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India-Cina. È scontro (anche) sulle dighe

Due dighe lungo l’asta dello stesso fiume animano ulteriormente il confronto tra Pechino e New Delhi

Tra Cina e India è anche scontro sulle dighe. La geopolitica dei fiumi è un elemento centralo tra macro-Paesi e – come dimostra la questione aperta tra Egitto ed Etiopia – tra coloro che hanno necessità d’acqua, per energia e per richieste idriche.

Nei giorni scorsi la Power Construction Corporation of China ha annunciato di aver ricevuto incarico dal governo cinese di costruire una diga in Tibet, lungo lo Yarlung Zangbo (più noto col nome indiano di Brahmaputra). Si tratterà di un impianto enorme, che permetterà lo sfruttamento di 60 milioni di kWh di energia idroelettrica a valle del fiume e potrebbe fornire ogni anno 300 miliardi di kWh di elettricità pulita, rinnovabile e a zero emissioni di carbonio. Il progetto, spiega il chairman della società citato dal governativo Global Times, svolgerà un ruolo significativo nel realizzare l’obiettivo di raggiungere un picco di emissioni di carbonio prima del 2030 e la carbon-neutrality nel 2060. Tutto rientra nel XXIV Piano quinquennale del Partito/Stato e nello slancio di prolungamento verso il 2035.

L’operazione infrastrutturale è perfettamente inquadrata nell’ambito dell’Electro State cinese, che non avendo risorse energetiche sufficienti sfrutta il mood green per trovare una propria forma di indipendenza. Dunque, la diga è un progetto strategico per la Cina. Il problema è che l’India sente di subire la presenza dello sbarramento a monte, e ha immediatamente rilanciato che “per mitigare l’avverso impatto dei piani cinesi” costruirà una propria diga nell’Arunachal Pradesh, sempre lungo il corso del Brahmaputra (le dimensioni saranno di un sesto minori rispetto a quella cinese).

L’India sta affrontando l’aggressione terrestre della Cina sull’Himalaya, le invasioni marittime nelle acque amiche che circondano sui tre lati il subcontinente, lo scontro sul mondo digitale, e come raccontano queste ultime notizie anche le guerre per l’acqua. La mossa cinese in questo caso non è chiaramente pensata come arma (rilascio e alluvioni, trattenuta e siccità) contro New Delhi, ma piuttosto a quelle necessità impellenti. La Cina cresce e si espande, e nel farlo le proprie urgenze ledono per forza sovranità e libertà degli altri Paesi, per primi i vicini.



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