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Chip e vaccini. Così Giorgetti e Le Maire riscrivono l’autonomia Ue

Nell’incontro di venerdì i ministri Giorgetti e Le Maire hanno discusso di come rilanciare le aziende francese e italiana Sanofi e Reithera per aumentare la produzione domestica di vaccini, Sputnik arriverà tardi e non è necessario. Sui microchip un nuovo Ipcei con l’italo-francese Stm e il supporto del Cnr italiano

Un asse italo-francese, dai vaccini ai microchip. Sono lontani i tempi delle foto con i gilet jaunes e dei dissapori sovranisti. L’Italia di Mario Draghi ha scelto la Francia di Emmanuel Macron come partner europeo privilegiato per la ripartenza.

La visita a Roma del ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire, che nella capitale la scorsa settimana ha incontrato i ministri della transizione digitale Vittorio Colao, dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti e dell’Economia Daniele Franco, conferma un riassetto in corso delle geometrie europee. Così come, pochi giorni prima, la telefonata di Draghi a Macron per studiare il rilancio d’immagine di AstraZeneca dopo un incauto stop della campagna vaccini partito da Berlino.

Il feeling emerso fra Giorgetti e Le Maire durante il loro primo faccia a faccia a Via Veneto, in particolare, è un segnale politico non banale per il leghista più vicino a Draghi. Anche perché Le Maire è molto più di un ministro di Macron: è uno dei più probabili suoi successori all’Eliseo. Dall’intesa è nato un preciso piano d’azione. L’“autonomia strategica” europea, declinata fra Roma e Parigi, poggia su quattro pilastri.

La collaborazione sull’industria aerospaziale, celebrata con l’annuncio della fornitura da parte di Avio di dieci lanciatori Vega C (evoluzione dell’attuale Vega) ad Arianespace, la società francese che commercializza i vettori spaziali europei. L’idrogeno, con l’impegno di approvare entro il 2021 un nuovo Ipcei (Importante progetto di interesse comune europeo) su tutte le componenti della filiera, dagli elettrolizzatori ai serbatoi.

Infine gli ultimi due: i vaccini e i microchip. Con un altro francese, il commissario Ue al Mercato Interno e membro della task force Ue sui vaccini Thierry Breton, insieme ai vertici dell’Aifa e di Farmindustria, Giorgetti ha già discusso dal vivo di un piano di riconversione industriale della filiera farmaceutica e biomedicale per potenziare la produzione dei vaccini in Italia.

Fra le difficoltà evidenziate dalla prima mappatura, tanto in Francia quanto in Italia, spicca la penuria dei bioreattori, cioè i macchinari necessari per produrre il “bulk”, il principio attivo. Un ostacolo che si somma ai ritardi della campagna vaccinale europea, con la Commissione Ue sul piede di guerra con l’azienda anglo-svedese AstraZeneca perché, ha tuonato questo martedì l’italiana a capo della DG Sante, Sandra Gallina, sta producendo il vaccino anti Covid-19 “solo in uno stabilimento su cinque” di quelli previsti dal contratto.

Il dossier vede comunque Italia e Francia impegnate ad accelerare per sottoporre all’approvazione dell’Ema due vaccini home made. Venerdì Le Maire e Giorgetti hanno in particolare discusso della situazione di Reithera e Sanofi. La sperimentazione del vaccino italiano dell’azienda biotech di Castel Romano, partecipata al 30% da Invitalia, procede a ritmi spediti, con la seconda fase che ha ricevuto già l’ok dell’Aifa ed è stata valutata positivamente dal Comitato etico dell’Inmi Spallanzani.

L’obiettivo è ottenere un via libera dall’Ema già per questa estate. L’azienda, da parte sua, ha annunciato di poter raggiungere una capacità produttiva di 100 milioni di dosi l’anno. Avanza a rilento invece la messa a punto del vaccino di Sanofi, che però ha presentato un ambizioso piano di produzione di vaccini americani nei suoi stabilimenti: secondo le stime dell’azienda, da luglio produrrà oltre 100 milioni di dosi di Pfizer-Biontech e, dal terzo trimestre del 202, 12 milioni di dosi al mese del vaccino di  Jannsen (Johnson and Johnson).

La spinta sull’acceleratore di Francia e Germania ha anche implicazioni di politica internazionale. Sia Giorgetti sia Breton e Le Maire hanno chiarito in queste settimane che l’Europa non avrà bisogno di vaccini russi o cinesi. Da maggio in poi, quando gli Stati Uniti avranno finito di vaccinare la popolazione adulta, per l’Europa non si porrà più un problema di stock dei vaccini quanto di una distribuzione efficace e dell’export dei farmaci, americani e non, prodotti sul suolo europeo.

Anche per questo il tema del vaccino russo Sputnik V, di cui l’Ema ha avviato una revisione, non è al momento sul tavolo italo-francese. I tempi per l’approvazione sono troppo lunghi: tra il semaforo verde di Amsterdam, quello successivo dell’Aifa e l’avvio della produzione (finora ferma in Europa), potrebbe essere disponibile per il 2022, quando ormai il mercato sarà inondato da vaccini europei e americani, oltre che italiani, con Reithera e Curevac.

Su un altro fronte caldo a Bruxelles, i microchip, l’intesa Giorgetti-Le Maire ha dato i suoi frutti. La pandemia ha messo a nudo la dipendenza europea dal mercato americano e asiatico. Già all’inizio del 2018 quattro Paesi europei, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, avevano lanciato un Ipcei per sviluppare microprocessori di nuova generazione. Ora Francia e Italia vogliono mettersi alla guida di un nuovo Ipcei sui microchip su tutta la filiera, dalla produzione al packaging e all’integrazione. Al timone ci sarebbe il campione europeo del settore e tra le aziende leader mondiali, l’italo-francese Stm (Stmicroelectronics), e il progetto si avvarrà del supporto scientifico del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).


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