Se il mondo cambia e l’Italia anche, il fisco non può essere da meno. Nel giorno in cui il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, certifica il lancio della riforma dell’Irpef a partire dal 2022, dalle imprese italiane arriva l’ennesimo appello al governo affinché plasmi un fisco non solo a prova di pandemia ma anche il più possibile allineato a un’economia che, comunque la si voglia vedere, non sarà più la stessa.
L’occasione c’è stata al convegno Gli italiani e le attese sul fisco, organizzato questa mattina da Swg e Kratesis presso lo spazio Momec. Tra i presenti, moderati dal presidente di Kratesis, Roberto Arditti, il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, Riccardo Grassi, direttore ricerca di Swg, il presidente di Cosmetica Italia, Renato Ancorotti, il presidente e ceo di Jti Italia, Gianluigi Cervesato, Giangiacomo Pierini presidente di Assobibe e i parlamentari, Luigi Marattin (Italia Viva), Massimo Garavaglia (Lega), Tommaso Nannicini (Pd), Emiliano Fenu (M5S) e Alessandro Cattaneo (Forza Italia).
QUI SERVE UN NUOVO FISCO
Le imprese che operano in Italia hanno bisogno di un nuovo fisco, inutile girarci troppo attorno. Troppo fatturato e troppi utili se ne vanno in tasse e questo, per aziende che affrontano, ormai, un Dopoguerra versione Terzo Millennio, è inaccettabile. Velocità e snellezza sono le parole d’ordine alle quali non si può più rinunciare. Inclusi balzelli stile in odore di ideologia, stile plastic tax e sugar tax.
“Parliamoci chiaro, il momento è difficile, tra i più difficili della storia. E per affrontare momenti come questi c’è una sola direzione da prendere, la direzione della semplificazione”, ha messo in chiaro Cervesato. “Se non si semplifica il fisco non si è competitivi e un sistema industriale come il nostro non può certo permettersi il lusso di non essere competitivo al giorno d’oggi. I tempi sono assolutamente maturi per un confronto con le istituzioni. Noi di Jti lo siamo da tempo, abbiamo le nostre proposte, che sono proposte di buon senso. Un buon fisco, equo e sostenibile è alla base di tutto. L’industria del tabacco garantisce entrate per 14 miliardi all’anno ma il mercato illecito cagiona un danno di 700 milioni annui. Non è forse un buon motivo per una vera revisione fiscale?”.
L’industria delle bevande invece ha incentrato il ragionamento sugli investimenti e produttività. “Stiamo assistendo a un radicale cambiamento della visione della nostra economia”, ha spiegato Pierini (Assobibe). “Una tassazione distorta colpisce investimenti e produzione e non posso non pensare alla sugar tax (la tassa sulle bibite zuccherate, ndr). Onestamente non capisco come si possa andare a colpire un’industria che a monte non se la passa bene, anche perché queste tipologie di tassazione alla fine non consentono nemmeno allo stesso governo di andare nella direzione che egli stesso ha auspicato, quando si parla di crescita. Ora, guardando alla Nota di aggiornamento al Def, mi sembra addirittura che si stia andando verso un ulteriore appesantimento delle burocrazia, non certo verso una semplificazione quanto mai urgente”.
Di qui un appello. “Le aziende del settore sono pronte ad aprire un confronto costruttivo con il governo per identificare insieme soluzioni che permettano a quest’ultimo di raggiungere gli obiettivi prefissati, ma che allo stesso tempo evitino di colpire il tessuto produttivo italiano, e in particolar modo le Pmi, con effetti negativi sull’intera filiera. Introdurre nuove tasse in un momento difficile per l’economia, come testimoniano anche le norme contenute nel Dpcm di questa notte, avrebbe ripercussioni disastrose sui volumi di vendita e conseguentemente sull’occupazione del settore”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la cosmetica italiana, filiera che vale 33 miliardi di euro in Italia. Ancorotti (Cosmetica Italia) ha puntato il dito contro la plastic tax. “Siamo a due mesi dall’entrata in vigore di una tassa che secondo noi andrebbe posticipata di almeno un altro anno. Possibile che a due mesi di distanza sappiamo ancora poco o nulla di questa tassa? Questa è l’incertezza di cui si parla e noi, quali aziende e motore dell’economia, vorremmo un confronto vero per correggere certe storture”.
LA RISPOSTA DEL GOVERNO
Non poteva mancare la risposta del governo a simili e urgenti istanze. Tanto per cominciare, “una parte molto rilevante dei 100 miliardi stanziati dal governo (la somma dei decreti d’emergenza fatti a deficit, ndr) sono andati in interventi fiscali che hanno ridotto la pressione fiscale nel 2020 per complessivi 19 miliardi e 500 milioni”, ha chiarito Misiani, citando provvedimenti come l’annullamento della rata Irap di giugno, la rimodulazione delle scadenze fiscali, la decontribuzione in connessione all’ultima proroga di ammortizzatori sociali e “una serie crediti di imposta per aiutare le imprese a reggere l’impatto dell’emergenza e altre misure”.
Secondo il numero due del Tesoro, c’è “una ripresa in atto da maggio e giugno” e dagli ultimi dati dei sulla produzione industriale e sulle vendite al dettaglio “sembra assumere i contorni di una ripresa a V, leggendo i dati degli indicatori congiunturali, anche se è una ripresa disomogenea”. Il viceministro però non ha nascosto un “sentimento diffuso di incertezza, che frena le decisioni di consumo e di investimento, di preoccupazione per il futuro, quando non di aperta paura. Credo che, da questa punto di vista la ripresa dei dati epidemiologici e dei contagi purtroppo contribuisca molto a questo sentimento diffuso”.
UNA MANO ALLE IMPRESE
Misiani non si è sottratto nemmeno al confronto con le imprese, che chiedono un fisco agevole e al passo coi tempi. “Sul versante delle imprese bisogna andare su misure mirate di alleggerimento fiscale premiando le imprese che assumono, la contribuzione al Sud verrà stabilizzata fino al 2029 con un decalage dal 2026, ma dobbiamo intervenire su scala nazionale, penso alle assunzioni dei giovani, dobbiamo premiare le imprese che investono”. In questo senso “Industria 4.0 è un punto molto importante e contiamo di usare le risorse europee per rafforzare e prorogare queste misure, servono incentivi fiscali alla patrimonializzazione a partire dalle Pmi, e intervenire sulla tassazione delle imprese anche premiando chi ha comportamenti più responsabili dal punto di vista ambientale in termini di produzione”.