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Londra-Libia. Business, petrolio e geopolitica

Di Uberto Andreatta e Emanuele Rossi

Il Business Council Londra-Tripoli organizza incontri che dal petrolio e dalla transizione energetica si allargano alla geopolitica mediterranea e nordafricana

Intervenendo al Libya Investment Forum 2021, giovedì 10 giugno, il presidente della National Oil Corporation, Mustafa Sanalla, ha parlato del lancio di nuovi progetti per far avanzare il settore petrolifero libico, del rinnovo dei giacimenti petroliferi fuori servizio, dell’ottenimento del massimo beneficio dalle energie rinnovabili e soprattutto della necessità di attrarre nel paese investitori stranieri. L’evento ha due linee interessanti, una esogena e una endogena.

La prima riguarda gli organizzatori stessi dell’evento, Libyan British Business Council (LBBC), insieme al mensile Petroleum Economist. Dimostrazione di come nel Regno Unito torni interesse su Tripoli; potenziale investitore esterno tra quelli di cui parla Sanalla. Affacciata sullo Stretto di Sicilia, la Libia segna un punto talassocratico per chi cerca la proiezione globale – la Global Britain post-Brexit di Boris Johnson – verso Suez e l’Indo Pacifico.

Presidi strategici oltre Gibilterra sono necessari per Londra, che attualmente sfrutta Malta in forma di presenza più diretta e la proiezione tramite forme multilaterali e più indirette. Basta pensare che all’interno della portaerei “HMS Queen Elizabeth”, ospite del porto strategico siciliano di Augusta, si sono svolti gli incontri tra il ministro della Difesa inglese (che con Gabriele Carrer ha parlato anche di Libia) e quello turco e italiano. Con i primi due che in quegli stessi giorni erano in Libia per incontri con funzionari del Governo di unità nazionale (il turco per altro accompagnato da un’affollata delegazione).

L’esecutivo di Tripoli – che ha il compito di portare la Libia verso la stabilizzazione che arriverà dopo le elezioni auspicate per dicembre – è in contatto continuo con le cancellerie internazionali. Londra non è fuori da questo giro, e sta prendendo la strada della cooperazione economica, sia con la Libyan Investment Authority (con cui è attiva una partnership che riguarda le strutture e il sostegno per l’inserimento del fondo sovrano libico nel sistema dei Santiago Principles) e sia con la petrolifera di Sanalla.

L’approccio economico su questo campo riguarda soprattutto lo slancio verso la Libia del futuro. Lo stesso Sanalla ha delineato durante il Business Forum di pochi giorni fa la traiettoria. Da un lato la necessità di spingere il settore oil&gas, perché è attualmente la fonte economica principale del paese. Con una doppia consapevolezza: primo, sfruttare il più possibile le potenzialità estrattive per evitare di trovarsi in futuro con un bene bloccato sottoterra e inutilizzato, il cui valore rischia di scemare per via della spinta alla transizione energetica.

È questa la seconda consapevolezza. La Libia si trova a dover rilanciare le proprie riserve di materie prime per energie fossili in un momento in cui il mondo si sposta verso la decarbonizzazione. Trasformare parte del deserto libico in campi solari potrebbe essere la necessità del futuro, ma nel frattempo Sanalla chiede assistenza agli investitori stranieri (inglesi, francesi e certamente italiani) per sistemare intanto le infrastrutture dell’oil&gas.

È qui che si gioca la sfida dei partner della NOC, perché il compagno strategico su cui la petrolifera potrà contare sarà colui che offrirà le migliori condizioni carbon neutral, non tanto richieste dai libici quanto dagli investitori dei giganti dell’energia. Transizione energetica significa anche indipendenza energetica: Tripoli ne ha consapevolezza alla stregua degli attori esterni che ruotano attorno alla Libia. Da quell’indipendenza dipenderà, quasi per ossimoro, anche la capacità di giocare influenza sul quadro libico e nordafricano.

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