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Draghi blocca gli affari cinesi su un gioiello della robotica italiana

Efort Intelligent Equipment, società legata a Pechino, voleva aumentare la sua partecipazione in Robox, azienda del Novarese (dal 40% al 49%). Ma il governo si è opposto al trasferimento di tecnologia previsto nell’accordo utilizzando i poteri speciali. È il quinto veto in 17 mesi per fermare le mire del Dragone sulla terza economia europea

Il governo Draghi ha esercitato i poteri speciali per opporsi a un’operazione che prevedeva l’aumento della partecipazione dal 40% al 49% dell’azienda cinese Efort Intelligent Equipment, leader nella robotica e legata al governo di Pechino, nell’azionariato di Robox, società italiana con sede nel Novarese, e un accordo per il trasferimento di tecnologia.

A darne notizia è il consiglio d’amministrazione della stessa società cinese con una nota pubblicata su Shanghai Securities News, principale quotidiano finanziario cinese, di proprietà dell’agenzia di stampa Xinhua, e canale designato dalla China Securities Regulatory Commission (l’ente di vigilanza sui titoli) per le informazioni delle società cinesi quotate in Borsa.

Come raccontato su Formiche.net, per l’operazione il gruppo cinese aveva messo sul piatto 2 milioni di euro. Inoltre, intendeva spendere 1 milione di euro per un accordo di licenza tecnica per accedere a codici sorgente e file. Stando a quanto ricostruito da Formiche.net e anche dall’agenzia Reuters, il governo ha posto il veto sul trasferimento di tecnologia, non sull’aumento della partecipazione.

“Recentemente, la società è stata informata dai suoi legali italiani che l’operazione non è stata approvata” dal governo italiano ai sensi della legge sui poteri speciali (Golden power), si legge nella nota diffusa da Efort Intelligent Equipment. “La società collaborerà con Robox e con i legali italiani per comunicare ulteriormente con le autorità italiane competenti per l’approvazione e renderà noti i progressi in modo tempestivo”. Per questo, alla luce della situazione attuale, il consiglio ricorda “agli investitori i rischi d’investimento”.

Efort Intelligent Equipment dichiara sul suo sito di essere coinvolta nei “progetti di robotica del ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione, del ministero della Scienza e della tecnologia, della Commissione nazionale di sviluppo e riforma e di altri ministeri” del governo cinese. Inoltre, spiega di aver “partecipato alla formulazione di una serie di standard nazionali per la robotica” sempre all’interno dunque delle attività con il governo cinese.

Da un’analisi di Datenna, società olandese che si occupa di intelligence economica sulla Cina, sugli azionisti e le figure di spicco realizzata per Formiche.net, è emerso come “il livello di influenza” dello Stato cinese su Efort Intelligent Equipment “è considerato elevato e la produzione di componenti robotici è allineata alle priorità di sviluppo industriale definite nel progetto Made In China 2025”, cioè la strategia attraverso con cui Pechino vuole raggiungere il dominio globale nella produzione high-tech. Tuttavia, hanno spiegato gli esperti di Datenna, “questi rapporti legano l’azienda a varie istituzioni governative più che al Partito comunista cinese”.

Il governo guidato da Mario Draghi ha utilizzato i poteri speciali (rafforzando sia la normativa sia la struttura competente a Palazzo Chigi) per sviluppare la propria strategica politico-economica e contrastare i tentativi della Repubblica popolare cinese di espandere la propria presenza e influenza sulla terza economia dell’Eurozona, in particolare nei settori strategici e a rischio trasferimento tecnologico.

Prima che l’ex governatore della Banca centrale europea diventasse presidente del Consiglio, i poteri speciali erano stati utilizzati soltanto due volte in due anni per bloccare acquisizioni straniere. In questi 17 mesi, oltre al caso di Robox, il governo ha posto il veto in quattro casi, tutti riguardanti la Cina. L’ultimo riguarda Alpi Aviation, l’azienda italiana produttrice di droni che non ha notificato alla presidenza del Consiglio la vendita, avvenuta nel 2018, del 75% delle quote a una società di Hong Kong controllata a sua volta da due gruppi statuali cinesi – un affare annullato poi con un decreto del governo. Gli altri episodi si riferiscono ai settori dei semiconduttori (quelli di Applied Materials Italia e Lpe) e delle sementi (Syngenta).

A distanza di poco meno di un anno da quelle dichiarazioni e di poco più di tre dalla firma sul memorandum d’intesa sulla Via della Seta apposta dal governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte, l’approccio dell’Italia verso la Cina appare cambiato e gli Stati Uniti sembrano rassicurati. Oggi, con il governo Draghi, “comprende molto bene come la Repubblica popolare cinese operi nel mondo”. Lo ha dichiarato Wendy Sherman, vicesegretaria di Stato degli Stati Uniti, rispondendo a una domanda di Formiche.net durante un recente incontro con la stampa europea.

Formiche.net ha contattato Robox, il Dipartimento per il coordinamento amministrativo presso Palazzo Chigi e l’ambasciata cinese a Roma per un commento.



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