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F-16 per Ankara, Washington riabilita la Turchia

Per la Turchia potrebbe essere arrivato il momento della riabilitazione politica da parte degli Stati Uniti. Seguendo la pragmatica del momento e sulla scorta dei passi avanti fatto da Erdogan, il Congresso potrebbe approvare una fornitura di F-16. Una mossa che conta

Il sostegno della Turchia all’Ucraina, in particolare attraverso l’esportazione di velivoli senza pilota armati e il tentativo di spingere la Russia verso un complesso percorso diplomatico, ha offerto ad Ankara l’opportunità di rafforzare la sua immagine offuscata a Capitol Hill. Se gioca bene le sue carte, l’alleato della Nato potrebbe convincere il Congresso a consentire un acquisto di 40 caccia F-16 Block 70 e circa 80 kit di modernizzazione con cui la Lockheed Martin dovrebbe aggiornare la sua flotta esistente.

È un accordo da 6 miliardi di dollari che è congelato perché la Turchia negli ultimi anni ha preso decisioni molto discutibili per Washington — come quella sull’acquisto degli S-400 russi, che l’ha portata a essere espulsa dal programma F-35, oppure altre aggressive posture geopolitiche nel Mediterraneo che non sono piaciute agli americani. Adesso che Recep Tayyp Erdogan ha avviato una serie di distensioni con i rivali regionali — rendendo meno complicato il processo di de-coinvolgimento statunitense — e ha dimostrato allineamento sfruttando spazi apertisi su alcuni dossier internazionale come la guerra russa in Ucraina, le cose potrebbero cambiare.

Diversi legislatori chiave che si sono dimostrati fondamentali nell’espellere la Turchia dal programma F-35 hanno cautamente segnalato a Defense News che potrebbero essere inclini a consentire ad Ankara di acquistare gli F-16 dopo che l’amministrazione Biden ha suggerito che una tale vendita potrebbe servire gli interessi di sicurezza della Nato e degli Stati Uniti. Una posizione su cui Erdogan ha portato Ankara — partner discutibile che ancora adesso porta avanti attività aggressive come le operazioni militari contro i curdi al nord dell’Iraq — ma pressoché imprescindibile sul piano internazionale per l’Occidente e le sue forme d’essere (Nato, Ue, Usa).

Le ricostruzioni del sito specialistico sono interessanti sia sul piano pratico, visto che il Congresso esercita un notevole potere nel bloccare potenziali vendite di armi, sia su quello politico. Quei legislatori hanno infatti chiarito che la commessa riguardante gli F-16 sarebbe subordinata al fatto che la Turchia continui a sostenere l’Ucraina, anche se questo comporta la costruzione di un nuovo equilibrio con la Russia.

Il presidente della Commissione per gli Affari esteri della Camera, Gregory Meeks, un democratico newyorkese, dice che i turchi “hanno mostrato alcuni movimenti nella giusta direzione. Ci sono altre cose di cui abbiamo ancora bisogno per lavorare con la Turchia, alcune cose che a volte ci irritano ancora”. Altri democratici e repubblicani che hanno combattuto con le unghie e con i denti per legiferare l’espulsione della Turchia dal programma hanno anche segnalato che non avrebbero usato il loro potere per bloccare una potenziale vendita di F-16. Per esempio, il senatore James Risch, un repubblicano trumpiano dell’Idaho membro di rango della Commissione per le Relazioni estere, dice che “i turchi hanno presentato argomentazioni credibili sul perché dovrebbero ottenere gli F-16. Sono disposto positivamente in quella direzione, anche se non ci sono ancora completamente”.

La Turchia ha gli F-16 dagli anni Ottanta, quando quei velivoli erano una tecnologia bellica eccellente. Lo sono ancora, ma hanno bisogno di aggiornamenti, e tuttavia non rappresentano il top degli assetti aerei occidentali, che sono gli F-35. L’espulsione da quel programma aveva un significato politico, rappresentava la scelta di escludere Ankara dal programma militare che rappresentava l’integrazione operativa delle Democrazie, un sistema da combattimento e comunicazioni che vale molto più di un velivolo. La questione con gli F-16 è più tecnica, rinforzerebbe la componente aerea di un importante Paese mantenendo ancora quel distinguo dettato con gli F-35 — con la Turchia punita per essere troppo incline al modello autoritario. Allo stesso tempo aprirebbe un ulteriore spiraglio per una completa re-integrazione nel mondo occidentale.

Formalmente Washington ha bloccato il trasferimento degli avanzati caccia F-35 alla Turchia per paura che il potente sistema radar dell’S-400 avrebbe permesso alla Russia di spiare quell’avanguardia tecnologica, compromettendola. La decisione era arrivata però dopo una serie di avvertimenti che quella scelta avrebbe portato Ankara troppo vicina a Mosca. L’acquisto dell’S-400 ha anche spinto gli Stati Uniti a sanzionare l’agenzia di approvvigionamento militare turca nel 2020, come richiesto da una legge sulle sanzioni russe. Erdogan aveva reagito in modo duro, inasprendo posizioni critiche contro l’Occidente che si legano alla mancata integrazione europea e alla reazione distaccata dalla crisi globale prodotta dal conflitto siriano.

Poi negli ultimi due anni ha avviato una distensione con gli alleati Nato, Usa, Ue sfruttando ogni centimetro possibile; dalla pandemia all’attivismo su dossier complicati come la Libia e il Nagorno-Karabakh, per arrivare all’Ucraina. Questione che si porta dietro due forme di interesse diretto: capitalizzare queste attività (su cui ha anche sovraesposto il Paese) per interesse diretto molto connesso alla sua legacy e a salvare la Turchia dalla crisi economica, e farlo in un modo potabile per gli alleati occidentali così da poterlo rendere più efficace.

L’ufficio del rappresentante Mike McCaul, repubblicano texano ranking member della Commissione per gli Affari esteri della Camera, ha detto a Defense News: “Ci aspettiamo che Ankara continui a stare con i suoi alleati della Nato che sono al passo nel sostenere l’Ucraina […] svolgerà ancora un ruolo costruttivo nel conflitto, ma affronterà anche le preoccupazioni sul ruolo della Turchia in altri conflitti globali“. Ossia: siamo consapevoli delle ragioni e dei piani di Erdogan, e li accettiamo se essi rappresentano una mutua convenienza.

Il mese scorso il Dipartimento di Stato ha inviato una lettera al Congresso in cui sosteneva che “per la Nato ci sono interessanti interessi di unità e capacità a lungo termine, nonché interessi di sicurezza nazionale, economici e commerciali degli Stati Uniti, sostenuti da appropriati legami commerciali della difesa degli Stati Uniti con la Turchia”. La lettera è arrivata in risposta a una domanda posta da oltre 50 membri della Camera che esortavano il segretario di Stato, Antony Blinken, e il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, a respingere la vendita di F-16 per la Turchia. C’è un’opposizione di principio tra alcuni membri del Congresso — il più ideologizzato degli apparati statunitensi — che contesta le violazioni dei diritti e l’autoritarismo di Erdogan, nonché l’avventurismo aggressivo su alcuni dossier internazionali.

È una posizione che si concilia con le volontà della Casa Bianca di elevare i valori della democrazia a vettore di politica internazionale, ma l’amministrazione ha anche visioni strategiche pragmatiche. La scorsa settimana, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha dato prova di questo quando ha ringraziato pubblicamente la Turchia per aver contribuito a mediare la liberazione del Marine Trevor Reed imprigionato in Russia.

(Foto: ac.nato.int)

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