C’è un’altra domanda senza risposta sulla storia del cargo italiano trasformato in nave da guerra dei Pasdaran: chi l’avrebbe convertita? Gli indizi portano a una società sotto sanzioni Usa
Chi avrebbe convertito la nave-traghetto costruita in Italia (con ombre cinesi) nel 1992 in una nave da guerra dei Pasdaran iraniani armata con droni, elicotteri e missili da crociera?
Antonio Zennaro, deputato del Misto e membro del Copasir, ha depositato un’interrogazione a risposta scritta per sapere se “il governo è in grado di confermare che questa nave di fabbricazione italiana effettivamente sia entrata a far parte della Marina militare iraniana”. Inoltre, l’onorevole chiede all’esecutivo “di verificare eventualmente se ci siano state operazione di triangolazione commerciale volte ad eseguire attività di elusione delle sanzioni internazionali che vietano questo tipo di compravendite classificate come dual-use”.
Ma i dubbi riguardano non soltanto le modalità in cui la nave-traghetto è giunta, dopo aver cambiato più volte nome e Stato di bandiera, nel porto di Bandar Abbas, base principale della Marina militare iraniana che affaccia sullo stretto di Hormuz. Chi avrebbe trasformato il ro-ro nella Shahid Roudaki, così chiamata in onore del comandante della Marina dell’Irgc Abdollah Rudaki?
Tutti gli indizi sembrano condurre alla Bandar Abbas Pars Ship Repairing Company, società per la riparazione di grandi navi nata nel 2006 da una partnership tra Irisl e Isoico.
Di particolare attenzione è la prima, la Islamic Republic of Iran Shipping Lines, da giugno tornata nella lista delle sanzioni statunitensi qualche mese dopo l’uscita di Washington dall’accordo nucleare Jcpoa su decisione del presidente Donald Trump.
Infine, vale la pena notare come, alla luce di quell’intesa del 2015, la società leader nel settore dei trasporti marittimi iraniani venne depennata dalla lista delle sanzioni non soltanto degli Stati Uniti di Barack Obama ma anche delle Nazioni Unite e dell’Unione europea. Le misure restrittive furono precedentemente imposte per traffico di armi illegali. Tra i prodotti più esportati dal porto tedesco di Amburgo verso l’Iran c’erano orzo, cloruro di potassio, mangimi, macchinari e anche fertilizzanti.
Ed è un fertilizzante anche il nitrato d’ammonio, il composto chimico che ad agosto a sventrato il porto di Beirut in Libano e di cui gli Stati Uniti hanno recentemente annunciato di aver smantellato depositi in Europa. Anche in Italia e in Germania.