Vertice tra Di Maio e Le Drian: la Libia al centro dell’incontro italo-francese, con il ministro italiano che sottolinea l’importanza del processo di stabilizzazione in corso e del passaggio cruciale dell’ottenimento della fiducia parlamentare da parte della nuova autorità esecutiva
La Libia è stato il centro delle discussioni odierne tra i ministri degli Esteri di Italia e Francia, Luigi Di Maio e Jean-Yves Le Drian. In conferenza stampa congiunta dalla Farnesina il primo ha annunciato un “confronto tra intelligence” in quanto “dobbiamo lavorare insieme per massimizzare il ruolo di tutti i Paesi limitrofi alla stabilizzazione della Libia”, sottolineando che la situazione sul terreno rimane “preoccupante” e ribadendo la necessità che “cessino tutte le violenze e sia attuato l’embargo delle armi”.
La situazione è effettivamente complessa, con divisioni Est-Ovest che permangono nonostante dal Foro di dialogo onusiano siano usciti i nomi di una nuova autorità esecutiva che dovrebbe traghettare il Paese verso le elezioni di dicembre. Anzi, negli ultimi giorni le dinamiche politiche sono diventate anche più tese dopo che dalla Francia la AFP aveva pubblicato informazioni su un report Onu che parlava di una compravendita di voti per favorire la vittoria del premier designato Abdul Hamid al Dabaiba. Vicenda che l’ufficio del futuro primo ministro liquida come “fake news” ma che sta complicando il processo di voto della fiducia da parte del parlamento HoR.
La fiducia, per ora programmata per l’8 marzo ma potrebbe slittare alla pubblicazione definitiva da parte delle Nazioni Unite del report anticipato dal media francese, è un passaggio cruciale – la “strada maestra” del processo di stabilizzazione del Paese lo ha definito Di Maio. “La Libia è entrata in una fase cruciale del suo percorso, un’importante transizione, un risultato per cui la Comunità internazionale ha profuso grandi sforzi, in particolare le Nazioni Unite”, ha continuato il ministro italiano, ricordando che l’importanza della “tenuta della data delle elezioni fissate il 24 dicembre 2021”, della “attenuazione della crisi socio-economica” e infine della “piena attuazione dell’accordo sul cessate il fuoco del 23 ottobre scorso, incluso il competo ritiro di mercenari stranieri.
Questo secondo punto è attualmente morto. Le forze straniere schierate dalla Turchia in Tripolitania e da Egitto, Emirati Arabi e Russia in Cirenaica – le prime per difendere, le altre per sostenere l’assalto haftariano – sono di fatto tutte lì, come precisato da un altro report Onu che le quantifica in 20mila unità. Secondo l’accordo di cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite, passaggio che ha dato il via al processo negoziale che ha portato al voto su Dabaiba avrebbero dovuto lasciare il Paese il 23 gennaio.
“Abbiamo ribadito la necessità di un’immediata cessazione delle violazioni dell’embargo di armi e abbiamo confermato l’importanza della missione Irini in materia di sostegno all’embargo e ai traffici illegali”, ha detto Di Maio, citando la missione guidata dall’ammiraglio Fabio Agostini schierata dall’Europa per monitorare il traffico d’armi in Libia – teoricamente sotto embargo Onu da diversi anni, di fatto costantemente violato da quegli attori che hanno foraggiato la guerra sui due lati e che ancora procedono con il rafforzamento di una presenza che sta diventando sempre più la costruzione di una sfera di influenza. Aspetto questo che ha riacceso un po’ di interesse da parte degli Stati Uniti sul dossier.
Di Maio ha ringraziato “la Francia per il significativo contributo a Irini, i cui risultati sono tangibili e possono migliorare. Abbiamo inoltre apprezzato l’invio di un advanded team Onu che speriamo possa portare a ulteriore dispiegamento di osservatori delle Nazioni Unite”. In passato la Francia ha avuto un atteggiamento ambiguo sul dossier libico: mentre sosteneva in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza il tentativo dell’Onu di costruire un governo di unità nazionale, clandestinamente sosteneva le istanze di Khalifa Haftar, che quel processo di unità voleva minare per intestarsi il Paese come nuovo raid.
L’obiettivo francese era il contenimento del terrorismo e l’allinearsi a quell’asse di sponsor esterni. In un paio di occasioni erano uscite informazioni sulla presenza di unità francesi al fianco di Haftar. A luglio del 2016 tre operativi dell’intelligence francese Dgse rimasero uccisi in un elicottero russo al servizio degli haftariani, colpito da un razzo anti-aereo di una milizia vicino a Bengasi.