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L’India nella partita del grano. Il rapporto speciale con emiratini e sauditi

L’India sta approfondendo le relazioni con gli Emirati Arabi e con il Golfo, anche in mezzo alle mareggiate prodotte dalla guerra e dalla crisi delle catene di approvvigionamento. Le eccezioni sul grano, il petrolio e soprattutto la congiunzione tra i piani di Abu Dhabi per il centenario del 2017 e la Vision 2047 di Nuova Delhi

Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita si sono assicurati esportazioni sufficienti di grano dall’India, nonostante il divieto auto-imposto dal governo di Nuova Delhi su tutte le spedizioni di questo prodotto alimentare di base. La decisione dell’India di vietare le esportazioni di grano rientra in quella che viene definita dall’esecutivo di Nerendra Mori come necessità di garantire le forniture alimentari per il proprio fabbisogno interno. Il Paese ha anche fissato un tetto massimo alle esportazioni di zucchero (a 10 milioni di tonnellate) per la campagna di commercializzazione che si concluderà a settembre – l’India è il secondo maggior esportatore di zucchero.

I prezzi del grano sono saliti a livello globale dopo l’inizio delle ostilità in Ucraina, che era uno dei principali produttori e fornitori di grano sul mercato mondiale e che ora sta subendo anche sulle esportazioni l’effetto dell’aggressione russa — che presto potrebbero anche colpire la produzione, come spiegato da Eugenio Dacrema (WFP). Anche altri prodotti alimentari di prima necessità hanno subito un’inflazione dei prezzi dovuta a diversi fattori, tra cui le interruzioni delle catene di approvvigionamento post-Covid.

Nuova Delhi ha annunciato che deciderà caso per caso di tenere attive le esportazioni verso determinati clienti. Se è vero che il governo indiano ha intenzione di riservarsi certe scelte per caso di stretta necessità — quasi con senso umanitario — è anche vero che Riad e Abu Dhabi sono partner commerciali particolari.

Al di là delle oggettive disponibilità di pagare il grano più di altri — banale quanto determinante regola di mercato — soprattuto gli Emirati stanno stringendo notevolmente le relazioni con l’India. A fine marzo hanno stretto un accordo sul commercio dal valore unico per entrambi, e il subcontinente rientra tra i piani di espansione (commerciale, finanziaria, economica) emiratina.

Allo stesso modo l’India, che sta navigando nella complicata partita di dover gestire i propri interessi e fabbisogni in mezzo alle dinamiche della guerra russa in Ucraina e della crisi delle catene di approvvigionamento (prodotta dalla pandemia e aggravata dalle politiche zero-Covid cinesi), ha la necessità di mantenersi operativa la linea di flusso petrolifera dal Golfo.

L’India si è lamentata più volte con l’Opec nell’ultimo anno per l’aumento dei prezzi e ha affrontato la questione anche con incontri bilaterali con i membri del blocco dei produttori. Il ministro del petrolio indiano, Rameswar Teli, durante un’audizione alla Camera bassa a febbraio ha spiegato che la domanda di petrolio indiana dovrebbe raggiungere gli 11 milioni di b/g entro il 2045, rispetto ai 4,9 milioni di b/g del 2021.

L’India ha anche fissato l’obiettivo di ridurre le importazioni di greggio del 10 per cento secondo una multi-prone strategy che prevede l’aumento della produzione interna di greggio, puntando sulle energie rinnovabili e sul programma di miscelazione dell’etanolo entro il 2025.

La Abu Dhabi National Oil Co. degli Emirati Arabi Uniti (Adnoc) è l’unica compagnia straniera ad avere capacità nelle riserve strategiche di petrolio dell’India, detenendo circa 750.000 tonnellate nell’ambito di un accordo tra governi che vede la corporate emiratina fornire greggio ai siti di Padur e Mangalore, nel Karnataka, nel sud dell’India. Questi collegamenti hanno valore strategico.

La questione alimentare potrebbe diventare la scaturigine di una serie di problematiche complesse come quelle che nel 2011 portarono ai moti delle Primavere arabe. Alcuni Paesi — come l’Egitto per esempio — potrebbero esserne direttamente colpiti, altri come Emirati e Arabia Saudita potrebbero subirne indirettamente gli effetti. Circostanza che non è considerata meno pericolosa dalle leadership emiratine e saudite che si trovano ad affrontare la complicata stagione del ricambio di potere.

Per esempio, Mohammed bin Zayed, formalmente eletto nuovo presidente della federazione emiratina nei giorni scorsi, sarà il leader che si caricherà sulle spalle la realizzazione dell’Uae Centennial Plan 2071. Il piano concepito — da lui stesso lo scorso anno, quando era ancora sovrano de facto e factotum del Paese — si basa su quattro pilastri: un governo orientato al futuro, un’istruzione eccellente dei cittadini, un’economia della conoscenza diversificata e una società felice e coesa.

Questa visione coincide molto da vicino con la Visione 2047 dell’India che ha anch’essa fissato obiettivi elevati e ambiziosi da raggiungere nel tentativo di diventare una nazione moderna e prospera entro il centenario dell’indipendenza, nel 2047, e di consolidare il suo posto di vishwa guru (leader globale).

Che l’India abbia percepito certi punti di incontro è possibile, e per questo potrebbe aver scelto quella che sembra tanto una decisone politica, quanto commerciale. Gli Emirati comunque sono il terzo principale acquirente di grano indiano, con 188mila tonnellate nell’ultimo anno. Inoltre, sul fronte commerciale, gli Emirati Arabi Uniti sono il terzo partner dell’India, con una stima attuale di 60 miliardi di dollari dì interscambio e 12 miliardi di investimenti.

Anche il fattore commerciale ha un suo peso soprattutto in questa fase storica. Davanti agli scombussolamenti del mercato l’India ha già preso le proprie contromisure. Ha per esempio iniziato ad aumentare gli acquisti di petrolio dalla Russia, sfruttando in modo pragmatico le necessità di vendere di Mosca prodotto dalla guerra, abbinandola alla necessità propria di garantirsi sicurezza energetica.

Gli Stati Uniti fanno pressione affinché si astenga dall’aumentare gli acquisti di petrolio russo. Elizabeth Rosenberg, alto funzionario del dipartimento del Tesoro statunitense, si recherà in India nel corso della settimana per allargare il discorso con il governo di Nuova Delhi – che nel frattempo ha anche aumentato le tariffe di esportazione di minerali e concentrati di ferro al 50 per cento (dal 30) e messo dazi sui pellet al 45 per cento, mentre ha eliminato le tariffe di importazione del carbone da coke.

(Foto: Flikr , @MEAphotogallery)



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