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Addio al carbone e zero emissioni. I piani di Eni ed Enel per il Recovery Fund

Le grandi aziende strategiche italiane scaldano i motori in vista del primo passaggio formale per agguantare le risorse del Recovery Fund, che prevede 209 miliardi per l’Italia, di cui il 10% entro la prima metà del 2021. Entro il 15 ottobre il governo dovrà stilare la lista di progetti finanziabili su cui imperniare la rinascita industriale del Paese. E molti di questi progetti arriveranno proprio dai campioni nazionali, tra cui Eni ed Enel, i cui rappresentanti sono stati ascoltati questa mattina alla Camera, presso la commissione Bilancio.

Obiettivo, illustrare al Parlamento, dove e come veicolare i miliardi del Recovery, soprattutto in chiave energetica dal momento che si tratta di due player di livello globale. Per Enel era presente Carlo Tamburi, direttore Italia di Enel e amministratore delegato e presidente di Enel Italia mentre per Eni, Lapo Pistelli, director Public Affairs del Cane a sei zampe.

ENEL E LA SFIDA DEL CARBONE

Tamburi ha subito indicato gli obiettivi primari di Enel, che fanno il paio con la transizione energetica intrapresa dal Paese. Il gruppo punta forte su una decarbonizzazione da chiudere entro il 2025. “Dopo la centrale di Brindisi, Enel è pronta a chiudere le centrali a carbone di Fusina e La Spezia per gli inizi del 2021, in anticipo rispetto al 2025 che è il termine fissato dal gruppo per la decarbonizzazione. Ma c’è un ma. La burocrazia deve fare la sua parte. “Per la chiusura di La Spezia e Fusina è importante che si possa avere le autorizzazioni per l’inizio del 2021 per procedere alle aste con capacity market”.

“Enel investe tre miliardi circa all’anno per rinnovabili”, ha ricordato Tamburi, “e il prossimo piano sarà incrementato. Questi sono impegni che Enel si prende direttamente. Il Recovery Fund può dare una mano con risorse di nuova natura”. Quanto al processo di decarbonizzazione Enel “vuole rispettare” il target del 2025 per “chiudere tutti gli impianti a carbone” che poi saranno compensati con gas e rinnovabili.

TRA IDROGENO E ILVA

Per Enel però non c’è solo l’addio definitivo al carbone all’orizzonte. Il Recovery Fund dovrà provvedere anche a spingere forte sull’energia verde. E qui Tamburi ha dato indicazioni piuttosto precise. “Nei prossimi 10 anni la capacità installata dovrà essere raddoppiata per l’eolico arrivando a 10mila MegaWatt e per l’eolico si dovrà passare da 20 Gw a 50-52 Gw”.

Per questo, ha detto Tamburi richiamando il decreto Semplificazioni, “se le autorizzazioni non arriveranno in tempi certi o rapidi o comunque facilitati rispetto ai termini precedenti gli obiettivi non saranno raggiungibili”. Enel ha proposto al governo dieci progetti nel quadro delle strategie che sta portando avanti su temi come l’accelerazione delle rinnovabili. E un progetto particolarmente importante riguarda “il nostro impianto di Catania per la produzione di pannelli fotovoltaici, che oggi ha una capacità produttiva di circa 200 megawatt”. Attenzione, perché nei piani dell’Enel c’è anche l’Ilva, che potrebbe rivedere presto le sue fonti di approvvigionamento. “Riteniamo sia possibile decuplicare questo valore e dare il via alla produzione di idrogeno per l’Ilva”.

MISSIONE STOCCAGGIO PER ENI

A questo punto entra in gioco Eni. Per il Cane a sei zampe sono essenzialmente due le missioni da portare avanti anche grazie all’impiego delle risorse europee: lo stoccaggio e il carburante pulito per il trasporto pesante, aereo in primis.  Per “tenere alta l’ambizione di riduzione drastica delle emissioni di CO2 nella produzione, dobbiamo portare avanti una strategia che sia capace di adeguare a questa nuova realtà soprattutto i settori più energivori”, ha detto Pistelli. “Perché  noi abbiamo acciaio, carta, chimica, raffinazione, cemento, che sono settori molto difficili da decarbonizzare e sostanzialmente sono responsabili del 25% a livello globale delle emissioni di CO2. Evidentemente è lì che va fatta la trasformazione più complicata, attraverso una serie di prodotti nuovi”. Il manager del gruppo fondato da Enrico Mattei ha citato in tal proposito il progetto di Ravenna, dove Eni punta a realizzare il polo mondiale per lo stoccaggio di CO2.

Ma non è tutto. L’altro pilastro è la possibilità di sostituire gli attuali carburanti per il trasporto pesanti con quelli di ultima generazione. “Stiamo ormai lavorando da anni al bio-jet-fuel per gli aerei, grazie al quale abbattere le emissioni nei cieli. Il vantaggio è che non serve cambiare il mezzo, che di questi tempi non è un dettaglio”, ha chiarito Pistelli. “Questo progetto si può allargare a tutto il trasporto pesante”, ovvero camion.

MESSAGGIO AL GOVERNO

Il Recovery Fund è qualcosa di troppo importante per farselo sfuggire. Non basta presentare buoni progetti, serve una certo grado di coesione politica. In Eni lo sanno fin troppo bene. “Il Recovery Fund è un’opportunità importante per pianificare investimenti volti a modernizzare il Paese e accompagnarlo verso obiettivi di transizione energetica e digitale che erano già noti, a di cui la pandemia ha solo accelerato l’urgenza. Per presentare un piano serve uno sforzo collettivo e coerente a cui devono prendere parte anche le aziende a partecipazione statale: dobbiamo trasformare tecnologie e infrastrutture, sfruttando le possibilità di filiera che siamo in grado di aprire”, ha detto, sottolineando che la vera sfida ora è diventare protagonisti di innovazione e sviluppo tecnologico”.

In buona sostanza, serve “predisporre un salto di scala che per l’industria nazionale è difficile: per introdurre innovazioni durature serve che il governo accompagni questo processo con permessi e autorizzazioni. Altrettanto importante sarà un dialogo trasparente con le forze politiche di maggioranza e l’opposizione”. Messaggio al governo.



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