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Mar Cinese bollente. Cosa succede tra Usa e Giappone

giappone

Dal 2014 gli Usa parlano della possibilità di inviare truppe nelle isole giapponesi del Mar Cinese Orientale in cui Pechino rivendica sovranità. Ora è un alto comandante militare americano a parlarne, mentre si susseguono le esercitazioni nel Pacifico

“Inviare truppe da combattimento per difendere le isole Senkaku”: Kevin Schneider, comandante della US Force Japan, ha gelato così la Cina. In una mini conferenza stampa per l’avvio dell’esercitazione congiunta nippo-americana “Keen Sowrd 21” ha parlato apertamente della possibilità che i wargame in corso possano essere un modo per verificare la prontezza degli Stati Uniti nel dispiegare forze militari in certe isole con citazione specifica.

Le Senkaku sono un minuscolo arcipelago in mezzo al Mar Cinese Orientale: territorio conteso tra Giappone e Cina (i cinesi le chiamano Diayou e ne rivendicano l’appartenenza ancestrale all’Impero Celeste), con Taiwan che ha le sue pretese (per Taipei si chiamano Diaoyutai e fanno parte del blocco della Repubblica di Cina). Al di là dei criteri storico-geografici su cui i cinesi basano le loro rivendicazioni, attualmente sono parte della prefettura di Okinawa, sotto amministrazione giapponese dunque.

Sulle isole si combatte un’annosa controversia che si ripercuote sulla suddivisione delle Zone economiche esclusive attorno al lineamento tettonico del Canale di Okinawa. Attorno a questo ruota la difesa americana dell’arcipelago conteso – che non è una natività assoluta nell’impegno tattico statunitense all’interno del quadro strategico del Pacifico (il primo a parlarne fu Barack Obama nel 2014, erano i tempi del “Pivot to Asia”, durante una visita in Giappone).

Ora la situazione è salita di livello: l’amministrazione Trump ha reso esplicita la necessità di ingaggio (anche militare) con la Cina, e Schneider ha libertà di fare certi annunci – per altro parlando mentre saliva a bordo di un cacciatorpediniere giapponese impegnato nelle operazioni congiunte (simbolico). La presenza americana nell’Indo-Pacifico sta aumentando; l’impegno giapponese nel contenimento cinese pure; sono avviati i lavori in corso per la costruzione di blocchi militari regionali e per il grande edificio geopolitico del Quad.

Non è facile interpretare i pensieri strategici di un governo, ma è molto probabile che dietro alla nuova convinzione militare di Tokyo ci sia anche quanto accade alle Senakaku da diversi mesi. Le rotte – che segnano fondali ospitanti giacimenti, lineamenti commerciali e acque buone per la pesca – sono teatro di provocazioni militari cinesi. La marina della Repubblica popolare spesso muove i suoi mezzi nell’area; per mostrare bandiera; per non indietreggiare di un centimetro in uno dei cortili casalinghi (il Mar Cinese); per dimostrare ai rivali di non essere spaventata (anzi, presente).

Di recente gli americani si sono esercitati per operazione di interventi rapidi che hanno una finalità specifica: entrare in azione in scenari come quelli del Mar Cinese. Il più recente wargame del genere si chiama “Noble Fury” e s’è svolto a Iejima, un’isoletta sempre sotto controllo amministrativo di Okinawa che ha tutte le caratteristiche (solo più in grande e più urbanizzata) degli atolli nel mare conteso. Un centinaio di Marines sono sbarcati da alcuni Osprey e un MC-130 Super Hercules ha trasportato un sistema di lanciatori multipli Himars. Appena dopo aver messo in azione l’artiglieria contro obiettivi stabiliti, i soldati e le strumentazioni sono stati fatti risalire a bordo diretti verso un altro punto di sbarco. Operazioni lampo e tutte in notturna.

(Foto: US Pacific Fleet)



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