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Più crescita e meno debito. Il Recovery Fund secondo Vincenzo Visco

Niente trucchetti sul Recovery Fund. I giochi di prestigio questa volta non funzioneranno, nemmeno ad essere il più abile dei maghi. Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze nei governi Prodi e D’Alema e poi del Tesoro con Giuliano Amato, vuole credere che quanto detto oggi in Parlamento dall’attuale titolare di Via XX Settembre, Roberto Gualtieri, sia vero. Che sprecare l’occasione irripetibile di avere a disposizione tanti miliardi nel giro di due anni vorrebbe dire condannare alla ghigliottina l’Italia tutta. Un modo per non fare cilecca su 209 miliardi c’è ed è anche piuttosto semplice: rispettare le regole.

Visco, il ministro Gualtieri ha dettato la linea: niente spesa corrente, solo investimenti. La rotta è quella giusta?

Direi di sì. Il rischio che si possa usare il Recovery Fund per aumentare la spesa corrente a discapito di quella in conto capitale c’è. Nelle prossime manovre ci saranno spese pari a quelle attuali più quelle finanziate dallo stesso Recovery Fund, mi auguro che si interrompa la tradizione italiana di aumentare la spesa corrente. Perché se così sarà non rimarrà un euro da investire.

Se non si può fare spesa corrente allora però si possono almeno abbassare le tasse. Altra tentazione del governo e di Gualtieri…

Sì, ma solo ed esclusivamente se si farà spesa per investimenti. Tanto per cominciare ce lo vieta l’Europa stessa di usare quelle risorse per tagliare le tasse. E poi c’è sempre la possibilità di una rimodulazione, di una redistribuzione del carico fiscale insomma. Il che significa diminuire il cuneo fiscale da una parte per aumentarlo dall’altra. Se proprio devo dirla tutta qui la priorità mi pare la crescita, non tanto questa foga nel voler abbassare le tasse a tutti i costi.

Allora le tasse è meglio non tagliarle, insomma…

Una riforma fiscale sarebbe ben accetta ma non vedo la necessaria solidità politica del governo attuale per compiere questo tipo di operazione, non vedo un esecutivo consapevole della portata di una simile scelta. C’è un clima politico troppo fragile. Peccato perché servirebbe, ma non certo con i soldi che ci dà l’Europa.

Qualcuno ha suggerito di eliminare l’Irap, una tassa particolarmente detestata dalle imprese. Lei che ne pensa?

Mi pare la cosa più demenziale che si possa fare. L’Irap è già stata mutilata da Renzi e poi serve a finanziare la sanità. E comunque la parte di Irap sul lavoro è già stata abolita ma forse di questo in Confindustria non si rendono conto. Mi pare che sulle tasse siamo alle solite, ogni categoria cerca di ridursi le tasse e insieme a loro ci sono i sindacati che vogliono detassare gli aumenti contrattuali, una cosa che non sta in Cielo e in Terra.

Visco il nostro debito pubblico oggi ha raggiunto i 2.560 miliardi. Ma il governo è sicuro che il prossimo anno scenderà. Ottimismo di circostanza o qualcosa di più?

Il debito il prossimo anno scenderà ma per un motivo molto semplice. Quest’anno il nostro Pil diminuirà del 10%, il prossimo anno ci sarà un rimbalzo dunque rispetto all’anno in corso, aumentando il Pil, il rapporto col debito scenderà per forza. Il problema è che dopo il 2021 non scenderà più. Per questo l’unica possibilità è usare il soldi del Recovery Fund, è l’unica possibilità di tenere in equilibrio i nostri conti e le nostre finanze.

Più crescita e meno debito…

Sì, e crescita con i fondi dell’Europa. Perché solo se cresciamo possiamo ridurre il debito. Se per miracolo riusciamo a investire le risorse europee io trovo molto più gusto continuare a ridurre il debito piuttosto che intervenire sulle tasse.

Ecco, proprio qui sta il problema. L’Italia questo miracolo di spendere sensatamente 200 miliardi lo può compiere?

Forse sì. Noi abbiamo gestito meglio di molti altri la pandemia, lo abbiamo dimostrato. Perché non possiamo ripeterci anche in questo campo? In una situazione come questa, non possiamo sbagliare e se ci impegniamo possiamo farcela, le condizioni per non fallire ci sono.

Il premier Conte è pronto a metterci la faccia. Se fallisce sul Recovery Fund, ha detto oggi, è giusto che vada a casa…

Una dichiarazione apprezzabile. Però mi permetto di far notare una cosa. Se non ci riesce questo governo non vedo come possa riuscirci un altro.

Visco, lei ha cominciato a fare il ministro quando l’Italia aveva conosciuto da pochi anni le privatizzazioni. Oggi c’è un certo protagonismo della Cassa Depositi e Prestiti. Sta tornando lo Stato padrone?

Non direi proprio, i tempi sono molto diversi da allora. Quando eravamo al governo, nel 1996, il processo di privatizzazione era in atto già da un po’. Allora il 50% dell’industria era pubblica e anche l’80% del sistema bancario, sentivamo l’esigenza di un riequilibrio del mercato. Adesso la situazione è diversa ed è vero il contrario.

In che senso?

Il problema oggi è come utilizzare le imprese pubbliche per trainare lo sviluppo e c’è bisogno di una visione per programmare investimenti a lungo termine, dettata dalla necessità. E comunque una piccola avanzata dello Stato nell’economia sta avvenendo in molti Paese, mica solo in Italia. Ricordiamoci sempre poi che molte imprese privatizzate non hanno fatto poi così bene, ragioniamo su scala industriale, senza ideologie.


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