fondamento solo nella natura temporanea della norma, legata all’eccezionalità della situazione determinata dall’emergenza sanitaria”, ha chiosato Balassone.

Lo scetticismo di Bankitalia per l’estensione dello scudo alle operazioni intra-Ue non è isolato. In queste settimane addetti ai lavori ed esperti hanno fatto notare la singolarità della scelta italiana. In verità il regolamento Ue sullo screening degli investimenti diretti esteri (2019/452) prevede una deroga al principio di libera circolazione dei capitali per motivi di pubblica sicurezza e di ordine pubblico a protezione delle attività strategiche. Altri Paesi Ue che si sono mossi prima dell’Italia a difesa delle aziende strategiche, come la Spagna, hanno però deciso di lasciar fuori le operazioni infra-Ue.

La scelta, strenuamente difesa dal premier Giuseppe Conte e dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, è nata anche dal pressing del mondo dell’intelligence. Nelle ultime settimane gli 007 hanno fatto trapelare allarmi su interessamenti di attori francesi ad asset strategici italiani nel mondo bancario e assicurativo (è il caso di Generali).

Il Copasir in particolare ha espresso preoccupazione per le mire dei francesi di Euronext sulla Borsa Italiana, che dal 2007, dopo la fusione con la Borsa di Londra, è di proprietà del London Stock Exchange Group. “I fari delle autostrade che portano al di là delle Alpi sono accesi più che mai” ha detto in una recente intervista a Formiche.net Enrico Borghi, capogruppo del Pd nel comitato di controllo di Palazzo San Macuto.

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