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Russia-Afghanistan. Perché Susan Rice attacca Trump

Sul New York Times e sugli altri media americani la vicenda delle taglie poste dai russi sulle teste di soldati Nato in Afghanistan e pagate ai Talebani per uccidere militari statunitensi e della colazione continua a prendere peso. La questione, come ovvio, si ingigantisce perché escono via via informazioni su un aspetto ancora più orribile della vicenda in sé: il presidente Donald Trump aveva ricevuto briefing di intelligence, ma ha deciso di non far niente. Oggi Susan Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale dal 2013 al 2017 e poi ambasciatore alle Nazioni Unite, firma un op-ed pesante contro la Casa Bianca, sottolineando come la situazione stia ormai viaggiando su un terreno politico. D’altronde tra poco più di quattro mesi si vota, e Trump sta vivendo una campagna elettorale molto sofferta (chiara logica delle parti: gli avversari cercano di infierire).

Rice si sofferma su un punto fondamentale: cosa sapeva Trump? Il presidente dice di non essere stato informato. Ammesso che non sapesse niente, allora significa che i vertici della catena di comando tra difesa, sicurezza nazionale e intelligence, “non sono qualificati” per le loro mansioni, scrive Rice. La Casa Bianca difende il presidente dicendo che non c’era certezza sulle informazioni e non gli era stato riferito niente per questa ragione. Rice – che chiama la linea difensiva dei collaboratori di Trump “the spin-master” – fa notare che comunque il governo inglese era stato avvertito, e allora perché non dovrebbe esserlo stato il presidente? L’ex NSC-A aggiunge che se qualcosa del genere fosse avvenuto ai suoi tempi, l’avrebbe comunicato al presidente anche solo come “preoccupazione”.

Gli avrei detto, scrive Rice: “”Sig. Presidente, desidero assicurarmi che sia a conoscenza del fatto che abbiamo notizie preoccupanti che la Russia sta pagando i talebani per uccidere le nostre forze in Afghanistan. Lavorerò con la comunità dell’intelligence per garantire che le informazioni siano solide. Nel frattempo, convoco il team di sicurezza nazionale per offrire alcune opzioni su come rispondere a questa apparente grande escalation nelle azioni ostili della Russia”. Se poi il presidente avesse deciso lo stesso di parlare con Vladimir Putin facendo finta di niente – come ha fatto Trump per sei volte nelle settimane successiva a quando, tra gennaio e febbraio di quest’anno, erano arrivate le prime informazioni all’amministrazione Usa su quanto stava accadendo in Afghanistan – e di invitarlo al G7, dice Rice, gli avrei detto: “Sig. Presidente, voglio ricordarle che crediamo che i russi stiano uccidendo soldati americani. Non è il momento di consegnare a Putin un ramo d’ulivo. È il momento di punirlo”.

Tuttavia, val la pena ricordare che le fonti che parlano con i giornalisti statunitensi sostengono che Trump sapesse tutto. E ci sarebbero anche due date: un briefing di intelligence del 27 febbraio e un’informativa scritta della Cia del 4 marzo. In quei giorni ha ricevuto informazioni. Le attività russe in Afghanistan sono d’altronde ultra-monitorate, e val la pena ricordare che già nell’aprile 2017 il generale John Nicholson, ai tempi capo delle forze americane schierate nel paese, sosteneva che l’intelligence militare russa stesse armando i Talebani (dichiarazione rinnovata, sempre pubblicamente, un anno dopo esatto).

Rice chiude con un paio di bordate il suo commento sul Nyt: “Il signor Trump cancella le informazioni, sfugge alla responsabilità e non riesce ad agire, nemmeno presentando una protesta diplomatica. Ora Putin sa di poter uccidere gli americani impunemente”. “Che cosa significa questo? “Nella migliore delle ipotesi – secondo Rice – il nostro comandante in capo non adempie ai suoi doveri, presiedendo un processo di sicurezza nazionale pericolosamente disfunzionale che sta mettendo a rischio il nostro paese e coloro che indossano l’uniforme. Nel peggiore dei casi, la Casa Bianca è gestita da bugiardi e idioti che si rivolgono a un presidente tirannico che sta facendo avanzare attivamente i nefasti interessi del nostro avversario”.

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