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Libia, l’importanza della visita di Di Maio. Il punto di Ruvinetti

L’Italia è il primo interlocutore (e non solo per tempo) del nuovo governo libico Gnu. Un ruolo fondamentale che Roma può svolgere anche con la sponda di Washington

La visita di Luigi Di Maio a Tripoli, primo alto funzionario governativo occidentale a incontrare la nuova autorità esecutiva libica uscita dal Foro di dialogo organizzato dall’Onu, è stata certamente un successo diplomatico per l’Italia – frutto tra l’altro di un’attività continua dell’ambasciata, dell’inviato speciale nominato dalla Farnesina, e del lavoro straordinario dell’intelligence, realtà istituzionali italiane che si sono sempre mosse come interlocutori in tutto il Paese.

Molto incentrata su un rinnovato approfondimento delle relazioni economico-commerciali tra la Penisola e la Libia, ha visto tra i protagonisti anche l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi: fattore non secondario, perché l’azienda di San Donato Milanese è di fatto – confermato ieri nell’incontro con il nuovo premier del Governo di unità nazionale, GNU, Abdelhamid Dabaida – la cerniera tra Roma e Tripoli.

Per altro, arriva in un momento fondamentale per la riconciliazione: ossia, mentre nasce un governo sostenuto dal parlamento HoR e sotto egida Onu, che è una forma di stabilizzazione cruciale per il futuro della Libia, ma anche del Mediterraneo in generale. Per questo, la presenza dell’Italia è indispensabile – così come quella del resto della Comunità internazionale, a cominciare dall’Ue, che invierà i ministri degli Esteri giovedì 25, quando Di Maio farà da Cicerone per così dire – in un momento in cui questo nuovo esecutivo va assistito da vicino e costantemente come un neonato.

Non dobbiamo sottovalutare infatti che non più di un anno fa c’era la guerra in Libia, e chi l’aveva avviata – il capo miliziano dell’Est, Khalifa Haftar – continua a essere in una posizione per così dire critica riguarda al GNU. E nel suo caso con “critica” intendiamo sempre sul punto di lanciare azioni armate. Sembra infatti che a Bengasi ci siano molti malcontenti sul processo di unificazione delle istituzioni (da quelle economiche a quelle politiche e sociali), che per altro era già stato avviato dal governo che precedentemente sedeva a Tripoli, con un’attività particolare svolta dall’ex vicepremier Ahmed Maiteeg.

Per questo il sostegno italiano è fondamentale, anche perché può essere agganciato a un gioco di sponda fatto con gli Stati Uniti. La visita di Di Maio in questo diventa ancora più importante, perché anticipa un incontro che il ministro avrà col suo omologo di Washington, Anthony Blinken, come anticipato su Formiche.net. Si sa d’altronde che gli Usa sono interessati alla Libia perché vedono il rischio della Russia crescere dietro a Haftar (per gli americani la presenza dei russi in Libia è un problema profondo, perché si sovrappone alle proiezioni nel Mediterraneo).

 


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