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Un’altra nave da guerra russa in fiamme

La Flotta russa del Mar Nero potrebbe perdere un’altra nave, la fregata Makarov, che secondo alcuni rumors è in fiamme davanti a Odessa. Tutto mentre escono informazioni su come l’intelligence occidentale stia aiutando l’Ucraina negli attacchi marittimi

Proprio questa mattina, su Forbes usciva un articolo che quasi suggeriva che dopo l’affondamento dell’incrociatore “Moskva”, il successivo obiettivo che l’Ucraina avrebbe potuto mettere nel mirino era la fregata lanciamissili “Admiral Makarov”, uno degli ultimi tre pezzi da combattimento rimasti della Flotta del Mar Nero. Durante la stesura di questo articolo, iniziano a circolare informazioni sulla possibilità che quella fregata russa sia in fiamme davanti all’Isola dei Serpenti, a largo di Odessa. Servono conferme, potrebbe essere anche un wishful sinking e dalle immagini che circolano la nave in fiamme potrebbe essere una Classe Stenka (navi guardacoste). Tuttavia resta un fatto: se se non si è trattato di un incidente, a far bruciare l’imbarcazione potrebbero essere stati i missili Neptune ucraini a colpire la nave, come con l’ammiraglia Moskva, oppure potrebbe essere stata centrata da droni, come già successo ai due pattugliatori Classe Raptor in quello stesso tratto di mare.

Sempre oggi è uscita la notizia secondo cui gli Stati Uniti avrebbero fornito informazioni di intelligence che hanno aiutato le forze ucraine a localizzare e colpire l’ammiraglia della flotta russa del Mar Nero il mese scorso. È il terzo capitolo di una serie iniziata col capo del Pentagono e quello dello Stato maggiore congiunto che spiegavano pubblicamente ai congressisti il livello di qualità delle informazioni raccolte sulla Russia dal fronte dai servizi segreti americani, e continuata con la pubblicazione di indicazioni sull’aiuto fornito — attraverso lo spionaggio — nel tracciare in anticipo le mosse russe e gli spostamenti dei generali.

È evidente che sia in corso una piano comunicativo pensato per far sapere a Mosca che ogni mossa è controllata e a volte anticipata. Probabilmente serve anche a mandare un messaggio di avvertimento su prossime potenziali decisioni del Cremlino. Washington sta dicendo a Mosca che dietro a Kiev c’è il peso di Usa e Nato. È un gioco di equilibri, perché l’amministrazione Biden vuole evitare di mostrare pubblicamente un livello di coinvolgimento troppo alto e non passare da agente provocatore — e non vuole dare spazio alla retorica della guerra per procura con cui il Cremlino prova a giustificare l’invasione ucraina con la scusa di una difesa estrema provocata dall’aggressività della Nato.

Gli Stati Uniti raccolgono costantemente informazioni sui movimenti russi. Il Mar Nero è battuto da missioni di air policing come quelle dei P-8 Poseidon che decollano da Sigonella (uno di questi batteva il bacino nelle ore del l’affondamento del Moskva, il 13 aprile). In gergo tecnico si chiama real-time intelligence: americani (e Nato) forniscono informazioni immediate sui movimenti russi, poi è Kiev a decidere come agire. Così succede con i generali uccisi: gli Stati Uniti, attraverso varie tipologie di informazioni intercettate, sanno dove si trovano quasi in tempo reale; l’Ucraina poi vede se e come colpirli. Una decina sarebbero rimasti uccisi, il più alto in grado delle Forze armate russe, il generale Valery Gerasimov, è sfuggito per meno di un’ora da un bombardamento nel centro di comando di Izium in cui si trovava.

Come con gli ufficiali, l’affondamento del Moskva e quello di altri navi russe testimonia debolezze organizzative e operative della Russia. L’esercito russo aveva a lungo discusso se mandare in pensione il Moskva, perché era un vecchio incrociatore sovietico che aveva un estremo bisogno di essere modernizzato. Ma con una carenza di incrociatori e cacciatorpediniere, alla fine è stato deciso di estendere il suo servizio, e furono i cannoni della Moskva a sparare sull’isola Snake dell’Ucraina nei primi giorni di guerra. Però le falle sono emerse.

L’equipaggio del  Moskva era “cieco e non pronto per l’attacco missilistico ucraino” che ha affondato l’ammiraglia russa, secondo una nuova analisi dell’attacco del 13 aprile rivista dal sito tecnico USNI News. La revisione delle immagini dopo l’attacco dei due missili antinave Neptune da parte dell’analista navale open-source e capitano della marina in pensione Chris Carlson ha valutato che l’incrociatore non aveva i suoi radar attivati e non poteva vedere la minaccia delle due armi. L’intelligence è importante, ma dall’altra parte ci sono alcune tecniche che emergono via via.

(Foto: Wikipedia)



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