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Più budget ma meno collaborazione. Il report dell’Eda sulla Difesa europea

Nel 2020 la spesa per la Difesa dei Paesi europei ha raggiunto la cifra record di 198 miliardi di euro. Tuttavia, la porzione dedicata a programmi di collaborazione è diminuita del 13%, a quota 4,1 miliardi. Un campanello d’allarme per le ambizioni di Difesa comune dell’Ue, che spera di invertire il trend con le diverse iniziative in campo (Pesco ed Edf su tutte) e con l’attesissimo Strategic Compass

Gli Stati dell’Ue spendono di più per la Difesa, ma meno per progetti collaborativi. È quanto emerge dai numeri dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), che oggi ha pubblicato il rapporto annuale sui budget militari per l’anno 2020, illustrando nel dettaglio la spesa dei suoi 26 Stati membri, cioè tutti i membri dell’Unione meno la Danimarca. Come già evidenziato dai bilanci militari di tutto il mondo (in particolare delle superpotenze), la pandemia non si è fatta sentire su questo segmento della spesa pubblica. Al contrario, esacerbando criticità già presenti e alimentando le previsioni di un mondo più complesso e incerto, il Covid-19 sembra aver determinato una spinta ai budget della Difesa.

Nel complesso, i membri dell’Eda hanno speso 198 miliardi di euro per la loro Difesa nel 2020, un incremento del 5% rispetto al 2019, pari all’1,5% del Pil complessivo. Per avere un termine di paragone, si consideri che il Congresso americano sta discutendo una proposta di budget da almeno 740 miliardi di dollari per il Pentagono nel 2022. Per l’anno in corso, la Cina ha annunciato una dotazione di 209 miliardi di dollari, +6,8% rispetto al 2020, con un valore che potrebbe essere circa il triplo alla luce della parità di potere d’acquisto (ppa) se confrontato alle capacità americane (qui il focus).

Per i Paesi europei è comunque il sesto anno di crescita, che ha consentito di raggiungere il livello più alto mai registrato dall’agenzia europea da quando (nel 2006) ha iniziato le rilevazioni annuali. Sei membri hanno aumento i propri bilanci del 10%. Su 26 membri, in 19 hanno aumentato le spese. Tredici del 5% o più, mentre sei di oltre il 10%, consentendo così di lasciare in positivo il computo complessivo, bilanciando i sette Paesi che hanno invece ridotto i rispettivi budget (di circa 1,42 miliardi).

Gli investimenti hanno raggiunto quota 44 miliardi di euro, il 5% in più sul 2019, pari al 20% della spesa complessiva per la Difesa (target definito dalla Nato oltre alla quota del 2% del Pil). Solo tre Paesi dell’Eda investono meno del 10% del loro budget. Di quesi 44 miliardi, l’83% è stato dedicato al procurement vero e proprio, mentre il 17% (8 miliardi) è andato per ricerca e sviluppo. Nel dettaglio, per ricerca e tecnologia si sono spesi 2,5 miliardi, cifra “record” per l’Eda, possibile grazie agli impegni di Francia e Germania che “insieme hanno fornito oltre il 90% di tale incremento per R&T”. Per il numero uno dell’agenzia Jiří Šedivý, è “un segnale positivo a lungo termine, e spero che un numero maggiore di Stati membri investa in questo settore-chiave per la competitività e l’autonomia europea”.

Il campanello d’allarme per le ambizioni dell’Ue sulla Difesa comune suona per i numeri relativi alla spesa dedicata a programmi di collaborazione. Il procurement destinato a equipaggiamenti sviluppati in cooperazione tra i membri dell’Eda è valso nel 2020 circa 4,1 miliardi di euro (l’11% della spesa complessiva), meno 13% rispetto all’anno precedente. L’agenzia parla di “riduzione significativa”, pressoché costante dal 2016, che allontana l’obiettivo definito in ambito Ue del 35%. Ed è ancora più bassa la quota di progetti cooperativi nel segmento dedicato a ricerca e tecnologia (R&T), pari 143 milioni, il 6% della spesa destinata a tali attività. “La tendenza al ribasso della spesa collaborativa europea è particolarmente preoccupante”, ha ammesso Šedivý. Tuttavia, ha aggiunto, “ci sono ragioni per essere ottimisti sul fatto che questa tendenza verrà invertita negli anni a venire man mano che i progetti Pesco maturano, le aree di interesse Card vengono portate avanti e viene lanciato il Fondo europeo per la difesa”, che vale 7,9 miliardi di euro per i prossimi sette anni.

Il quadro è lo stesso da diversi anni. L’edizione 2020 della Card (la revisione coordinata annuale) mostrò un quadro in chiaro-scuro, riassunto dalla frase “elevati livelli di frammentazione e scarsi investimenti nella cooperazione” (leggere qui per approfondimento), richiamando dunque a un maggiore impegno e collaborazione da parte degli Stati membri, individuando ben 55 aeree di possibile cooperazione. L’auspicio è che la convergenza tra le molteplici iniziative possa aumentare la quota di progetti collaborativi. La nuova ondata di progetti Pesco ha rinfoltito la programmazione condivisa, mentre i primi bandi dell’Edf puntano a testare da subito la capacità di generare un circolo virtuoso di investimenti (tramite la formula del co-finanziamento) e a incentivare la cooperazione industriale. In arrivo poi la seconda edizione della Card, che dovrà evidenziare ancora una volta le aree su cui è più possibile “fare insieme”.

Tutto però dipenderà dalla volontà politica, e dunque dalla capacità di mettere insieme obiettivi e strategie. In tal senso, l’attesa maggiore è per lo Strategic Compass, la cui prima bozza è stata presenta il mese scorso da Josep Borrell. La spinta è attesa col semestre di presidenza francese, che inizierà a gennaio, considerando che Parigi ha già promesso determinazione in questo campo, con tanto di vertice tra i capi di Stato e di governo tutto dedicato alla Difesa.

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