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Così Eni entra in Qatar nel più grande business di gas al mondo

L’Eni nel North Field East. Annunciata la joint venture con cui il Qatar aumenterà le esportazioni dal più grande giacimento gasofero del mondo. La firma arriva mente la Russia taglia le forniture all’Italia

Domenica l’Eni ha aderito al progetto di Qatar Energy di espandere la produzione del giacimento di gas naturale più esteso del mondo, North Field East.

Al di là del valore economico e commerciale, la notizia ha una rilevanza di carattere strategico se si considera che arriva pochi giorni dopo che la Russia ha tagliato le forniture gasifere all’Italia. Un atto di ritorsione che Mosca ha riservato a Roma e altre capitali europee per la posizione severa contro l’invasione russa dell’Ucraina.

La società guidata da Claudio Descalzi ha firmato oggi, nel corso di una cerimonia ufficiale, l’accordo di partnership per la creazione di nuova Joint Venture (JV). QatarEnergy — amministrata dal ministro degli Affari Energetici Saad Sherida Al-Kaabi — deterrà una quota del 75% e Eni il restante 25%. La JV a sua volta deterrà il 12,5% dell’intero progetto North Field East, di cui fanno parte 4 mega treni gnl con una capacità combinata di liquefazione pari a 32 milioni di tonnellate/anno (MTPA).

“Questo accordo è una significativa pietra miliare per Eni e si inserisce nel nostro obiettivo di diversificazione verso fonti energetiche più pulite e affidabili, in linea con la nostra strategia di decarbonizzazione”, spiega Descalzi attraverso una nota stampa diffusa dalla società. “Eni — continua — è pronta a lavorare con QatarEnergy su questo progetto per contribuire positivamente ad aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento di gas a livello mondiale”.

A inizio maggio, Descalzi ha accompagnato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in diversi viaggi internazionali tra i principali Paesi fornitori energetici italiani e partner commerciali di Eni. Il Qatar, tra le prime tappe di quelle visite, è stato da tempo individuato dall’Italia per la parziale sostituzione della Russia come fornitore. Doha sta assumendo una sempre maggiore centralità in questo momento.

Qatar Energy stima che il North Field, che si estende sotto le acque del Golfo nel verso il iraniano, detenga circa il 10 per cento delle riserve di gas conosciute al mondo. Il gas naturale liquefatto (gnl) del progetto, nella forma raffreddata di gas che lo rende più facile da trasportare, dovrebbe entrare in linea nel 2025. Aiuterà il Qatar ad aumentare la sua produzione di gnl entro il 2027.

Il progetto NFE, spiega Eni, consentirà di aumentare la capacità di esportazione di Gnl del Qatar dagli attuali 77 Mtpa a 110 Mtpa. Con un investimento di 28,75 miliardi di dollari, il campo dovrebbe impiegare tecnologie e processi all’avanguardia per minimizzare l’impronta carbonica complessiva, tra cui la cattura e lo stoccaggio della CO2.

Il Qatar ha annunciato nei giorni scorsi che anche TotalEnergies come primo partner straniero nello sviluppo la scorsa settimana, con una quota del 6,25%. Mentre ci si aspetta che più aziende vengano nominate come partner, Kaabi si è rifiutato di divulgare quanti altri partner sarebbero stati annunciati.

Secondo le informazioni fatte uscire da AFP, anche ExxonMobil, Shell e ConocoPhillips potrebbero far parte di altre cooperazioni, mentre Bloomberg ha riferito che anche cinesi erano in trattative questa settimana.

Eni, venerdì 17 giugno, ha annunciato che avrebbe ricevuto solo il 50 per cento del gas richiesto dalla russa Gazprom, nel terzo giorno consecutivo di forniture ridotte. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto giovedì che le riduzioni dell’offerta non erano premeditate e erano legate a problemi di manutenzione, secondo Reuters. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, durante la visita a Kiev, ha acquato la Russia di spacciare “bugie” sui tagli e fare “un uso politico del gas, come c’è un uso politico del grano”.

Questo braccio di ferro russo è legato al mantenimento di una leva per far forza su certi argomenti. Oltre alla dipendenza dalle forniture di Gazprom, c’è il fatto che nonostante le sanzioni europee e statunitensi, le entrate di Mosca sono tornate più o meno a livelli prebellici, con circa 20 miliardi di dollari di esportazioni di petrolio incassati a maggio dopo che alcune nazioni asiatiche, tra cui Cina e India, hanno aumentato le loro importazioni di prodotti petroliferi russi usufruendo di sconti superiori al 30 per cento.

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