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Sei italiane alla scoperta dei misteri del cosmo

Dai buchi neri all’osservazione della Terra, alla ricerca di vita extraterrestre. Nella giornata Onu delle donne e delle ragazze nella scienza, su Formiche.net e Airpress il futuro dell’esplorazione scientifica dell’Universo è stato raccontato dalle protagoniste di quest’avventura ai limiti della fantascienza. Cinzia Zuffada, Antonella Nota, Elena D’Onghia, Mariafelicia De Laurentis, Barbara Negri e Cristina Leone

Osservazione della Terra, esplorazione del cosmo, studio dei buchi neri, viaggi interplanetari umani e la ricerca della vita extraterrestre. Sembra fantascienza, ma è quello che hanno raccontato, supportate dalla realtà scientifica, le ospiti del live talk organizzato dalle riviste Airpress e Formiche “Spazio alla ricerca. Luna, Marte e oltre, occhi (italiani) sul cosmo”. Un’occasione per far conoscere le ultime frontiere della ricerca spaziale dalla voce delle protagoniste. All’evento, infatti, hanno partecipato Cinzia Zuffada, associate chief scientist presso il Jet propulsion laboratory della Nasa, Antonella Nota, associate director per l’Esa dello Space telescope science institute, Elena D’Onghia, professoressa associata al dipartimento di Astronomia e fisica dell’Università del Wisconsin-Madison, Mariafelicia De Laurentis, deputy project scientist della collaborazione dell’Event horizon telescope, professoressa di Astronomia e astrofisica presso l’Università di Napoli Federico II e ricercatrice dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), Barbara Negri, responsabile del Volo umano e strumentazione scientifica dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), e Cristina Leone, senior vice president Projects, grants and agencies di Leonardo e presidente del Cluster tecnologico nazionale aerospazio (Ctna).

Collaborazioni spaziali

Quello che emerge subito è lo spirito internazionale che anima tutta la ricerca spaziale. “Nell’esplorazione del sistema solare ci sono numerose collaborazioni di alto profilo su praticamente tutte le missioni” ha raccontato Cinzia Zuffada, che dalla sua posizione al Jpl, il laboratorio della Nasa che si occupa dell’esplorazione spaziale tramite sonde e rover, ha una visione privilegiata dei rapporti tra gli Usa e l’Italia. “La collaborazione tra i due Paesi nello spazio è forte e c’è una storia di successi, e ora si guarda con entusiasmo al futuro, anzi – ha anticipato la professoressa – proprio ieri ho avuto una teleconferenza al Jpl con i colleghi italiani dell’Asi, e insieme sta partendo uno studio di fattibilità per far partecipare l’agenzia italiana alla missione della Nasa, Maia”. La missione che acquisirà dati satellitari per misurare la qualità dell’aria del nostro paese e condividere queste misurazioni con la comunità scietnifica. “Anche nel progetto Dart della Nasa partecipa l’Italia con LiciaCube, ed è bellissimo pensare a questa collaborazione che coinvolge diverse università in Italia”, ha proseguito Zuffada.

Alla ricerca del Big bang

Ma le cooperazioni del nostro Paese guardano, oltre che al pianeta Terra, anche ai confini dell’universo, alla ricerca di informazioni persino sullo stesso Big bang. È il caso del telescopio James Webb “frutto di una collaborazione internazionale, perché missioni come queste non potrebbero essere portate a termine da un’agenzia sola” ha raccontato Antonella Nota. L’Italia non ha solamente partecipato alla realizzazione tecnica di Webb, ma la ricerca italiana si è dimostrata competitiva e ambiziosa, cosa che le ha permesso di ottenere l’accesso ai dati che il telescopio produrrà durante la sua attività. “Webb è cento volte più potente di Hubble – ha spiegato Nota – e riuscirà a osservare le origini dell’universo, a cercare i pianeti intorno ad altre stelle e, studiandone la composizione, a capire su quali di questi esopianeti potrebbe esserci la vita”. Webb, infatti, dovrebbe riuscire a osservare come si presentava l’universo “appena” cento milioni di anni dopo il Big bang. Nelle parole della professoressa: “Webb guarderà le prime galassie e, se siamo fortunati, le prime stelle; appuntamento, dunque, a tra sei mesi, quando arriveranno i primi dati del telescopio”.

