Ripartire si può. Si deve, pena soccombere tutti quanti. Ma c’è modo e modo di farlo. L’Italia, l’Europa, il mondo, non erano preparati a una crisi del genere. Ora che il problema è stato compreso è tempo di pensare al dopo, a quella famosa fase 2. Sì, ma da dove partire? E con quali strumenti? Domande che si deve essere posto Corrado Passera, banchiere, fondatore e ceo di Illimity, la banca digitale e di ultima generazione per il credito alle pmi ed ex ministro dello Sviluppo, che ha promosso in questi giorni, grazie alla collaborazione di numerosi esperti ed economisti, uno studio che vuole essere un piano su cui costruire una exit strategy per il Paese. Il punto di caduta è questo: la gestione dell’emergenza economica deve per forza di cose andare di pari passo con la gestione di quella sanitaria.
EXIT STRATEGY
La rotta, anzi le rotte, sono tracciate: ridurre le morti e le sofferenze che il Covid-19 potrebbe ancora creare, ma anche assicurare la sopravvivenza finanziaria di famiglie e imprese, riattivando una nuova fase di crescita economica per evitare una depressione economica dalle conseguenze inimmaginabili. “Quanto è stato fatto fino ad oggi in Italia deve essere integrato e rafforzato”, afferma lo studio. “Serve un piano d’azione ad ampio spettro, con ottica di breve e medio periodo, che affronti in maniera efficace sia l’emergenza sanitaria sia quella economica, anche nell’ipotesi che non si riescano a sviluppare terapie e vaccini contro il Covid-19 nei prossimi mesi”.
Secondo il pool di esperti riunito da Passera, non bisogna avere fretta, ma nemmeno impantanarsi in un lockdown a oltranza. “Riaprire la nostra società e la nostra economia nel più breve tempo possibile deve essere l’obiettivo di tutti, avviando una crescita duratura. Ma forzare un’apertura in pochissime settimane avrebbe, però, effetti drammatici: va impostato un percorso per rendere possibile la riapertura in tempi brevi, ma in relativa sicurezza. I tempi dipenderanno dalla nostra capacità di adeguare le nostre strutture sanitarie e assistenziali e di contenere e gestire il contagio stesso, minimizzando i rischi di un’ondata di contagio di ritorno”.
DOPPIO BINARIO E CATENA DI COMANDO CORTA
Di qui, un suggerimento al governo, affinché agisca su un doppio binario. “Nel periodo di chiusura, mentre si adeguano le strutture sanitarie e assistenziali, dovremo dotarci degli strumenti per gestire il contagio al meglio e dovremo garantire la sopravvivenza finanziaria di famiglie e imprese. Parallelamente bisognerà creare in Italia i presupposti per la ripresa della crescita economica e mettere in campo una serie di azioni per supportare i settori più colpiti da questa crisi e per accelerare lo sviluppo di quelli che possono trainare la crescita”. Naturalmente, in plancia bisognerà avere le idee chiare e la catena di comando dovrà essere il più corta possibile. “Per l’impostazione e implementazione di un piano di questa portata serve una regia forte, unica e centrale che deve poter contare su grandi competenze intorno a sé. Ruolo cruciale avrà la comunicazione verso cittadini e imprese”.
IL REBUS CONTAGIO
Chiarita la logica del doppio binario, alla base della exit strategy indicata da Passera, rimane da capire su quali leve costruire il tutto. Il primo pilastro è il contenimento del contagio. Qui non c’è molto spazio all’immaginazione. “Per contenere il contagio è necessario mantenere il lockdown e le misure di social distancing e renderle semmai più rigorose. Bisognerà lavorare per rendere tale blocco il più breve possibile, ma andrà mantenuto per il tempo necessario a rafforzare sufficientemente le strutture sanitarie e assistenziali”. Perché, “aprire senza predisporre adeguate garanzie di poter reggere l’impatto potrebbe avere conseguenze catastrofiche e portare a lockdown successivi ancora più difficili da gestire. L’esperienza fin qui accumulata ci dovrebbe permettere di introdurre procedure e protocolli più efficaci di gestione dei nuovi focolai”.
LOCKDOWN SOSTENIBILE
La chiusura del Paese non può nel ragionamento degli estensori del piano coordinati da Passera, non tener conto di una certa dose di sostenibilità. Non si può tenere chiusa in casa la gente senza garantirne la sopravvivenza. “Nel momento in cui lo si conferma (il lockdown, ndr) è però necessario rendere sostenibile il confinamento delle persone nelle proprie abitazioni, soprattutto per quelle non del tutto autosufficienti (anziani, ma non solo). Sia alcuni soggetti privati (a partire dalla grande distribuzione), che il mondo del Terzo settore, che anche le strutture militari e della Protezione civile devono essere mobilitate e coordinate per assicurare rifornimenti alimentari e farmaceutici e per garantire un minimo di servizi essenziali alle persone non in grado di garantirseli autonomamente: su questo è importante definire come migliorare le consegne a domicilio di beni di prima necessità”.
