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Non solo Evergrande. Perché la crisi energetica cinese inguaia il mondo

La crisi energetica in cui è precipitata la Cina può essere un nemico molto più pericoloso rispetto alla bolla immobiliare il cui simbolo è il collasso di Evergrande. La prova? In poche ore le banche d’affari hanno già apportato le prime sforbiciate al Pil del Dragone

Una crisi nella crisi. La Cina scopre un altro fianco, rivelando ancora una volta al mondo intero tutta la sua fragilità. E così, nei giorni in cui il collasso di Evergrande mette a nudo i grandi problemi della seconda economia mondiale, esplode la crisi energetica che rischia di fermare l’ancora fragile ripresa globale. Tutta colpa di un cocktail micidiale.

ANATOMIA DI UNA CRISI (ENERGETICA)

La scarsità del carbone, la cui alta richiesta ha fatto impennare il prezzo a livelli record, sommata alle restrizioni per contenere le emissioni appena entrate in vigore hanno costretto intere fabbriche a fermarsi o, nel migliore dei casi, a rallentare la produzione di beni. Al punto che i fornitori di Apple e Tesla, tanto per fare un esempio, sono stati costretti a interrompere la produzione per qualche giorno proprio nella stagione più fiorente per i prodotti elettronici. Allargando lo spettro, il risultato è più o meno questo: case senza elettricità, fabbriche costrette allo stop dei macchinari e negozi a lume di candela. E persino semafori spenti.

Tutto, o quasi, nel Nord-Est della Cina, dove da settimane è aumentata la carenza di elettricità con almeno 17 tra province e regioni che hanno già annunciato tagli alla produzione di energia nel contesto di una crisi che si sta allargando sempre di più e che coinvolge un’area a cui si deve circa il 66% del prodotto interno lordo del Paese asiatico. A tutto questi si aggiunge l’aumento dei prezzi dell’energia, come dimostra l’andamento del gas naturale, che sta correndo a 6,12 dollari contro i 2,5 dollari di un anno fa. Ma perché tutto questo? Non poteva che esserci la pandemia di mezzo. A detta di molti economisti i produttori di energia hanno esaurito la quota per il 2021 più velocemente del previsto, poiché la domanda di esportazione è rimbalzata in seguito all’emergenza coronavirus. E ora si trovano in deficit.

PRIME SFORBICIATE AL PIL

Chi ci rimette è, innanzitutto, l’economia cinese. Le prima grandi banche d’affari internazionali hanno già cominciato a rivedere le stime 2021 del Pil del Dragone. Goldman Sachs, che all’indomani della crisi energetica ha stimato un tasso di crescita 2021 al +7,8%, rispetto al +8,2% del precedente outlook, mentre nel terzo trimestre il Pil annuale è previsto al +4,8% dal 5,1% stimato in precedenza. Non è tutto.

Per gli ultimi tre mesi dell’anno, Goldman Sachs ha tagliato il tasso al +3,2% dal 4,1%. “Le misure per ridurre le emissioni legate al carbone e una riduzione delle importazioni hanno influenzato i livelli di offerta, contribuendo a un forte aumento dei prezzi dell’energia”, hanno affermato gli analisti della banca americana, a cui si aggiungono “altri importanti rischi economici derivanti dalla crisi del debito di Evergrande”. Anche Nomura, principale banca d’affari giapponese, ha affondato la lama. La Repubblica Popolare crescerà del 7,7% dall’8,2% nel 2021, mentre la settimana scorsa anche Fitch aveva peggiorato le attese, dall’8,4% all’8,1%.

TUTTO IL MONDO É PAESE

Attenzione però, la crisi energetica cinese è affare di tutti e non di pochi. Di questo è più che convinto l’analista Gianclaudio Torlizzi, analista e fondatore della società di consulenza TCommodity, focalizzata sulle materie prime. “A causa degli strascichi del caso Evergrande ma soprattutto dell’energy crunch, l’economia cinese potrebbe registrare nel periodo giugno-settembre una performance trimestrale negativa e quindi una double dip dopo il -8,7% riportato nel primo trimestre 2020″, ha scritto su Twitter.

E ancora, “i media continuano erroneamente a focalizzarsi sul caso Evergrande, ma il vero rischio per l’economia mondiale è rappresentato dall’energy crunch che sta attanagliando la Cina”. D’altronde, “lo shock sul lato dell’offerta che ne conseguirà produrrà infatti una forte carenza di beni proprio in concomitanza con la stagione degli acquisti natalizi. Risultato: forte aumento inflazione in Europa e negli Usa”. Occhi aperti e cinture allacciate.

 


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