I misteri da scoprire

E quando si parla di misteri dell’universo, nessun oggetto astronomico è più criptico dei buchi neri. Uno dei momenti che hanno segnato la ricerca astrofisica e astronomica è stato, infatti, la “foto del millennio” scattata nel 2019, la prima immagine reale di un buco nero. A partecipare all’impresa c’era anche Mariafelicia De Laurentis, una delle poche scienziate che hanno partecipato al progetto prendendo parte al coordinamento del consorzio di ricerca Event horizon telescope. “Uno dei più grandi enigmi è conciliare la gravità di Einstein con la meccanica quantistica – ci ha raccontato De Laurentis – e i buchi neri sono il perfetto laboratorio per questo studio, perché mettono a dura prova le leggi della natura che conosciamo: quando siamo in prossimità di questi oggetti tutto diventa diverso”. Studiare questi immensi corpi misteriosi permetterà, forse, di riuscire a descrivere anche altri fenomeni che per ora ci restano sconosciuti, come l’energia oscura e la materia oscura che, come rileva in nome, non siamo ancora in grado di descrivere.

Creatività italiana

Ma l’umanità non si limita a osservare la vastità del cielo, ed è pronta a esplorarlo in prima persona. Ma per raggiungere l’obiettivo bisognerà superare ancora molti ostacoli. “Proteggere gli astronauti durante i viaggi spaziali è forse uno dei principali problemi delle future missione” ha spiegato Elena D’Onghia, ricordando come le radiazioni solari possano essere estremamente pericolose per la salute degli equipaggi umani diretti verso altri pianeti o su missioni spaziali di lunga durata. Per questo, sono in fase di studio diverse soluzioni. “Da qualche anno partecipo allo studio di un concetto di scudo spaziale magnetico che possa servire come schermo per proteggere gli astronauti durante i voli spaziali e la permanenza dell’umanità sulla Luna e poi su Marte”. Anche qui, la collaborazione bilaterale tra Italia e Stati Uniti è fondamentale. “Le capacità intellettuali degli italiani – ha continuato D’Onghia – sono sempre molto apprezzate, e anche la creatività”.

Il ruolo dell’Asi

Naturalmente fondamentale è il lavoro svolto dall’Agenzia spaziale italiana: “I sistemi nascono nel mondo accademico e dagli enti di ricerca, che sviluppano idee di strumentazione, la cui realizzazione viene fatta dall’industria”, ha evidenziato Barbara Negri, aggiungendo che “l’Asi coordina, identifica e mette a fatto comune gli obiettivi dei ricercatori e dell’industria, e permette alle attività dei programmi spaziali di andare avanti”. Per questo l’Asi è impegnata in prima fila a sostenere la ricerca nazionale e a partecipare ai vari progetti internazionali. “Anche in Italia– ha continuato Negri – siamo molto sensibili allo studio della radioprotezione, e lo scudo magnetico è un’idea sfidante ma non impossibile, perché abbiamo visto che tutte le volte che ci si pone un obiettivo importante e si mettono insieme le forze e si va nella stessa direzione i risultati si trovano”.

Osmosi tra scienza e industria

“Il rapporto tra ricerca e industria si è evoluto negli anni, e questa osmosi è fondamentale per una crescita comune di tutto l’ecosistema spaziale”, ha raccontato Cristina Leone, precisando come questo rapporto “si sia chiaramente evoluto negli anni, passando da commesse esclusivamente governative a oggi con il lancio di missioni satellitari commerciali dove è l’industria che gestisce sia il satellite che i dati”. È una collaborazione di successo, quella raccontata da Leone, con un’osmosi tra impresa e ricerca che ha permesso di esplorare angoli remoti di universo alla ricerca di altri mondi e, potenzialmente, altre forme di vita. L’occasione è stata anche un momento di riflessione per l’accesso del mondo femminile alla ricerca, coincidendo tra l’altro con la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza istituita dalle Nazioni Unite. “Sono certa che questo dibattito sia stato di grande ispirazione per le ragazze che vogliono intraprendere un percorso Stem o che decideranno di scegliere lo spazio come loro professione” ha concluso Leone.

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