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Navalny, le proteste e la (non) logica di Putin

Arresti e cariche della polizia durante le dozzine di manifestazioni di sostegno alla campagna politica anti-corruzione dell’attivista Alexei Navalny. Tafuro Ambrosetti (Ispi) spiega che Putin ormai non può fermarsi perché vuole difendersi da quello che sente come un attacco alla sua stabilità

Migliaia di persone sono scese in strada in Russia per protestare contro il governo accettando l’invito del leader della lotta alla corruzione Alexei Navalny, che aveva chiesto ai concittadini di manifestare contro Vladimir Putin e il suo potere in un video in cui raccontava dettagli su un palazzo sfarzoso che il presidente russo usa come buen ritiro nei pressi di Soči, sul Mar Nero – palazzo che secondo le informazioni diffuse dall’attivista sarebbe frutto di fondi illeciti e sarebbe costato un miliardo di euro.

[Leggi l’articolo di Formiche.net sul palazzo di Putin con foto, video e analisi politica]

Chi protesta solidarizza con Navalny sia nei contenuti che per le circostanza che lo coinvolgono: avvelenato in agosto, con una missione fallita di cui sono stati incolpati i servizi segreti dell’Fsb da una serie di prove circostanziali, si era curato a Berlino dopo aver rischiato di morire e poi è rientrato a Mosca dove è stato immediatamente arrestato per via delle pendenze precedenti. Le manifestazioni – organizzate in 60 città, anche con condizioni climatiche ostili per il freddo, anche in città che solitamente non si muovono per certe situazioni – non sono autorizzate, e la polizia ha proceduto secondo la legge stringente sulla libertà di manifestare e di espressione con numerosi arresti (un migliaia al momento della stesura di questo pezzo, ma nell’arco della giornata il numero potrebbe aumentare).

La OMON, l’antisommossa russa, è mobilitata in tutto il paese, con Mosca che segna una situazione particolarmente tesa perché i manifestanti che stanno cercando di occupare Piazza Pushkin – vicino al Cremlino – attirano su di loro i riflettori internazionali.


Perché Putin sembra volere Navalny in carcere, e non si ferma nonostante la sua vicenda abbia portato a Mosca critiche e minacce? “Partiamo da un aspetto: questa domanda, è molto interessante ma dimostra che ancora c’è un po’ di ottusità nell’analizzare il rapporto costi/benefici riguardo alla Russia. Ci poniamo con schemi preconcetti simili a quelli con cui tratteremmo questioni in Occidente, ma non è così”, risponde Eleonora Tafuro Ambrosetti, esperta della regione dell’Ispi.

Usciamo da queste categorie mentali allora, e applichiamo il giusto pensiero a un paese come quello di Putin, ai suoi obiettivi e ai suoi linguaggi. “Il presidente russo – spiega l’analista – non ragiona come farebbe un finlandese o un greco, e nel caso specifico di Navalny è una questione di principio per Putin, anche se Navalny è stato molto furbo mettendolo alle strette”. Perché? “Putin – risponde – non poteva né ignorarlo, perché potrebbe essere pericoloso visto che a settembre ci sono le parlamentari; ma non poteva nemmeno andargli dietro in modo troppo evidente, perché come noto l’atteggiamento del Cremlino è quello di sminuirlo”. Putin per esempio non chiama mai l’attivista politico per nome, ma lo definisce o “blogger” o “il paziente di Berlino”.

Chiaro che davanti a questo bivio, Putin è chiuso in una posizione di debolezza – sia se non lo punisce, sia se lo punisce troppo pesantemente – dimostrando quindi di esserne per certi versi spaventato. “E Putin – aggiunge Tafuro Ambrosetti – non vuole che questa debolezza venga percepita, tanto più se ci sono altre potenze che osservano”. E ci sono, con l’Ue e gli Usa che hanno chiesto la liberazione di Navalny: “Ed è qui – continua – che la questione diventa profondamente di principio, perché per il Cremlino è intollerabile che qualche altro stato si intrometta in certi affari interni. Non si tollera l’attacco alla stabilità politica del paese”.

E questo “attacco” di cui si parla in questa analisi può arrivare dall’interno, ossia dall’attivismo di Navalny, ma anche dalle interferenze di chi lo sostiene – anche solo idealmente – dall’esterno. Sotto questo quadro diventa più chiaro il comportamento di Putin, praticamente spinto da una necessità. “Comprendo perfettamente che è un atteggiamento che può sembrare poco razionale, magari si potrebbe pensare che Putin possa usare la storia di Navalny per far leva sull’Ue, per sedersi al tavolo e discutere la fine della sanzioni. Ma questo è quello che faremmo noi, dal nostro punto di vista: a Mosca questo viene considerato un affare assolutamente interno, e tanta più attenzione internazionale suscita, tanto più il Cremlino tende a dimostrare la propria sovranità su certe vicende, che si tratti di Navalny o di chiunque scenda in piazza”, spiega l’esperta dell’Ispi.


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