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I grillini divisi in Senato cercano la terza via. E Conte scricchiola

Nel momento in cui si stanno pianificando le strategie per l’elezione del Presidente della Repubblica, i 5 Stelle appaiono sempre più sfilacciati. Le elezioni del capogruppo in Senato sono la cartina tornasole. Ora, si apre la corsa per la presidenza del gruppo alla Camera

Il (bis)Conte dimezzato. Quella per l’elezione del capogruppo in Senato del Movimento 5 Stelle sarebbe dovuta essere, quantomeno nelle intenzioni, una prima prova di forza. Una sorta di imprimatur della nuova leadership del presidente Giuseppe Conte. Tra l’altro, dalle parti di Palazzo Madama si è sempre pensato che quello fosse il quartier generale dei fedelissimi dell’ex premier.

Invece la votazione di ieri ha dato un esito diverso: Ettore Licheri, contiano doc e capogruppo uscente, ha avuto un risultato pari a quello riscosso da Maria Domenica Castellone. Trentasei pari. Fino a poco prima della votazione, Licheri aveva dormito sonni tranquilli, forte del sostegno del nuovo leader. E invece la spaccatura è stata netta. Che questa sia la cartina di tornasole di un Movimento sempre più smarrito è evidente. Sarà il preludio anche di quello che potrà accadere alla Camera, dove Davide Crippa sta già pensando a una ricandidatura? Ai grillini l’ardua scelta.

Tuttavia, l’immagine che il Movimento restituisce di sé, in questo momento, è quella di un partito estremamente sfilacciato e che soprattutto non si riconosce nelle scelte operate dal nuovo presidente. Il carisma di Conte sta subendo diversi attacchi e probabilmente l’appeal, anche sui parlamentari, sta via via scemando. Sebbene lui parli di “confronto sano” perché entrambi i candidati si mostrano “pienamente orientati a perseguire il corso del Movimento”.

Il ministro Di Maio, in uno slancio dal sapore democristiano, sostiene che “Licheri e Castellone hanno la mia stima”. Il titolare della Farnesina mette in guardia i suoi, raccomandandosi di “evitare spaccature”. E’ evidente però che qualcosa si è già rotto. A rintuzzare il malumore sono probabilmente anche i tentennamenti che Conte ha mostrato su alcuni temi cari al Movimento. In più, il percorso mai terminato di una palingenesi che traghettasse il Movimento a partito ‘responsabile’ è benzina sul fuoco per chi non digerisce la normalizzazione.

La questione, in fondo, è la fatica a ricostruire un’identità in frantumi. Proprio quando il contesto generale chiederebbe compattezza. A completare il quadro c’è una parte di diffidenti che si è mostrata piuttosto dubbiosa sull’apertura di Conte rispetto all’ipotesi Draghi al Colle. Il suggello l’ha messo Domenico De Masi, nei giorni scorsi, nell’intervista a Formiche.net. Il fatto che Conte abbia apertamente manifestato la sua posizione su Draghi, “appiattisce” sempre di più il Movimento sulla linea del Pd. Nel frattempo, Di Battista assieme al fedele Villarosa, ha iniziato il suo tour nelle piazze. Fenomeno da attenzionare anche perché, come ha ben detto Massimiliano Panarari, potrebbe essere una spina nel fianco per il Movimento.

Ma il punto è un altro. Dopo ore di trattativa, si è arrivati alla decisione di spostare il secondo round per palazzo Madama tra cinque giorni. Da quanto si apprende, per uscire dall’impasse, si ipotizzano due strade. O una sorta di “ticket” fra le liste dei due sfidanti, anche per restituire un’immagine di compattezza. In alternativa, si potrebbe fare avanti un’altra candidatura. Questa seconda strada, sarebbe però più impervia e meno conveniente per tutti, dal momento che i due candidati dovrebbero di fatto ritirarsi dall’agone. Dall’esito della votazione, si capiranno tante cose. Una su tutte: a febbraio si vota per il presidente della Repubblica. Conte si è schierato, ma i ‘suoi’ lo seguiranno?

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