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Si fa presto a dire pacifico. Lo Spazio (cinese) tra suborbitale e ipersonico

Pechino smentisce il test di un nuovo vettore ipersonico e parla di “veicolo spaziale riutilizzabile” destinato a scopi “pacifici”. Ma allora perché non c’è stata comunicazione come per le altre prove di tecnologia simile? La risposta tocca tre questioni a crescente rilevanza nel confronto tra potenze: la corsa all’ipersonica, l’attenzione alla riutilizzabilità nello Spazio e la (im)possibilità di attribuire natura “pacifica” agli assetti spaziali

La smentita di Pechino sul presunto test ipersonico nello Spazio è arrivata da Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese. Nelle ore precedenti, la notizia del Financial Times sul lancio ad agosto di un vettore con capacità nucleare in grado di superare l’atmosfera e rientrarvi a gran velocità aveva fatto il giro del mondo, anche per la “sorpresa” (secondo il quotidiano britannico) generata nell’intelligence americana. Ma, ha detto Lijian, non si è trattato di un missile ipersonico, bensì di “un veicolo spaziale”, una “prova di routine per verificare la tecnologia riutilizzabile”. Ciò, ha aggiunto, è “di grande significato per ridurre i costi dei veicoli spaziali”, nonché “un modo conveniente ed economico di utilizzare lo Spazio pacificamente”.

Eppure, come già notato dal FT, non è chiaro perché Pechino non abbia dato notizia del lancio, come è solita fare (seppur con comunicati stringati) per i test di veicoli “pacifici”. Così è stato a luglio, quando la China aerospace science and technology corp (Casc, principale azienda di Stato impiegata nella progettazione, realizzazione e impiego dei vettori spaziali) ha comunicato il lancio di un assetto “dimostrativo e riutilizzabile”, partito dal Jiuquan satellite launch center (nel nord-ovest del Paese) e poi atterrato presso un aeroporto distante 800 chilometri, situato nella Lega dell’Alxa, all’interno della regione autonoma della Mongolia cinese.

Maggiori dettagli erano arrivati a settembre 2020, quando Pechino aveva annunciato (tramite le sue agenzie di stampa) il test di un “velivolo sperimentale riutilizzabile”. Partito anch’esso da Jiuquan, spinto nell’orbita bassa terrestre (Leo) dal razzo cinese Lunga Marcia 2F, il mezzo era ritornato a terra due giorni dopo in planata. In quell’occasione, Chen Hongbo, ricercatore della Casc, notava che “il prossimo spazioplano volerà nell’atmosfera come un aereo”, indicando dunque uno sviluppo ulteriore verso un velivolo in grado di raggiungere lo Spazio senza l’utilizzo di un razzo vettore ma con il solo utilizzo del combustibile presente a bordo. Di razzo vettore non si è parlato invece nella comunicazione di luglio, e non è dunque da escludersi che possa trattarsi di un assetto diverso rispetto a quello provato a settembre 2020.

Manca invece un comunicato sul test riportato dal Financial Times, che parla esplicitamente di “hypersonic glide vehicle”, cioè missile a planata ipersonica, che avrebbe mancato l’obiettivo di circa 38 chilometri. Trattandosi di un vettore che rientra in atmosfera oltre Mach 5 (dunque sopra 1,7 chilometri al secondo), presenterebbe caratteri ben differenti rispetto a un “veicolo spaziale riutilizzabile”, formula generalmente attribuita agli spazioplani, in grado di riatterrare come gli aerei.

I temi sul tavolo toccano almeno tre aspetti che meritano attenzione. Primo, la corsa all’ipersonica. Secondo, la natura “pacifica” del test dichiarata da Pechino nella smentita. Terzo, l’attenzione comunque dimostrata alle tecnologie riutilizzabili. Sul primo punto ha detto tutto su queste colonne il generale Mario Arpino, notando come il dossier ipersonico si inserisca in una corsa tecnologica che vede le Repubblica popolare ben impegnata a erodere il vantaggio dell’Occidente. Ora, a prescindere dalla smentita cinese, l’attenzione all’ipersonica è innegabile da anni.

