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Il destino della Tunisia conta per l’Italia. Ecco perché

C’è un filo che lega l’Italia e la Tunisia, fatto di valori e di un destino comune basato sul Mediterraneo, dove purtroppo “nuota” il fenomeno delle migrazioni illegali. Questa è una realtà della quale Roma e Tunisi sono consapevoli, come dimostrano le recenti dichiarazioni dell’ambasciatore italiano in Tunisia, Lorenzo Fanara, in un’intervista al quotidiano tunisino La Presse.

Per il rappresentante diplomatico l’Italia è fiera dell’arrivo in Europa di migliaia di tunisini che contribuiscono in modo legale all’economia, ma non può, invece, tollerare che alcuni trafficanti di esseri umani decidano chi, come e quando far entrare nel nostro territorio.

Come strategia per fermare il fenomeno, l’Italia sostiene investimenti e la creazione di posti di lavoro, soprattutto nelle regioni più svantaggiate. Il tema è prioritario nei rapporti tra Tunisia e Italia.

A La Presse, Fanara ha espresso grande apprezzamento per la visita del presidente della Repubblica tunisino, Kais Saied, in Mahdia e Sfax, dando prova della leadership a sostegno della legalità e contro le organizzazioni criminali transnazionali. Per Fanara, la Tunisia è “una perla della democrazia e un’ancora di stabilità nel Mediterraneo” e per questo resta al centro della politica di vicinato dell’Unione Europea e della politica estera dell’Italia.

Del dossier tunisino se ne occupa da tempo Formiche.net. In un’intervista, Dario Cristiani, fellow del German Marshall Fund e dell’Istituto affari internazionali (Iai), ha spiegato perché la crisi politica e istituzionale della Tunisia tocca da vicino la strategia dell’Italia nel Mediterraneo. E perché non si può ignorare la situazione dell’ultimo Paese democratico della regione.

“È un attore che influenza le dinamiche regionali ben più di quanto il suo peso materiale suggerisca – ha spiegato Cristiani -. In tal senso, una Tunisia in crisi con la Libia in una guerra civile infinita e un’Algeria in difficoltà dovrebbe essere vista come uno scenario da incubo a Roma, e suggerire un approccio più cauto”.

Per Oussama Sghaier, deputato tunisino tra i giovani di spicco del partito islamista Ennahda, il tema dell’immigrazione è un processo conseguente “ma grazie a Dio non siamo nella situazione degli anni post-rivoluzione, quando in Sicilia sbarcarono 25mila immigrati. Questa è una questione ancora più stagionale”. Ora su questo fronte servono “investimenti più profondi, in una fase come quella attuale l’Italia sembra che non sia più interessata a investimenti strategici in Tunisia. E poi c’è l’enorme tema dell’immigrazione circolare: concetto etereo, se ne parla ma non si implementa. E invece questo serve alla Tunisia”, come ha spiegato a Formiche.net.

Per il parlamentare tunisino è importante che ci sia “un patto strategico tra Tunisi e Roma. L’Italia c’è, e ha un’ambasciata attiva che si muove anche nelle regioni marginalizzate della Tunisia, ci sono realtà produttive presenti è vero, ma il fenomeno è molto più grande. Le soluzioni di sicurezza non sono soluzioni: perché con quelle riesci a togliere il traffico da una parte ma poi te lo ritrovi da un’altra […] quello che l’Italia e l’Europa dovrebbe fare è aiutare la Tunisia per togliere lo stimolo all’emigrazione”.

Majdi Karbai, deputato tunisino eletto alle ultime politiche del 2019 con la Corrente democratica (Attayar), è convinto della volontà delle forze interne in Tunisia di cambiare realmente la situazione economica sociale e politica: “Quello che si aspettano i giovani, un posto di lavoro e una vita futuribile, non è ancora stato attuato dalla politica tunisina. Siamo ancora in una fase di transizione, con tutto il travaglio che questo comporta”.

A Formiche.net ha dichiarato che la questione migratoria non può essere trattata solo come una questione di sicurezza: “Dobbiamo aver un altro approccio: sociale, economico e anche politico. È vero che l’Italia e l’Europa stanno portando avanti contatti in Tunisia, che si sono anche concretizzati in un primo aiuto da dieci milioni di euro per formare la Guida Costiera tunisina, però questo non basta”. Serve invece un approccio Euro-mediterraneo, con spirito di cooperazione.


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