Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service, rilancia su Twitter un’analisi di Lawrence Freedman, professore emerito del King’s College di Londra, che spiega ciò che potrebbe andare storto per Mosca in Ucraina
“Affascinante. Per me ha senso”. Un tweet di cinque parole firmato da Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service (MI6), ha alimentato le speranze degli ucraini, e non soltanto le loro, di un fallimento dell’invasione russa dell’Ucraina. Il tweet, infatti, è un commento a un’analisi di Lawrence Freedman, professore emerito del King’s College di Londra, secondo cui il presidente russo Vladimir Putin “potrebbe fallire”.
Fascinating. Makes sense to me. https://t.co/Cdwq4e6yNc
— Richard Moore (@ChiefMI6) February 25, 2022
Il docente scrive di ”scommessa sconsiderata” e promette di aggiornare il suo commento nei prossimi giorni. Intanto, ecco cosa sostiene in quello pubblicato, dopo che la resistenza ucraina è costata cara agli invasori, venerdì 25 febbraio e rilanciato come “affascinante” anche dal capo dei servizi segreti britannici per l’estero. “Una delle ragioni principali per cui le guerre possono finire male, anche quando sono state lanciate con fiducia, è la sottovalutazione del nemico”, spiega il professore. A questo, si somma la “sopravvalutazione delle proprie” forze.
“L’evidente resistenza ucraina e i costi della guerra per entrambe le parti aumentano anche la posta in gioco per Putin in patria”, continua. Le guerriglie urbane nella capitale cecena Grozny e nella città siriana di Aleppo sono state dirette conseguenze delle campagne russe. Inoltre, “il livello di opposizione in Russia (e la mancanza di supporto entusiasta) è impressionante”, osserva. “È stato strano per Putin insistere sul fatto che l’Ucraina dovrebbe davvero essere parte della Russia e poi aspettarsi che le persone tollerino che i loro compagni slavi – spesso i loro parenti – vengano bombardati”.
Che cosa vuole ottenere Putin? Una campagna “limitata” nell’Est dell’Ucraina “aveva un certo senso, perché avrebbe ritagliato un’area che poteva essere sostenuta e difesa nel tempo”. Ma l’attuale scala di operazioni ne ha meno: “richiede essenzialmente un cambio di regime a Kiev. In Iraq e in Afghanistan gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno imparato con amara esperienza quanto questo possa essere difficile”, avvisa.
Ecco come prosegue.
Il punto centrale delle guerre (e ne ho studiate molte) è che raramente vanno secondo i piani. Eventi fortuiti o operazioni mal eseguite possono richiedere improvvisi cambiamenti di strategia. Le conseguenze non volute possono essere importanti quanto quelle volute. Queste sono le insidie che circondano tutte le guerre e perché dovrebbero essere intraprese solo con una buona ragione (di cui la più convincente è un atto di autodifesa).
L’ultima questione che affronta il professore sembra avere a che fare con il futuro di Putin. “La decisione di intraprendere questa guerra poggia sulle spalle di un uomo”, scrive. Poi, mettendola sulla differenza tra modelli spesso cavalcata da Putin quanto dal suo omologo cinese Xi Jinping, spiega: “A volte nelle democrazie ci lamentiamo dell’inconsistenza, incoerenza, miopia e inerzia del nostro processo decisionale, rispetto agli autocrati che possono superarci in astuzia pensando a lungo termine e poi prendendo misure audaci senza alcun bisogno di convincere un popolo scettico, ascoltare i critici o essere trattenuti da vincoli scomodi come lo stato di diritto”. Ma proprio Putin, continua, “ci ricorda che l’autocrazia può portare a grandi errori”. La democrazia, invece, “non ci preclude affatto la possibilità di commettere quegli stessi errori” ma “ci permette almeno di passare rapidamente a nuovi leader e nuove politiche quando ciò accade”. Dunque, l’auspicio che chiude l’analisi-commento: “Vorrei che questo accadesse ora alla Russia”.
In questi mesi Moore è stato, assieme ai suoi omologhi statunitensi in primis, artefice di una strategia iper-comunicativa dell’intelligence sulla situazione in Ucraina: abbassare i livelli di segretezza a favore degli alleati e diffondere informazioni alla stampa sui piani di Mosca (spiattellati dall’intelligence occidentale già diversi mesi fa) sono stati gli strumenti utilizzati per mettere pressione sulla Russia nella speranza di scongiurare l’invasione. Ma non è bastato: come ha spiegato Dan Lomas, docente di intelligence e studi sulla sicurezza alla Brunel University di Londra, a Formiche.net, “l’intelligence non è un potere, nel senso di hard power militare. Può plasmare la politica, ma non può scoraggiare un attacco. Solo l’hard power può farlo”.
Dunque, Putin può fallire in Ucraina? La possibilità c’è, per quanto le probabilità siano basse. Forse, però, non così tanto come pensavamo prima del tweet di Moore.