Il reddito di cittadinanza? “Da rivedere, occorre che dia un contributo anche sotto il profilo delle politiche attive”. Quota 100? “Se serve solo a pensionare prima i lavoratori, se ne può fare a meno”. Il lavoro da remoto della Pa? “È stato utilissimo, ma ora la priorità è tornare in presenza”. Parola di Valter Caiumi, presidente di Confindustria Emilia Area Centro, che rappresenta gli imprenditori delle province di Bologna, Ferrara e Modena
Il reddito di cittadinanza? “Da rivedere, occorre che dia un contributo anche sotto il profilo delle politiche attive”. Quota 100? “Se serve solo a pensionare prima i lavoratori, se ne può fare a meno”. Il lavoro da remoto della pubblica amministrazione? “È stato utilissimo, ma ora la priorità è tornare in presenza”.
Parola di Valter Caiumi, il presidente di Confindustria Emilia Area Centro, che rappresenta gli imprenditori delle province di Bologna, Ferrara e Modena. “Sul Piano nazionale di ripresa e resilienza la strada intrapresa dal governo guidato da Mario Draghi è quella giusta: sono fiducioso”, ha affermato in questa conversazione con Formiche.net Caiumi, che ieri ha partecipato al dibattito dal titolo “#RestartEmiliaRomagna. Sfide e priorità per il rilancio dell’economia regionale” organizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) con la media partnership del nostro giornale (qui il video integrale dell’evento e qui il Policy Brief redatto dai ricercatori del think tank).
Caiumi, partiamo dal reddito di cittadinanza che continua a tenere banco nel dibattito politico ed economico. Favorevole o contrario?
È molto legato alle circostanze di fatto che ne hanno accompagnato l’applicazione pratica: si tratta di uno strumento che ha certamente senso per salvaguardare un reddito minimo, ma che finora si è rivelato in qualche modo demotivante dal punto di vista delle politiche attive. Il reddito di cittadinanza, in particolare nei luoghi in cui il mondo del lavoro è maggiormente alla ricerca manodopera, è diventato un po’ un deterrente a che le persone accettino nuove opportunità.
Occorre dunque riformarlo in modo che favorisca anche l’occupazione?
Esattamente. Ha di sicuro una sua utilità, ma deve essere rivisto in modo da aiutare i cittadini a trovare un nuovo lavoro. Entrambe le componenti sono fondamentali, una sola non basta, come peraltro era stato previsto anche al momento della sua introduzione.
E di quota 100, invece, cosa ne pensa?
Partirei da questo presupposto: che nella situazione in cui ci troviamo non possiamo permetterci tutto ciò che vorremmo. Ricordo che il nostro Paese è molto indebitato: già lo eravamo prima dell’emergenza sanitaria e inevitabilmente, dopo la pandemia, i numeri si sono fatti ancora più pesanti. Di tutto questo dobbiamo ovviamente tenere conto.
Vuol dire che sarebbe meglio non rinnovare questa misura che, lo ricordiamo, scadrà a fine anno?
Quota 100 avrebbe dovuto sostenere l’occupazione giovanile e, quindi, consentire un pieno ricambio generazionale. Le cose però sono andate diversamente: se rappresenta solo un metodo per pensionare prima i lavoratori, credo se ne possa fare a meno.
Che giudizio dà finora all’operato del governo?
Va riconosciuto, ha fatto un ottimo lavoro intanto nel tracciare le priorità. Mi rendo conto che Mario Draghi non ha la bacchetta magica e che non può costruire in un anno quello che non abbiamo fatto in decenni. La strada intrapresa è certamente quella giusta.
Approvato il Pnrr, scatta ora la fase dell’execution per spendere in tempo e bene le risorse assegnate all’Italia. È preoccupato?
Per non sbagliare da questo punto di vista occorre una rinnovata sincronia tra il pubblico e il privato. Tutto il Paese deve agire in un’ottica di sistema con la s maiuscola. In molti lo dicono, ma in pochi lo fanno. Serve il contributo di tutti gli attori politici, economici e sociali chiamati davvero a muoversi all’unisono per consentire all’Italia di sfruttare appieno questa opportunità e voltare così definitivamente pagina.
In questa fase così delicata che tipo di attenzione chiedete invece alla politica? Quale errore non deve commettere?
Negli ultimi anni la politica si è troppo abituata a decidere sulla base di una logica quasi esclusivamente fondata sul consenso. In questo momento, però, serve uno spirito del tutto diverso. E’ un bene che ci sia Draghi a guidare questa fase, non potevamo certo permetterci di non cogliere questa occasione visto anche il ritardo che abbiamo accumulato in passato. Ecco quello che dico ai partiti è che ci vuole grande attenzione ora a poter pensare di andare a elezioni nei prossimi mesi.
Auspica dunque continuità, anche a Palazzo Chigi?
Assolutamente sì. Il governo Draghi rappresentava e rappresenta tutt’ora la migliore opzione per l’Italia.
Sull’utilizzo Green Pass – a proposito del quale Confindustria è schierata fortemente per un’estensione ai luoghi di lavoro – ci sono state resistenze da parte dei sindacati. È rimasto in qualche modo deluso da questo loro atteggiamento?
Direi di no, credo sia stato molto difficile anche per loro gestire questa situazione. Personalmente sono del tutto favorevole all’utilizzo del Green Pass così com’è stato previsto dal governo. E’ stata una scelta giusta, anche perché ha spinto numerosissimi cittadini alla vaccinazione. Appunto, è una questione di responsabilità e di coraggio. Le stesse che l’esecutivo ha deciso di assumersi con questa decisione.
Caiumi, ultima domanda sullo smart working nella pubblica amministrazione: ha ragione il ministro Brunetta a chiedere che si torni in presenza?
Iniziamo con il dire che più che lo smart working in questi lunghi mesi abbiamo fatto lavoro da remoto. Intendiamoci, è stato utilissimo in questo anno mezzo, ci ha permesso di affrontare la pandemia con maggiore disinvoltura. Tuttavia, credo ci sia ora adesso l’assoluta esigenza di superare lo stato di emergenza in cui abbiamo operato finora e di tornare in presenza. Dopodiché nulla osta che si possa varare un sistema misto che possa definirsi davvero smart working. Ma al momento direi che la priorità è il ritorno alla normalità.