Secondo Bassiri Tabrizi, esperta di Iran del RUSI di Londra, il rapporto tra Teheran e i Talebani ruoterà attorno a una necessità pragmatica dei primi: mantenere condizioni di stabilità
L’Iran condivide 921 chilometri di confine con l’Afghanistan, e basterebbe già questa immagine per comprendere quanto possa essere importante per Teheran avere contatto con quanto succede a Kabul. A maggior ragione adesso, con la ricomposizione dell’Emirato islamico talebano, riferimento di successo del jihadismo sunnita che in teoria considera gli sciiti apocrifi e la Repubblica islamica iraniana il simbolo dei nemici interni all’Islam.
Teoricamente però: perché il rapporto tra Iran e Talebani è più complesso e articolato. Relazioni di interesse reciproco, basate sul pragmatismo piuttosto che sull’ideologia. È così che gli iraniani hanno sempre trattato i jihadisti sunniti, che siano al Qaeda e Talebani, e perfino lo Stato islamico. Teoricamente nemici esistenziali, parte però della prammatica de il-nemico-del-mio-nemico-è-mio-amico contro gli Stati Uniti e contemporaneamente tenuti protetti e buoni per evitare attacchi sul proprio territorio.
Un esempio per restare su fatti recenti: Abu Muhammad al-Masri, numero due di al Qaeda, è stato ucciso in una killing mission del Mossad a Teheran, dove viveva tranquillo — e sostanzialmente protetto dai Pasdaran. Per l’Iran il tema ruota attorno alla questione sicurezza, sia dal punto di vista del terrorismo, ma anche della potenziale crisi migratoria che la Repubblica islamica potrebbe subire e per il rischio di ripercussioni connesse a un’eventuale guerra civile, spiega Aniseh Bassiri Tabrizi dell’International Security Studies del RUSI di Londra.
“Quello che è successo è visto con preoccupazione a Teheran, che non sperava certo in questo risultato finale. La presa del potere da parte dei Talebani mette gli iraniani nella necessità di evitare tensioni dirette con il gruppo afghano”, spiega l’analista a Formiche.net.
Gli iraniani hanno rapporti sufficientemente buoni con alcune delle fazioni interne ai Talebani, ma non con tutte, “e comunque – continua Bassiri Tabrizi – questo non fa stare tranquillo l’Iran, che sa che il Pakistan e anche l’Arabia Saudita hanno relazioni in grado di influenzare molte altre di quelle componenti talebane e questo sfiducia gli iraniani”.
Secondo l’analista del think tank inglese, l’obiettivo nell’immediato sarà quello di cercare di approfondire le connessioni per non perdere influenza (o possibilità di determinare in qualche modo quanto succederà in futuro), “d’altra parte terranno anche attivo un eventuale piano B, ossia l’opzione di riserva nel caso che i Talebani intraprendano una politica ostile propria o dettata da quei paesi rivali dell’Iran”.
La priorità di mantenere stabilità si lega a quella del cercare di giocare influenza, ma lo scetticismo generale dell’Iran porterà i pianificatori di Teheran a non scommettere su quanto succede in Afghanistan. Sebbene dal declassamento delle condizioni di sicurezza paradossalmente potrebbero anche emergere spazi di azioni per gli iraniani e i gruppi armati connessi come gli afghani del Liwa Fatemiyoun. Per ora però l’obiettivo è la stabilità.
Una delle prime mosse reciproche riguarda l’export petrolifero: i Talebani hanno richiesto benzina e gasolio all’Iran, e – come ha confermato alla Reuters il portavoce della Gas and Petrochemical Products Exporters’ Union iraniana – i flussi verranno ripresi. L’Afghanistan è in una condizione economica devastante, il rifornimento energetico è una necessità minima per dare condizioni di vita possibili alla popolazione, e per questo i nuovi governanti del paese avanzano le loro richieste.
Con le sanzioni americane che impediscono all’Iran l’export di molti prodotti (su tutti il petrolio e i suoi derivati), l’interesse è reciproco. La tratta commerciale è già aperta: tra marzo 2020 e marzo 2021, Teheran ha inviato 367 milioni di dollari di prodotti, per lo più di carburante verso le province di Kandahar e Nimruz. Ora, con il ritiro americano dal Paese e con il ritorno dei Talebani, queste relazioni potrebbe migliorare, anche perché il presidente Ashraf Ghani, legato agli Usa, aveva sempre cercato di limitare gli scambi.
A questo potrebbe agganciarsi parte del rapporto generale tra Iran e Talebani. Gli insorti ora al potere intanto in Afghanistan hanno detto di voler tener fede a un accordo di febbraio con cui riaprire il flusso del fiume Helmand verso l’Iran orientale, regione colpita dalla siccità. Gli Stati Uniti avevano costruito dighe e spinto i loro alleati nei governi afghani a interrompere l’approvvigionamento idrico verso la Repubblica islamica — dove la carenza di acqua è stata anche recentemente causa di disordini interni.