Si può fare di più, anzi si deve. La rete unica a base di fibra pensata per mandare definitivamente in pensione il rame che entra nelle case degli italiani, la cui prima pietra è stata posata ieri al termine dei board di Tim e Cdp, è solo l’inizio di una rivoluzione più ampia che può cambiare una volta per tutte non solo l’economia, ma anche la vita quotidiana. Restituendo al Paese quell’equilibrio tecnologico inseguito da troppi anni a questa parte.
OLTRE LA RETE UNICA
Che la futura società per la rete unica (AccessCo, a sua volta costruita su Fibercop, il veicolo per la rete secondaria di Tim, non appena farà il suo ingresso Cdp a mezzo Open Fiber) sia solo il primo passo di qualcosa di più grande strutturale non è una suggestione. Un passaggio del comunicato diffuso nella serata di ieri da Via Goito, collateralmente alla nota dell’ex Telecom post-cda, traccia una rotta che va ben oltre l’operazione rete unica. E sempre nel segno di Cdp e di Tim. In aggiunta alla rete unica nazionale, Cdp Equity (la branch di Cdp co-firmataria del memorandum per la società della rete, ndr) e Tim “daranno immediato avvio alle valutazioni in merito ad ulteriori aree di possibile cooperazione per perseguire lo sviluppo di altre tecnologie”, si legge.
Tra queste, il 5G, l’edge computing (il modello di calcolo distribuito nel quale l’elaborazione dei dati avviene il più vicino possibile a dove i dati vengono prodotti, ndr), il Data Center e il Cloud, “cosi da facilitare la rapida introduzione di tecnologie innovative che migliorino l’accessibilità del Paese”. L’intento è dunque chiaro: attrezzare un Paese in perenne deficit di crescita con le tecnologie più avanzate, rendendolo un eco-sistema innovativo e soprattutto attraente per i grandi investitori esteri.
APERTI A TUTTI (O QUASI)
Non è finita. “Si darà altresì immediato avvio, sotto il coordinamento di Cdp Equity, ad un tavolo tecnico sull’infrastruttura di rete volto, tra l’altro, ad acquisire l’eventuale interesse di altri operatori del settore a partecipare all’operazione anche mediante contribuzione di asset/risorse”. Tradotto, gli altri operatori tlc, qualora volessero essere della partita e senza intenzioni poco chiare, sarebbero i benvenuti. In tal proposito si è espresso il presidente di Open Fiber, l’ex ministro ed ex presidente di Cdp, Franco Bassanini che ancora una volta ha fatto ricorso a Twitter per dire la sua. E Bassanini sembra condividere un futuro ruolo degli Olo, ovvero gli operatori concorrenti, che poi sarebbero i restanti Vodafone, Wind-Tre e Fastweb. “Il percorso verso la rete unica, ancora lungo e accidentato, può avere un esito positivo ancorché non scontato”, ha scritto Bassanini. “Decisivi nei loro diversi ruoli saranno Cdp, l’Antitrust e l’Agcom, la Commissione europea e”, per l’appunto, “gli Olo”.
E comunque, secondo l’ex numero uno della Cassa, “per essere chiari garante degli interessi strategici del Paese può essere (e sarà, se tutto va bene) solo Cdp: Tim è partecipata all’80% da investitori stranieri, Fastweb è controllata dal governo svizzero e Kkr è un fondo Usa”.
UNITI SI VINCE?
L’ampliamento della collaborazione tra Tim e la Cassa trova fondamento sia nella volontà politica del governo, sia su precise basi industriali. Partendo dalla prima, pochi giorni fa il ministro per l’Innovazione, Paola Pisano, intervenendo al Meeting di Rimini (qui il discorso integrale), aveva dato il là. Definendo la rete unica un primo, vero, passo in avanti ma non sufficiente a fare dell’Italia un Paese al passo coi tempi e con le altre economie. Per il ministro è e rimane dunque fondamentale puntare anche sul 5G e il cloud. E per farlo, pubblico e privato devono necessariamente andare a braccetto, come in effetti già ora con Tim e Open Fiber sta accadendo. “I vantaggi si potranno vedere se pubblico e privato avranno insieme il coraggio di trovare una sintesi, velocemente, per il futuro del nostro Paese e non a beneficio di singoli soggetti nel breve periodo”, aveva detto il ministro. Chiarendo come “per quanto importante, la realizzazione di una rete unica per le nostre telecomunicazioni non è di per sé sufficiente”.
Non bisogna mai dimenticare poi che la stessa integrazione tra Tim e Open Fiber è già di per se un completamento di due forze. La fiber company di Stato infatti parte da zero con i suoi investimenti, mentre l’ex Telecom è già proprietaria di un’infrastruttura strategica, il grosso della quale in rame, ma piano piano sempre più in fibra, senza considerare la solida e decisamente più longeva esperienza di Tim in materia di rete. Dunque, l’aiuto di Tim nella trasformazione del cosiddetto ultimo miglio sarà decisivo, anche per la stessa Open Fiber e non potrà che giovare al progetto rete unica nazionale.