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Da Copernicus fino alla Luna. Lo Spazio italiano secondo Giorgio Saccoccia

Dalla ripartenza da Covid-19 fino alla Luna, passando per l’osservazione della Terra e la ricerca accademica, l’Italia vuole essere protagonista della nuova corsa allo Spazio. Parola di Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), che Formiche.net ha sentito per commentare le tante notizie degli ultimi giorni, a partire dai contratti in arrivo dall’Agenzia spaziale europea (Esa). L’Italia è stata infatti confermata alla guida di due delle future sentinelle di Copernicus, il sistema europeo d’osservazione della Terra, e dell’I-Hab, il modulo pressurizzato per il Lunar Gateway americano. Nel complesso, le decisioni prese nel corso dell’ultima ministeriale europea hanno portato a contratti per oltre 1,5 miliardi di euro approvati per l’industria italiana (con un ritorno di 800 milioni rispetto all’investimento). Nel frattempo, il programma Platino per i satelliti di piccole dimensioni ha visto siglare l’accordo di commercializzazione tra le industrie partecipanti, nel solco di una New Space Economy italiana che forse inizia a carburare. Infine, dopo il quarto rinvio per maltempo, cresce l’attesa per il ritorno al volo di Vega.

Presidente, l’Esa ha appena definito i ruoli industriali per le future sentinelle di Copernicus. C’è tanta Italia?

Sì. Il Comitato di politica industriale dell’Esa ha formalizzato il primo set di contratti importanti a otto mesi dalla riunione ministeriale di Siviglia. L’Italia porta a casa un pacchetto significativo, sia a livello quantitativo, sia qualitativamente. Su Copernicus, l’industria italiana è prime contractor per le due sentinelle più costose (Cimr e Rosel L) con altrettante rilevanti cordate a livello europeo al seguito. Il nostro Paese ha anche un ruolo significativo sulle altre sentinelle, registrando un ritorno economico molto superiore a quello sottoscritto.

Ci spieghi meglio.

Copernicus è un programma congiunto tra Commissione europea ed Esa, e per questo non è soggetto alle regole del geo-ritorno. In altre parole, si può andare in sovra-ritorno, e noi ci siamo andati pesantemente. A fronte di un impegno per 370 milioni di euro, riceviamo un controvalore per l’industria italiana di oltre 470 milioni. L’ammontare complessivo dei contratti gestiti dal nostro Paese supera il miliardo.

Sembra si stiano manifestando i frutti dell’impegno che l’Italia ha sottoscritto alla ministeriale Esa di novembre (per 2,3 miliardi nei prossimi anni).

Assolutamente sì. È la conferma che abbiamo fatto bene. Ovviamente, perché ciò accada sono necessarie due condizioni: primo, che le industrie presentino progetti competitivi; secondo, che ci sia un investimento economico importante da parte del Paese. Noi abbiamo registrato su questo una grande fiducia nelle capacità italiane. Il lavoro sulle sentinelle di Copernicus è solo uno dei set su cui si sono definiti i ruoli industriali. Nel complesso, da questa prima assegnazione riportiamo a casa circa 800 milioni di euro di attività per l’industria italiana, cioè già oltre un terzo di quanto investito alla ministeriale dopo solo otto mesi.

C’è anche il modulo I-Hab per salire a bordo del Lunar Gateway, la piattaforma che orbiterà intorno alla Luna nell’ambito del programma americano Artemis?

Certo. Nella stessa riunione dell’Esa è stata confermata la prime contractorship italiana sull’I-Hab, con un ritorno d’attività significative a livello quantitativo e di ruolo internazionale. Nel settore dell’esplorazione spaziale, e in particolare lunare, vogliamo che l’Italia si posizioni come partner importante del programma americano, sia attraverso l’Esa, sia con il rapporto bilaterale ben consolidato con gli Stati Uniti. Sulla scia di quanto sperimentato per la Stazione spaziale internazionale (Iss), in continuità con le scelte fatte in passato, vogliamo confermarci quale partner strategico per gli americani.

Nell’ultimo periodo l’ambizione dello Spazio italiano sembra notevole.

Per mesi abbiamo detto che stavamo vivendo un momento importante per lo Spazio. Ora, ci fa piacere poter far notare che non sono state solo parole di entusiasmo di chi opera nel settore. Sono arrivati segni concreti enormi, tra l’altro in un momento in cui il Paese sta soffrendo per l’emergenza da Covid-19. Lo Spazio può essere il simbolo della ripartenza.

