È tutto parte della strategia di logoramento di Putin, che usa il metano – in coerenza con la sua posizione – come arma ibrida. Se l’Ue si convincesse di essere in guerra, spiega Carlo Bagnasco (manager ex Gazprom) potrebbe adottare il tetto al prezzo del gas. Che salverebbe famiglie e imprese e aiuterebbe il processo di pace
Mercoledì mattina Gazprom ha tagliato la fornitura giornaliera di gas all’Italia del 15%. A confermarlo è Eni, che importa i volumi russi via Austria. L’azienda ha ricevuto l’avviso in mattinata ma non una spiegazione delle motivazioni, come ha spiegato un portavoce all’Ansa, e “continuerà a monitorare l’evoluzione della situazione e comunicherà eventuali aggiornamenti”. Intanto c’è da chiedersi perché sia avvenuto.
È il risultato di una catena di tagli. Martedì Gazprom ha ridotto le forniture all’Europa via il gasdotto Nord Stream del 40%, giustificando la mossa con due motivi principali: mancata manutenzione (per cui ha incolpato le sanzioni occidentali) e malfunzionamenti tecnici. Il governo tedesco ha dichiarato che la sicurezza dell’approvvigionamento “è garantita”, ma la preoccupazione sui mercati ha fatto schizzare il prezzo del gas europeo da circa 80 a 100 euro. Dopodiché, mercoledì pomeriggio, l’agenzia di stampa russa Tass ha annunciato una riduzione dei flussi ulteriore: secondo gli esperti si passa da meno quaranta a meno sessanta per cento.
Agli europei che chiedevano a Gazprom perché non compensasse pompando più gas attraverso i gasdotti ucraini, Tass spiega che la colpa è degli ucraini, i quali hanno dichiarato di non poter far funzionare la stazione di pompaggio di Novopskov nel territorio occupato di Luhansk. Dopo essersi meravigliata del perché l’Ucraina abbia dovuto invocare causa di forza maggiore (per la cronaca, si tratta dell’invasione militare russa), l’agenzia del Cremlino aggiunge che le sanzioni russe contro la Polonia impediscono a Gazprom di sfruttare l’altro gasdotto ucraino, Yamal-Europe. Intanto gli ucraini hanno fatto sapere che l’azienda russa non sta utilizzando parte della capacità disponibile.
In sostanza, arriva meno gas per decisione unilaterale della Russia. E il 15% in meno per l’Italia è un numero molto superiore, nella realtà dei fatti. Carlo Bagnasco, manager nel campo dell’energia ed ex Gazprom Export in Italia, ha spiegato a Formiche.net che Eni compensa le mancate importazioni riducendo le iniezioni in stoccaggio. Una mossa con ripercussioni critiche, perché quelle riserve rappresentano uno strumento fondamentale per permettere all’Italia e all’Unione europea di rafforzare la propria posizione rispetto a eventuali ricatti russi durante la prossima stagione fredda.
Tutti gli elementi indicano che la Russia sta attuando la sua solita strategia della tensione come parte dell’attacco ibrido all’Occidente. E l’insistenza con cui incolpa le sanzioni occidentali – stesso copione per le richieste di sblocco dei carichi di grano – ne testimonia l’efficacia. Nel medio termine (dai tre ai cinque anni) i Paesi europei riusciranno a sostituire le importazioni di gas russo, ma nel breve Vladimir Putin può tagliare le forniture per minare la risolutezza europea. Senza contare che il panico alza il prezzo del gas, e dunque il ricavato di Gazprom.
In questa guerra economica di logoramento, si avverte già la stanchezza europea. Ci è voluto un mese per approvare il sesto pacchetto di sanzioni (che prevede l’embargo al petrolio russo) e le posizioni più morbide di alcuni Stati verso la Russia, Germania in testa, contribuiscono ad aumentare l’ambiguità europea. Che non vuole convincersi delle parole di Emmanuel Macron, secondo cui siamo in un’economia di guerra. Peccato che dall’altra parte ci sia un attore belligerante che agisce con perfetta coerenza, secondo la sua visione, utilizzando tutte le leve a propria disposizione per indebolire l’avversario.
La soluzione ci sarebbe, spiega Bagnasco: il tetto al prezzo del gas, che Mario Draghi continua a proporre e la Commissione europea sta valutando, ma che incontra ancora l’opposizione di diversi Paesi europei. Tuttavia risolverebbe il problema a monte, dato che la Russia è costretta a esportare verso l’Europa – i gasdotti vanno in quella direzione – e dovrebbe fare i conti con l’acquirente unico e le sue regole. Ancora meglio: uno strumento del genere potrebbe essere funzionale per il processo di pace, perché impugnandolo l’Ue potrebbe costringere Putin a tornare al tavolo dei negoziati.
Un prezzo del gas più contenuto (attorno ai sessanta euro, comunque il triplo del budget che le aziende avevano prefissato per il 2022) abbatterebbe anche le bollette, dato che il prezzo dell’energia elettrica è correlato. E non solo, conclude il manager: aiuterebbe dette aziende a tenere i battenti aperti, si ripercuoterebbe positivamente sul prezzo dei loro prodotti. Tutto questo alleggerirebbe il carico sui consumatori e sulle famiglie, riducendo, in definitiva, il rischio di squilibrio sociale. Come ha detto Claudio Descalzi, ad di Eni, “sarebbe assolutamente necessario farlo”.