Il caso Navalny riaccende la questione energetica: la Germania vuole diventare l’hub europeo del gas grazie a Nord Stream 2, gli Stati Uniti (anche con Biden) vogliono sganciare l’Europa dalla dipendenza da Mosca. E Gazprom minaccia di interrompere il progetto
Nell’ultimo giorno di presidenza, l’amministrazione Trump ha lanciato due colpi duri contro quelle che nella National Security Startegy del 2017 vengono indicate come “rival powers”. Ha accusato la Cina di compiere “un genocidio” nei confronti della minoranza musulmana dello Xinjiang, e ha sanzionato la “Fortuna”, la nave posacavi russa di proprietà KVT-Rus che sta ultimando il Nord Stream 2.
Sono iniziative dure, che marcano priorità di carattere strategico e che riguardano anche direttamente le relazioni con un alleato privilegiato come l’Europa, che ha da poco chiuso un accordo commerciale con la Cina senza interazione con gli Usa e passando sopra a tante contraddizioni (tra cui le attività repressive e minacciose del Partito/Stato, nello Xinjiang come a Hong Kong o Taiwan) e che è interessata diretta del Nord Stream.
Il progetto del raddoppiamento del gasdotto che collega la Russia alla Germania è stato molto criticato da Washington — dove sebbene Donald Trump abbia sempre avuto un debole per Vladimir Putin, l’atteggiamento nei confronti della Russia non è mai stato troppo accondiscendente negli scorsi quattro anni, e difficilmente lo sarà nei prossimi. Gli Usa temono che il gasdotto permetta di approfondire la penetrazione strategica russa in Europa, affare diverso dall’approccio avuto da Trump, che ha cercato di usare la leva commerciale offrendo ad Angela Merkel gas di scisto liquefatto americano (ottenendo l’avvio di un impianto di rigasificazione).
Ma Mosca ci gioca e l’accusa a Washington è mossa sul piano della competizione commerciale scorretta — vogliono eliminarci perché siamo l’unico competitor europeo dello shale gas americano, dice in sostanza il Cremlino — fingendo di essere sulla linea trumpiana della questione, il business, e non su quella più profonda, la strategia. Fattore tirato in ballo dall’Euobserver in un pezzo in cui valutava il peso internazionale della vicenda di Alexei Navalny (l’oppositore russo prima avvelenato e poi incarcerato) in relazione agli interessi che alcuni paesi europei potrebbero mantenere nei riguardi del trattare con la Russia nonostante tutto.
Un diplomatico di un paese dell’Europa centrale ha detto all’agenzia di informazioni europea che la Germania dovrebbe prendere in considerazione lo stop del Nord Stream 2 con la Russia. “I tedeschi devono chiedersi se vogliono continuare gli affari come al solito con il regime di Putin”. Ossia, dovrebbero abbandonare un interesse per portare la questione su un livello superiore, ossia il piano di valori occidentali e il riallineamento con gli Usa. Se lo stanno chiedendo a Berlino? Certamente: finora l’establishment tedesco (politico ed economico) ha fatto in modo di passare sopra a tante cose sulla Russia pur di mantenere in piedi il progetto che trasformerebbe la Germania in un hub energetico europeo. Però il caso Navalny, curato dall’avvelenamento da Novichok a Berlino, ha smosso le cose.
Merkel ha ingaggiato la questione sul piano geopolitico, ha pressato la Russia e ha sposato l’idea di accusare Mosca del crimine – commesso secondo molte prove dai servizi segreti eredi del Kgb – anche pensando alla sfera d’influenze nell’Est Europa (dove il sentimento antirusso è forte). Ora c’è l’arresto, secondo capitolo della storia che riguarda molto più dell’oppositore, ma l’immagine che la Russia dà di sé all’esterno, che si riflette inevitabilmente su chi ha con essa relazioni. Il mondo del Nord Stream è il terreno di incastro perfetto, e una certa consapevolezza sembra essersi costruita anche in Russia.
Nel memorandum su un Eurobond a 8 anni (emesso in dollari, dal valore di 500 milioni) preparato per gli investitori Gazprom – gigante russo del gas che sta spingendo per la chiusura dell’ultimo centinaio di chilometri del gasdotto – si è trovato costretto ad ammettere che il Nord Stream 2 rischia di “essere sospeso o addirittura cancellato”. È una consapevolezza descritta con una causa, “pressioni politiche”, usata anche come arma difensiva, sebbene molto di realistico ci sia dietro: “Pressioni statunitensi rozze e illegittime” le ha definite il portavoce del Cremlino, che finge di non comprendere il peso strategico del collegamento e la necessità che gli Stati Uniti hanno nell’evitarlo perché la Russia e la Germania non si saldino pericolosamente.