Tra l’altro, durante la fase emergenziale, l’Asi ha lanciato un bando (aumentato poi a 10 milioni) per trovare nel settore spaziali idee innovative contro la pandemia e per la ripartenza.

È un impegno non straordinario a livello quantitativo, ma sicuramente molto importante a livello simbolico. Vuol dire che il Paese non si ferma, che la creatività dello Spazio non è stata bloccata dal lockdown. E adesso, con tutte le novità dell’ultima settimana, scopriamo che il comparto ha lavorato molto, che abbiamo un tessuto industriale in grado di esprimere eccellenti capacità.

L’altra notizia recente per lo Spazio italiano è l’accordo industriale sulla commercializzazione di Platino. Quale è l’ambizione dell’Asi sul programma?

L’Asi ha concepito il programma. L’idea era di realizzare una piattaforma satellitare di piccole dimensioni, versatile e flessibile, con prestazioni avanzate che permettessero di gestire payload diversi, dedicati a telecomunicazioni, osservazione della Terra e magari, in prospettiva, a missioni esplorative. Con risorse non straordinarie, volevamo la capacità di rispondere a requisiti di una clientela molto vasta. L’Asi ha dato avvio a tutto questo con risorse istituzionali, con cui sicuramente si genererà un forte ritorno commerciale per le nostre aziende.

Platino è per molti il simbolo di una nuova collaborazione pubblico-privata italiana in campo spaziale. Sta funzionando?

Direi di sì. Il programma è nato nel 2015. All’epoca ero in Esa, ma contribuii all’idea di provare a concepire una piattaforma di questo tipo. Poi l’Asi è andata avanti e ha fatto nascere il programma. In quel momento la cosiddetta New Space Economy era solo all’inizio. Ora vogliamo mantenere e potenziare questo nuovo approccio.

Cosa è per lei la New Space Economy?

È lo Spazio che diventa parte della vita di tutti i giorni, strumento di arricchimento non solo a livello culturale e di ricerca, ma anche in termini di creazione di valore.

In questo approccio è coinvolto anche il mondo accademico? Qualche giorno fa, l’Asi ha organizzato la giornata della ricerca spaziale.

La ricerca accademica è un tema che mi sta particolarmente a cuore. Da quando sono arrivato all’Asi, ci tenevo a far partire una piattaforma di questo tipo. Il futuro parte dalla ricerca, e in particolare dalla ricerca accademica fatta dai giovani. Per avere successo non basta finanziare; occorre permettere all’università di lavorare su tematiche che possano fare sistema, avvicinando la ricerca alle possibili applicazioni. Si tratta di accorciare il percorso dall’idea all’utilizzo, senza nulla togliere alla creatività della ricerca. Vogliamo trovare il giusto mix tra una guida che orienti la ricerca (che è il compito di un’agenzia come l’Asi) e la creatività delle idee, così da renderle immediatamente fruibili.

In quella giornata è emerso più volto il termine “catalizzatore” per l’Asi. Che significa?

Si può essere catalizzatori in tanti modi, e noi vogliamo esserlo avvicinando la necessità di innovazione a chi può avere le idee per realizzarla. Con un punto di vista privilegiato, l’Asi può aiutare a procedere i tale direzione, utilizzato strumenti come il portale sul nostro sito lanciato durante la giornata della ricerca. Vogliamo farlo crescere il più possibile per allargare l’opportunità di condivisione di iniziative e informazioni (ad esempio sull’offerta formativa delle Università), così da accelerare la possibilità di fare ricerca per i giovani.

Nel frattempo resta l’attesa per il lancio di Vega. Arianespace ha fissato il ritorno al lancio per il 17 agosto in attesa che i venti di quota sulla Guyana francese si abbassino. Quale è il valore della missione?

È un lancio importantissimo. Prima di tutto, perché è il ritorno al volo per Vega dopo l’episodio sfortunato di un anno fa, avvenuto dopo una serie incredibile di successi, ben quattordici; quando si torna a volare, bisogna ricordare a tutti che macchina competitiva sia Vega. Poi, il lancio è particolare perché metterà in orbita una quantità enorme di satelliti (53 tra mini, micro e nano), grazie all’Ssms, un nuovo strumento di distribuzione in orbita. Vega si dimostrerebbe ancora una volta uno strumento flessibile per fare dello Spazio un veicolo di ritorno economico importantissimo. Per questo non vediamo l’ora di lanciarlo. Mettere in orbita satelliti non è però per nulla scontato. Dietro il lancio c’è una macchina gigantesca che verifica tutte le condizioni tecniche e ambientali. Quando il meteo non è favorevole, è sicuramente meglio non rischiare e restare a terra.

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