Alleanza tecnologica ma non solo. Ecco cosa si è detto all’Atlantic Council sull’idea del club delle democrazie anti Cina. Presente anche Quartapelle (Pd) che ha sottolineato l’urgenza della web tax
“Free World Commission Hearing: A D-10 strategy for China” è il titolo di una conferenza organizzata oggi dall’Atlantic Council di Washington per ragionare sulla Cina e sull’opportunità di un’alleanza tra democrazie — tecnologica come analizzato dal Cnas, ma non solo — per affrontare la sfida di Pechino. “D-10” sta “Democracies 10” — Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito e Stati Uniti, oltre all’Unione Europea —, un’alleanza pensata nel 2008 dal dipartimento di Stato americano e rilanciata negli scorsi mesi da Stati Uniti e Regno Unito. In particolare dal governo di Londra soprattutto in ambito tecnologico.
La discussione è stata introdotta da Carl Gershman, presidente del National Endowment for Democracy, e da Frederick Kempe, presidente e Ceo dell’Atlantic Council. Interrogati dai parlamentari di diversi Paesi alcuni esperti: Kurt Campbell, ex assistant secretary per gli Affari di East Asia e Pacifico durante la prima amministrazione Obama e oggi presidente e Ceo di The Asia Group; Margaret McCuaig-Johnston, senior fellow dell’Institute for Science, society and policy all’Università of Ottawa; e l’ambasciatore tedesco Boris Ruge, vicepresidente della Munich Security Conference. Quest’ultimo, in particolare, ho notato come ormai la Cina, in Germania e nell’Unione europea, non sia più analizzata esclusivamente sotto l’aspetto economico richiamando al recente documento della Commissione europea per un’alleanza transatlantica per affrontare la sfida di Pechino. La canadese McCuaig-Johnston ha invece sottolineato come l’esempio dell’Organizzazione mondiale della sanità, la sua gestione della pandemia e il suo atteggiamento verso Taiwan, rappresenti la dimostrazione di quanto sia urgente contrastare l’ascesa cinese anche nelle sedi del multilateralismo.
QUI STATI UNITI
Tom Malinowski, deputato democratico e già assistant secretary alla Democrazia nella seconda amministrazione Obama, è convinto — come molti ormai nel Partito democratico e come ha lasciato intendere lo stesso presidente-eletto — che “l’amministrazione Biden non tornerà alla vecchia China policy perseguita dell’amministrazione Obama” votata alla cooperazione su tutti i fronti. Ma neppure seguirà quanto fatto dall’amministrazione Trump con una politica votata esclusivamente alla competizione. La nuova amministrazione, ha spiegato Malinowski, cercherà di costruire un asse con gli “alleati democratici” in Asia e Europa per fronteggiare l’ascesa cinese. Siamo dinnanzi a una sfida “di idee e ideali”, ha aggiunto il deputato evidenziando così come la sfida possa riguarda non soltanto le questioni commerciali, tecnologie e strategiche, ma anche quelle ideologiche. Presenti per gli Stati Uniti anche il senatore repubblicano Jim Risch, il deputato democratico Eliot Engel, presidente della commissione Affari esteri della Camera, e Mike Gallagher, deputato repubblicano con un passato da intelligence officer nella Marina a stelle e strisce. Quest’ultimo che ha sottolineato l’opportunità di questa fase storica — questo “Covid-vaccine moment” — per rilanciare l’integrazione industriale occidentale (e non solo) in chiave anticinese.
QUI REGNO UNITO
Tom Tugendhat, influente deputato del Partito conservatore e presidente della commissione Affari esteri della Camera dei Comuni, ha sottolineato la necessità di uno sforzo comune a difesa dei diritti umani e degli standard globali citando i casi di Hong Kong, dello Xinjiang e della Mongolia come esempi degli abusi cinesi. “Dobbiamo essere uniti, con i partner tradizionali ma anche con quelli coinvolti nello stesso sforzo per i diritti umani e lo stato di diritto nel mondo”, ha spiegato citando Corea del Sud, Giappone, Taiwan e India.
QUI ITALIA
Lia Quartapelle, membro del Partito democratico e segretario della commissione Esteri della Camera, ha sottolineato che “la Cina è e rimarrà una rivale sistematico” ma ha anche ricordato come la vittoria di Joe Biden rappresenti un’opportunità per rilanciare il multilateralismo. “Siamo pronti a trovare un’accordo transatlantico” sulle questioni digitali su cui la Cina è avanti?, ha chiesto Quartapelle. Che però ha aggiunto: ciò significa “trovare anche un’intesa sulla tassazione” dei Big Tech. Una questione su cui il team Biden, intenzionato a discuterne in sede Ocse, ha poco gradito la fuga in avanti della Francia, che ha trovato il sostegno anche dell’Italia.