Il presidente cinese incontrerà i leader dell’Ue una settimana dopo Biden. Nonostante le posizioni ambigue, la Cina rimane a fianco della Russia. E nel Vecchio continente c’è chi spinge per l’approccio duro
La settimana prossima Joe Biden volerà a Bruxelles per partecipare al vertice straordinario della Nato e al prossimo Consiglio europeo. Il presidente americano discuterà con i leader dei Paesi alleati i prossimi passi nelle sanzioni alla Russia, a fronte dell’invasione in corso, oltre agli aiuti militari e umanitari all’Ucraina.
La settimana successiva, il primo aprile, i vertici europei incontreranno (virtualmente) tutt’altro presidente: quello cinese, Xi Jinping, che vedrà la leader della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio Charles Michel.
La ragione ufficiale dell’assenza di Xi dal palcoscenico globale è il Covid (l’ultima visita all’estero fu a gennaio 2020, in Myanmar) ma diversi analisti ci hanno letto anche un più generale ripiegamento sul fronte interno. La sua Cina sembra sempre meno disposta a cooperare con altri Paesi e farsi profeta del multilateralismo globale che soleva annunciare a gran voce. Oggi appare sempre più isolata, e – fatta eccezione per la Russia, cui ha dichiarato “amicizia illimitata” a febbraio – molte delle sue relazioni con il resto del mondo hanno subìto un deterioramento.
Tra gli attori globali che oggi guardano a Pechino con sospetto c’è anche l’Unione europea. L’ultima svolta sugli appalti pubblici è solo l’ultimo sviluppo di una saga di ridimensionamento dei rapporti bilaterali, che comprende anche il congelamento del Cai (cioè il fallimento di un negoziato durato sette anni) e le scintille con la Lituania. E la guerra di Vladimir Putin in Ucraina ha alzato di diverse tacche il livello di tensione.
Oggi la Cina si rifiuta di condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina (anzi, utilizza le stesse linee propagandistiche del Cremlino). Mercoledì è stata l’unica potenza a schierarsi con la Russia alla Corte internazionale di giustizia, che in via cautelare ha sentenziato l’illegittimità del casus belli russo e ingiunto a Mosca di sospendere le ostilità.
La paura è quella di consolidamento dell’asse delle due autocrazie. Washington ha ragione di credere che Pechino sia pronta a sostenere Mosca economicamente (aiutandola ad aggirare le sanzioni occidentali) o addirittura militarmente. Lunedì a Roma il responsabile esteri del Partito comunista cinese Yang Jiechi ha liquidato la tesi americana come un esercizio di disinformazione, ma – come ha detto un alto ufficiale europeo a Stuart Lau di Politico – gli esperti europei stanno esaminando la questione.
Sempre Lau scrive che alcuni Paesi membri starebbero facendo pressione su von der Leyen e Michel affinché loro possano “rendere chiaro a Xi che la Cina dovrebbe astenersi dall’aggirare le sanzioni europee sulla Russia” e rimarcare che se ci provasse, “questo avrà un enorme impatto negativo sulle relazioni Ue-Cina”, ha detto un alto diplomatico Ue. Giovedì la Casa Bianca ha annunciato che Biden chiamerà Xi venerdì, uno sforzo per “tenere aperte le linee di comunicazione” ma che viaggia sulla stessa direttrice degli europei.
Da parte sua, e a dispetto delle pressioni occidentali per “stanarla”, Pechino non ha ancora modificato la propria posizione sulla questione ucraina. Anzi, a giudicare dalle telefonate del ministro degli esteri Wang Yi con le sue controparti europee della scorsa settimana, la Cina sta vestendo i panni del paciere e anche quelli dell’avvocato di Putin: desidera la fine delle ostilità, ma al contempo vuole che l’Ue smetta di isolare diplomaticamente ed economicamente la Russia.
Wang ha ripetutamente chiesto ai colleghi europei di “sedersi e parlare” con Mosca per creare un “meccanismo di sicurezza a lungo termine”, scrive Lau. Il diplomatico ha utilizzato il termine russo della “sicurezza indivisibile”, che per il Cremlino significa un veto sulla futura adesione alla Nato dell’Ucraina e un’Europa ampiamente smilitarizzata. Questa linea è stata espressa anche sul Global Times, megafono estero del partito-Stato, secondo cui l’Ue dovrebbe tagliare i legami con gli Stati Uniti e la Nato, stringere un accordo con la Russia e raggiungere una coesistenza pacifica e vittoriosa con Mosca.
La presenza stessa di Xi al tavolo con i vertici europei sembra suggerire che il presidente voglia perlomeno preservare la relazione esistente, ancorché tesa, con l’Ue. L’interscambio commerciale complessivo vale quasi 700 miliardi di euro; se da una parte è vero che l’Ue importa dalla Cina più di quanto esporti – tema che diventa strategico considerando la dipendenza tecnologica per settori come digitale e green tech – anche Pechino avrebbe parecchio da perdere inimicandosi Bruxelles e le altre capitali europee. Sia economicamente, che politicamente.
Tuttavia, allargando lo sguardo, non si può non considerare l’obiettivo cinese – dichiaratissimo – di costruire un mondo multipolare e meno soggetto ai dettami dell’Occidente. Un progetto, peraltro, che trova ampi spazi nel decoupling in corso tra Russia e occidente, che alla lunga spinge Mosca necessariamente nell’orbita di Pechino, e che Xi vede come l’inevitabile declino del “sistema americano”.
Resta da vedere quanto sia conciliabile la realpolitik cinese con la sua volontà di far pendere la bilancia della Storia verso il modello autocratico. Il summit europeo del primo aprile aiuterà a capire dove volga lo sguardo di Xi.