RESISTERE E (ANCORA) RESISTERE
Non ci sono solo le famiglie, cui va garantito un lockdown dignitoso e sostenibile. Ci sono anche le imprese, senza le quali le stesse famiglie non esisterebbero. Anche qui Passera si pone un problema, alla stregua di quello familiare: come assicurare la resistenza delle imprese alla tempesta del coronavirus? Premesso che “tutte le famiglie che lo richiedano dovrebbero avere la possibilità di ricorrere alla moratoria delle loro scadenze, bancarie, fiscali, previdenziali oltre che delle utenze e che a tutti coloro che perdono il proprio reddito (dipendenti o autonomi) in questo periodo, su semplice autocertificazione, andrà pagato il sussidio di disoccupazione”, sul fronte delle imprese il lavoro da fare “deve chiaramente distinguere gli interventi di sopravvivenza da quelli più strutturali”.
Dunque? Il numero di imprese che sono entrate o stanno entrando temporaneamente in difficoltà finanziaria è elevatissimo e per questo è necessario fare in modo che il minor numero possibile di tali aziende chiuda definitivamente assicurando loro le risorse finanziarie per resistere nei prossimi mesi. E questo da subito. “Tutte le imprese”, afferma lo studio, “che lo richiederanno dovranno avere la possibilità di ricorrere alla moratoria delle loro scadenze, bancarie, fiscali, previdenziali oltre che delle utenze (elettricità, gas, telefono). Non sarà possibile licenziare alcun dipendente per tutto il 2020, ma verrà concessa automaticamente la cassa integrazione a qualsiasi tipo di azienda ne faccia richiesta per lo stesso periodo”.
LO STATO PAGHI I SUOI DEBITI
Non è finita. Chiarito l’aspetto sanitario, quello sociale delle famiglie e delle imprese, anche lo Stato deve metterci del suo in termini di liquidità. Per esempio pagando i suoi debiti alle aziende. “Lo Stato in tutte le sue articolazioni dovrebbe approfittare di questa occasione per mettersi in regola con i suoi fornitori e pagare tutto lo scaduto commerciale accumulato”. Anche le banche, mondo dal quale Passera proviene, devono fare la loro parte. “Il sistema bancario può e deve svolgere un ruolo fondamentale di cinghia di trasmissione per molte delle iniziative di sistema. I tempi dei sussidi/prestiti pubblici spesso non sono infatti compatibili con le necessità pressanti di famiglie e imprese. Fondamentale, comunque, aumentare significativamente i plafond a disposizione del Fondo Centrale di Garanzia e della Cassa Depositi e Prestiti e introdurre schemi di garanzie bancarie (come fatto da Germania, Francia, Regno Unito e Spagna)”.
TRA INDUSTRIA 4.0 E STARTUP
Anche l’innovazione può giocare un ruolo strategico. “È necessario introdurre una super industria 4.0. Le imprese che investiranno quest’anno e l’anno prossimo dovrebbero poter godere di un trattamento fiscale di particolare favore, ancora più incentivante di quanto previsto dal provvedimento di legge Industria 4.0. Per chi investirà nei prossimi 18 mesi il beneficio dovrà estendersi anche agli anni successivi. E particolare attenzione andrà prestata al variegato mondo delle start up che potrebbe dare un grande contributo nel post-Covid, ma che, proprio per le loro caratteristiche, rischia di non superare il guado”.
L’EUROPA FACCIA L’EUROPA
Non può mancare, in un discorso del genere, l’Europa. Che proprio ieri ha dato segnali di vita, dopo settimane di colpevole inerzia. “Per muovere l’economia, nei prossimi anni servirà chiaramente anche una enorme iniezione di investimenti pubblici e di contributi pubblici agli investimenti privati, ma è improbabile che sia possibile trovare le relative risorse nel bilancio pubblico di Paesi come il nostro che usciranno devastati dal 2020. Dunque, relativamente agli investimenti pubblici e privati, il ruolo dell’Unione europea, importante per la tenuta dell’intero Piano, diventa pertanto indispensabile e insostituibile”.
Insomma, con o senza Covid-19 è il momento per l’Unione europea “di battere un colpo e di comportarsi da grande potenza per evitare di essere vaso di coccio tra Usa, Cina e Russia e per evitare di essere sommersi dai populismi interni esasperati da una recessione che potrebbe avere conseguenze sociali drammatiche. Per rilanciare crescita sostenibile è necessario lanciare un programma di investimenti pubblici e contributi agli investimenti privati di portata storica: nell’ordine dei 3-5 trilioni di euro in pochi anni”. Perché bisogna sempre ricordarsi che questa crisi non ammette leggerezze: “Dobbiamo però evitare scorciatoie che renderebbero la crisi ancora più grave e incontrollabile”.