In Libia, mentre procede il processo di stabilizzazione verso le elezioni convocate per il 24 dicembre, il delegato Onu Kubis riapre il canale di colloqui con Haftar per non lasciarlo isolato
Il capo dei ribelli dell’Est libico, Khalifa Haftar, ha ricevuto domenica 28 marzo il delegato speciale delle Nazioni Unite, Jan Kubis. L’incontro, al Comando Generale haftariano di Al-Rajma (in Cirenaica, vicino Bengasi), è una notizia piuttosto interessante — non tanto per i contenuti, ma per ciò che rappresenta. Da mesi infatti Haftar era stato escluso dai contatti formali internazionali che riguardano la Libia.
Il Paese da poche settimane ha un nuovo governo, frutto di un intervento diplomatico dell’Onu (e della cosiddetta Comunità internazionale) che ha istituito il Foro di dialogo libico, a cui Haftar non ha partecipato formalmente. Di più: il presidente del parlamento HoR, Agila Saleh, si è intestato la rappresentanza della Cirenaica. In accoppiata con l’ex ministro degli Interni, Saleh rappresentava la prima scelta degli interlocutori esterni, salvo poi essere sconfitto al voto dei rappresentanti libici dal ticket guidato da Abdulhamid Dabaiba (attuale premier). Ma Saleh ha fatto un accordo con Dabaida e, garantendogli la fiducia parlamentare, ha ottenuto uomini all’interno dell’esecutivo che traghetterà il Paese verso nuove elezioni.
Rimasto isolato dal processo, mentre partecipava ad altre operazioni intra-libiche, Haftar ha dato segnali di nervosismo. Soprattutto il rischio è che alcuni attori esterni possano sfruttarlo per i propri interessi. E questo anche perché due dei suoi principali sostenitori, Emirati Arabi e Russia, non sono troppo attivi attorno al nuovo governo – a differenza dell’Egitto che invece ha svolto azioni di dialogo.
E mentre Abu Dhabi si sta in parte ritirando dal dossier libico nell’ottica di costruirsi un’immagine di dealer più ampia (e sganciata dall’avventurismo militare), Mosca sembra interessata a un rafforzamento. Attività che procedono nell’ambito della plausible deniability perché condotte attraverso contractor privati come il Wagner Group – che lavorano per il Cremlino, ma da cui il Cremlino formalmente si dissocia.
L’idea di Kubis è probabilmente mantenere aperto un contatto d’interlocuzione con Haftar per non farlo piombare in posizioni problematiche che possano far saltare il tavolo negoziale.
Tanto più registrando un po’ di nervosismo tra i ranghi della sua milizia; nervosismo che facilmente in Libia si traduce con l’uso delle armi. E a maggior ragione se si considera che la relazione con Haftar è stata importante per la riapertura dei pozzi petroliferi (che il miliziano aveva occupato anche grazie alla Wagner); per la costruzione di un tasso di cambio unificato e di un bilancio unico; per il cessate il fuoco, mediato e controllato da un comitato detto “5+5” perché composto da comandanti militari della Tripolitania e della Cirenaica haftariana.
Ora Kubis ha il compito di proteggere l’allineamento d’astri che ha portato al governo unitario, e nel farlo cerca di dimostrare disponibilità anche verso Bengasi.
Il diplomatico ceco ha un approccio differente rispetto a chi l’ha preceduto (l’americana Stephanie Williams, chiamata a rivestire il ruolo ad interim dopo le dimissioni del libanese Ghassan Salamé): l’inclusione serve anche a evitare che Haftar diventi un exclave russa – fermo restando che la presenza della Russia in Libia è considerata un problema da Ue, Usa e Nato, che temono che Mosca vi si stabilisca in modo permanente.
L’incontro con Kubis conferma lo status assolutamente unico di cui gode il capo miliziano della Cirenaica, che formalmente non ha ruoli nella nuova autorità esecutiva, non ha preso parte al Foro, ma viene comunque visto ancora come una figura con cui non perdere completamente il contatto – nonostante su di lui pesino fatti gravissimi, come gli attacchi ai civili durante l’assalto di Tripoli (aprile 2019 – giugno 2020).