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Aspettative basse per l’incontro Usa-Cina a Roma

Anchorage, summit Usa Cina

Washington in pressing lancia avvertimenti sulle sanzioni imposte alla Russia. Ma difficilmente Pechino lascerà la posizione pubblica di neutralità, almeno per ora

“Disinformazione” americana. Così il ministero degli Esteri cinese ha bollato le ricostruzioni del Financial Times e del Washington Post secondo cui la Russia si sarebbe rivolta alla Cina chiedendo aiuti militari per la guerra in Ucraina. Si è aperta con questa dichiarazione poco sorprendente la giornata dell’incontro a Roma tra Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e Yang Jiechi, la controparte cinese, all’hotel Rome Cavalieri Waldfor Astoria, come rivelato dal Foglio.

Non è la prima volta che sui giornali statunitensi finiscono rivelazioni sul ruolo della Cina nel confitto avviato dalla Russia tre settimane fa. Nelle scorse settimane la stampa americana aveva raccontato sia le infruttuose settimane di pressing di Washington su Pechino affinché intervenisse con Mosca per convincerla a non invadere l’Ucraina, sia le richieste cinesi alla Russia di attendere la fine delle Olimpiadi invernali di Pechino prima di lanciare quella che Mosca ha definito una “operazione militare speciale” imponendo il bando su espressioni come “guerra” o “invasione”.

A Roma si parte da qui, dal pressing degli Stati Uniti sulla Cina. Ma anche dalle basse aspettative di Washington visto che, come sembrano dimostrare queste rivelazioni, Pechino conosceva le intenzioni di Mosca e non ha fatto nulla per evitare la guerra. “Stiamo comunicando direttamente, in privato a Pechino, che ci saranno assolutamente conseguenze per qualsiasi tentativo di evadere le sanzioni o apportare qualsiasi sostegno che permetta alla Russia di sottrarvisi”, ha detto Sullivan alla CNN prima di partire per Roma. “Gli Stati Uniti non permetteranno che ci sia un’ancora di salvezza per la Russia da queste sanzioni economiche da qualsiasi Paese, in qualsiasi parte del mondo”, ha aggiunto.

L’obiettivo di Washington appare dunque smuovere Pechino dalla dichiarata neutralità rispetto al conflitto, figlia anche della amicizia profonda rilanciata recentemente dai presidenti Xi Jinping e Vladimir Putin. Un compito che si preannuncia arduo per Sullivan, anche perché Yang colui che ha coniato l’espressione “una nuova relazione tra grandi potenze”, ormai uno slogan di Xi quando si tratta di descrivere il rapporto tra Cina e Stati Uniti.

È il capo della diplomazia cinese, direttore dell’Ufficio della Commissione centrale degli Affari Esteri, membro del Politburo, già ministro degli Esteri e ambasciatore negli Stati Uniti, l’uomo che ha gestito i rapporti tra Pechino e Washington al tempo di George W. Bush alla Casa Bianca e ha facilitato il dialogo tra Xi e Donald Trump. Ma è anche colui che ha guidato la delegazione cinese l’anno scorso ad Anchorage, in Alaska, (dall’altra parte c’erano Sullivan e il segretario di Stato Antony Blinken) per il primo confronto tra le due parti dall’insediamento di Joe Biden, finito con un nulla di fatto, se non la dichiarazione delle proprie posizioni.

La Cina sceglie l’ambiguità per ora, anche se la propaganda amplifica le posizioni russe in chiave anti-occidentale. Come evidenziava Giovanni Andornino, docente di Relazioni internazionali dell’Asia orientale all’Università di Torino e direttore del TOChina Hub, in un’intervista con Formiche.net , “è impossibile per Pechino conciliare il proverbiale rispetto per il principio di sovranità, l’interesse a evitare di compromettere i rapporti con l’Occidente (in particolare l’Europa) e il partenariato ‘senza limiti’ con la Russia”.

In questa fase, sarà difficile che la Cina prenda posizione anche perché sembra decisa a sfruttare la situazione attuale di logoramento, con l’Occidente quasi in guerra e la Russia in difficoltà tale da poterla rendere un suo junior partner. In tutto questo, Pechino può acquisire potere commerciale, politico, economico e anche negoziale. Fino a che punto può spingere, però? Se Pechino riuscisse a mediare potrebbe segnare un punto importantissimo per la sua reputazione e peso internazionali.

Washington lo sa bene, ed è per questo che sottolinea gli aspetti economici: la Cina non può permettersi neppure di sacrificare per Putin i rapporti con Unione europea e Stati Uniti.

Per questo, entrambe le diplomazie, ma in particolare quella cinese, hanno voluto sottolineare che l’incontro di Roma riguarderà anche i rapporti in generale tra le due potenze.


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