Nel 2019, grande protagonista della parata per il 70esimo anniversario della Repubblica popolare fu il DF-17, del quale il primo annuncio su un doppio test risale a novembre del 2017. Si tratta di un vettore balistico (Mrbm) che supera l’atmosfera per rientrarvi e acquistare maggiore velocità. A differenza dei tradizionali missili di questo tipo, però, il DF-17 si colloca nella proprio nella categoria dei veicoli a planata ipersonica (Hgv) poiché, dopo essere rientrato nell’atmosfera a un angolo più stretto, vola in planata spostando la parte finale della caduta balistica, il tutto a velocità ipersonica, superiore a Mach 5. Ciò rende il missile molto più imprevedibile, senza perdere manovrabilità, per un range che, nel caso del DF-17, si stima possa arrivare a 2mila chilometri trasportando testate convenzionali e nucleari. È proprio il DF-17 ad aver convinto gli Stati Uniti a dover accelerare nel campo della missilistica ipersonica, identificato anche dalla Nato come “una delle tecnologie che rivoluzioneranno il modo di fare la guerra”. Avrebbe un range fino a 2.500 chilometri e una precisione “nell’ordine dei metri”. L’anno scorso il South China Morning Post ne ha riportato il dispiegamento nel sud-est della Cina. Che Pechino stia già testato tecnologie nuove di questa categoria non sarebbe poi così sorprendente.

Il secondo tema riguarda la presunta natura “pacifica” del test cinese. Pur ammettendo che il test di agosto non abbia riguardato un vettore a planata ipersonica, c’è da chiedersi se sia davvero possibile attribuire l’aggettivo “pacifico” a un velivolo suborbitale. A luglio, due analisti americani, Taylor A. Lee e P.W. Singer, hanno lanciato l’avvertimento sulle colonne di DefenseOne: “Il programma spaziale della Cina è più militare di quanto si potrebbe pensare”. Come notato dai due, “le organizzazioni di pianificazione e direzione dello Spazio, le infrastruttura di terra che supportano i programmi spaziali e gli stessi taikonauti sono tutti sotto la competenza dell’Esercito popolare di liberazione”. Dunque, “comprendere queste connessioni è importante per qualsiasi piano di cooperazione con la Cina nello Spazio, governativo e commerciale”. Anche perché il confine tra i due appare particolarmente labile.

Come spiegava Simone Dossi, docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale presso l’Università Statale di Milano, non-resident research fellow del Torino World Affairs Institute (T.wai), l’aspetto “meriterà maggiore attenzione” tra quelli del XIV Piano quinquennale del Partito comunista cinese “non è tanto il quanto della modernizzazione militare, bensì il come”. Difatti, aggiungeva, “molta attenzione è stata dedicata in questi anni alla cosiddetta fusione militare-civile (jun-min ronghe), cioè all’integrazione fra settore della difesa e settore civile (pubblico e privato) per ridurre i costi e facilitare i processi di innovazione”. Ciò avviene anche nello Spazio, un comparto su cui Pechino ha puntato con decisione.

Ciò riguarda anche il misterioso “veicolo riutilizzabile” citato nella smentita di Pechino. Qualora trattasse dello spazioplano già testato nei mesi precedenti, avrebbe nuovamente senso l’affiancamento, ideale, col collega americano X-37B, lanciato in orbita per la prima volta nel settembre 2017 grazie al vettore Falcon 9 di SpaceX, e rimasto per 780 giorni di missione nello spazio. Sviluppato da Boeing, lo spazioplano è alto 2,9 metri, largo 8,9 metri e ha un’apertura alare di 4,5 metri, per un peso complessivo di 4.990 kg. Similmente a quanto verificatosi nel caso cinese, anche gli apparati statunitensi non hanno divulgato informazioni riguardo tutte le missioni svolte in orbita. In un precedente articolo per Formiche.net, l’ingegnere ed esperto aerospaziale Marcello Spagnulo aveva sottolineato l’importanza di questo tipo di velivolo: “Non si deve sottovalutare il ruolo strategico che questo drone del Pentagono avrà nella futura architettura militare della Us Space Force”. Tra le ipotetiche applicazioni ci sono pure quelle prettamente militari.

Infine, terzo aspetto, il tema della riutilizzabilità. “Molte aziende nel mondo hanno effettuato esperimenti simili”, ha spiegato Zhao spiegando la natura del test, atto a “verificare la tecnologia riutilizzabile del veicolo spaziale”. Lo sviluppo trova paternità nella rivoluzione impressa all’accesso allo Spazio da Elon Musk e dalla sua SpaceX. Nel citato XIV Piano quinquennale del Partito comunista cinese c’è una forte spinta allo sviluppo “commerciale” del settore cinese. Si prevede la costruzione di uno spazioporto dedicato al supporto delle attività spaziali private, ma anche, entro il 2035, lo sviluppo di un vettore super-pesante riutilizzabile, vale a dire un razzo capace di trasportare nello spazio uomini e materiale per le missioni di lungo periodo. Il progetto è in linea con una serie di mosse effettuate da Pechino per facilitare e supportare il proprio settore spaziale commerciale emergente, comparto che ha visto nel 2014 la prima apertura al capitale privato.


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