La digitalizzazione è la seconda voce di spesa nel Recovery fund. Oltre 46 miliardi per rendere il Paese più forte e sicuro. Un’occasione da non perdere
Nell’ultima bozza del Recovery Plan italiano ci sono ben 46 miliardi di euro destinati ai progetti di digitalizzazione. Cioè più di un quinto del totale dei progetti, che supera i 222 miliardi. Semplificazione, transizione 4.0, fibra ottica, 5G, sistemi satellitari: quei 46 miliardi riguardano questo e molto altro. Misure urgenti per il Paese, per il suo sviluppo e per la sua sicurezza.
La digitalizzazione è la seconda delle sei missioni individuate per ammontare delle risorse allocate: davanti a essa c’è, infatti, soltanto il capitolo dedicato a rivoluzione verde e transizione ecologica. La missione si struttura in tre componenti. La prima riguarda le infrastrutture, fisiche e non, dalla rete ferroviaria ai porti fino alla banda larga. La seconda concerne invece la pubblica amministrazione, con l’intenzione di portare online buona parte dei servizi oggi accessibili soltanto presso gli uffici. E in questo ambito rientrano anche le risorse destinata alla sanità, con l’intento di rafforzare l’assistenza di prossimità e sostenere la telemedicina. La terza riguarda le imprese e gli incentivi per dotarsi di strumenti digitali avanzati per le comunicazioni e il commercio.
Nello specifico, 11,3 miliardi sono per la “digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella pubblica amministrazione”, 26,6 miliardi per la “digitalizzazione, ricerca e sviluppo e innovazione del sistema produttivo” e 8 miliardi a “turismo e cultura”.
Il 26 agosto del 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2019, che istituisce il Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Già allora, nel mezzo delle trattative che portarono dal Conte I al Conte II, Stefano Mele, avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, lanciava un appello dalla pagine di Formiche.net: “i temi dell’innovazione tecnologica e della sicurezza cibernetica divengano finalmente centrali nell’agenda politica del prossimo governo, qualunque esso sia”. E ancora: “Il nostro futuro – è sotto gli occhi di tutti – passa soprattutto attraverso l’innovazione tecnologica, che a sua volta per funzionare si deve necessariamente sorregge sulla sicurezza cibernetica. Se ciò è vero, allora, l’innovazione tecnologica e la sicurezza cibernetica devono diventare uno degli elementi cardine della nostra politica nazionale, come lo sono già in altri Paesi”.
Parole scritte prima della pandemia. Che per questo suonano ancora più attuali oggi, alla luce della crisi che stiamo attraversando e delle opportunità che non possiamo permetterci di non cogliere.
“Governare significa trovare le soluzioni fondamentali che fanno bene al Paese e chi ne ha più bisogno”, spiegava alcuni giorni fa il professor Luciano Floridi a Formiche.net. Qualche esempio? Oltre a “gestione della pandemia, del lavoro, miglioramento della scuola ed evasione, il professore citava innovazione, ristrutturazione dell’amministrazione pubblica e investimenti strutturali per il futuro.