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I debiti affossano la Bri africana. La ritirata di Pechino

Nel 2020 sono crollati i prestiti delle banche cinesi per finanziare la via della Seta in Africa. Colpa dell’alto debito del Continente Nero e delle pressanti richieste di ristrutturazione pervenute da molti Paesi africani. In compenso, avanza l’India…

Il mal d’Africa si fa sempre più acuto per la Cina. Solo pochi mesi fa, come raccontato da Formiche.net, avevano cominciato ad aprirsi le prime crepe nella via della Seta cinese nel Continente nero, con i governi locali che, complice l’alto debito, avevano iniziato a mettere in discussione i piani di rimborso dei prestiti concessi da Pechino per finanziare le gigantesche infrastrutture da realizzare in Africa (strade e ferrovie su tutte), soprattutto in Kenya. E chiesto sostanziose ristrutturazioni del debito. Ora, i nodi stanno venendo piano piano al pettine, perché ci sono i numeri a certificare quello che ha tutta l’aria di essere un generale ripiegamento della via della Seta afro-cinese.

Viste le difficoltà per le banche statali cinesi, a loro volta alle prese con le insolvenze domestiche di imprese e famiglie, di rientrare dei prestiti erogati, ha deciso di ridurre progressivamente il volume dei flussi di denaro destinati all’Africa. I numeri sono quelli della Johns Hopkins University, messi nero su bianco in un report citato dal Financial Times.  Ebbene, se fino a cinque anni fa il volume dei prestiti annui erogati dall’ex Celeste Impero si aggirava sui 28 miliardi di dollari, a fine 2020 i finanziamenti hanno toccato quota 7 miliardi, contro i 9,9 miliardi di dollari dell’anno precedente.

I numeri dimostrano come nei fatti la Repubblica Popolare abbia iniziato ad abbandonare il Continente Nero, spostando il baricentro altrove. Le banche cinesi, spiega il rapporto, hanno tagliato i prestiti ad Angola, Camerun, Gibuti, Etiopia e Repubblica del Congo. I principali mutuatari sono stati Ghana, Sud Africa, Egitto, Costa d’Avorio e Nigeria. “Quest’anno, lo Zambia , è diventato il primo paese africano a dichiarare insolvenza verso i suoi creditori internazionali, sottoscrittori di titoli pubblici. E il mese scorso l’ Etiopia , un altro grande debitore verso la Cina, ha chiesto la cancellazione del debito nell’ambito di un programma del G20 progettato per i paesi le cui economie stanno soffrendo a causa della pandemia”, mettono in chiaro gli esperti.

Insomma, la via della Seta cinese rischia di franare, almeno in Africa. “L’attuale interesse della Cina per l’Africa e l’America Latina si sta mostrando la peggiore forma di colonialismo. Il debito cinese è come una droga e diventa una dipendenza “, ha detto uno degli analisi autori del rapporto Kiiza. “I cinesi e le loro società di costruzioni potrebbero migliorare la loro reputazione se partecipassero a gare d’appalto aperte. Se la caverebbero molto meglio se avessero una regola sui processi di offerta competitivi.”

Ma per un Paese in ritirata, ce ne è uno che avanza. L’India. Negli ultimi anni il gigante asiatico a sud di Pechino ha infatti intensificato le sue ambizioni globali con un nuovo impegno con i paesi africani. Lo dimostra il fatto che il commercio bilaterale tra Nuova Delhi e l’Africa è passato da 7,2 miliardi nel 2001 a  63 miliardi nel 2017-18. A punto che oggi l’India è la terza più grande destinazione di esportazione e il quinto più grande investitore del continente africano.


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