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La Difesa europea si allarga (poco) oltre l’Ue. Ecco le regole per la Pesco

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Il Consiglio dell’Ue ha approvato ieri il regolamento per la partecipazione “eccezionale” di Paesi esterni all’Ue ai progetti della Pesco, la cooperazione strutturata permanente che conta attualmente 47 programmi (24 con l’Italia). La partita più rilevante resta comunque quella del fondo Edf, ancora in salita

Anche i Paesi esterni all’Unione europea potranno partecipare alla Pesco, una delle principali iniziative di Bruxelles per l’ambizioso piano di Difesa comune. Lo potranno fare in via “eccezionale” e solo su invito, nel rispetto di alcune condizioni legali e politiche. Attesa da tempo, l’apertura è arrivata ieri dal Consiglio dell’Ue, che ha approvato con apposita decisione le “condizioni generali” in materia. Eppure, l’attenzione maggiore rimane per il fondo Edf, la cui dotazione attualmente prevista resta per l’Italia insoddisfacente (qui un focus con l’esperto Michele Nones).

LA PESCO

L’obiettivo della Pesco, prevista dai trattati dell’Unione europea, è avviare strette collaborazioni tra Paesi membri nel settore della difesa e della sicurezza. Si traduce nello sviluppo congiunto di capacità e programmi finalizzati alle rispettive Forze armate, da inserire in un quadro più ampio che comprende le altre iniziative di Bruxelles, a partire proprio dal fondo Edf. Dopo l’istituzione della cooperazione strutturata permanente nel dicembre del 2017, i primi 17 progetti sono stati adottati a marzo 2018. Altri 17 sono arrivati il novembre successivo, e poi ulteriori 13 l’anno dopo (novembre 2019), per un totale di 47 (tra droni, corvette, velivoli e molteplici tecnologie avanzate). Vi partecipano 25 Stati, tra cui spicca per partecipazione la Francia, inserita in trenta progetti nonostante lo storico scetticismo di Parigi per la Pesco (tanto da lanciare l’iniziativa Ei2 esterna a Ue e Nato). Seguono Italia e Spagna, entrambe a quota 24.

LA NOVITÀ

La novità di ieri riguarda la partecipazione “eccezionale” ai progetti di Paesi esterni all’Unione europea. Lo potranno fare “su invito”, stante il rispetto di alcune condizioni “legali, politiche e sostanziali”. Quelle politiche riguardano soprattutto la condivisione dei principi dell’Ue e della piena convergenza agli interessi di sicurezza e difesa dell’Ue e degli Stati membri. Quelle sostanziali parlano di “fornire un valore aggiunto al progetto”, fornendo expertise tecnico o capacità aggiuntive, incluso supporto operativo o finanziario. Gli aspetti legali riguardano invece la necessità di un accordo sulla sicurezza delle informazioni che lo Stato terzo deve avere con l’Ue (e con l’Agenzia europea per la Difesa, Eda, se coinvolta).

IL PROCESSO

Per quanto riguarda la procedura, dopo che lo Stato terzo avrà fatto richiesta di partecipare, dovrà essere accettato all’unanimità dai Paesi Ue già aderenti al programma Pesco in questione, che nel frattempo avranno notificato la possibilità al Consiglio e all’Alto rappresentante. Spetterà al Consiglio la decisione finale e la verifica delle suddette condizioni. Una volta arrivato il via libera, lo Stato terzo negozierà con gli altri Paesi partecipanti un “administrative arrangement” che dovrà definire inizio, durata, termine e fasi della partecipazione. Quest’ultima sarà inoltre soggetta a “revisione periodica” sul rispetto delle condizioni.

E LE AZIENDE?

È rimandata più avanti la decisione sulla partecipazione alla Pesco per le “entità”. Si specifica comunque che se uno Stato terzo non è invitato a partecipare a un progetto di cooperazione europea, le aziende di quello Stato devono essere autorizzate dal Consiglio a partecipazione all’attuazione del programma. Se la questione non sarà regolamentata entro il 2025, specificano le condizioni, nessun altro soggetto extra-Ue potrà essere coinvolto nell’attuazione dei progetti Pesco, se non sulla base dei contratti conclusi o delle procedure già avviate.

IL FONDO EDF

La partita più rilevante riguarda comunque l’European Defence Fund (Edf), attualmente previsto con una dotazione di 7 miliardi per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (dotazione abbassata nei negoziati su Recovery Fund), con l’auspicio di esperti e addetti ai lavori di aumentare il budget previsto. Il fondo co-finanzierà progetti di ricerca e sviluppo, sulla base dell’esperienza acquisita con i due progetti-pilota: Edidp (il programma di sviluppo dell’industria europea della difesa) e Padr (l’azione preparatoria nel campo della ricerca), entrambi partiti con finanziamenti. La partecipazione a queste iniziative per entità extra-Ue è stata tra gli argomenti più dibattuti in sede negoziale tra Commissione, Consiglio e Parlamento. Alla fine è stata ammessa (grazie anche alla pressione italiana), seppur con tanti vincoli (soprattutto per la resistenza dei francesi).

IL LEGAME CON LA PESCO

L’accesso alla Pesco per Paesi terzi e quello all’Edf per entità terze sono indirettamente connessi. Partecipare alla cooperazione strutturata non implica di per sé i finanziamenti europei, tuttavia l’obiettivo è avere una sempre maggiore convergenza. È per questo che il regolamento Edf prevede un 10% in più del finanziamento che può arrivare da Bruxelles nel caso di progetti presentati per implementare un progetto Pesco. Nove dei sedici programmi finanziati a giugno con l’Edidp sono legati alla cooperazione strutturata. In tal senso, la possibilità di partecipazione di Stati extra-Ue alla Pesco dovrebbe agevolare anche la possibilità di inserimento nell’Edf per aziende non europee.

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