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Scontro tra potenze in Africa. Cosa cercano Russia, Francia, Usa e Cina

I Paesi visitati dalle alte sfere di Francia e Russia in questi giorni hanno visto nuovamente muoversi la competizione tra potenze. Tra infowar e giochi di influenza, da Washington si alzano anche nuovi allarmi sulla Cina in Africa

Il presidente francese, Emmanuel Macron, durante il suo recente viaggio africano ha fatto ruotare parte della narrazione trasmessa ai suoi interlocutori contro il comportamento russo nel continente – per sottolineare come quello francese sia più affidabile.

Macron è passato per Guinea-Bissau, Benin e Camerun, ma in quegli stessi giorni in Africa c’era anche il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha viaggiato per conto del Cremlino tra Egitto, Etiopia, Uganda e Repubblica del Congo. Lavrov ha fatto da contraltare al francese, e mentre si trovava nel continente africano non ha perso l’occasione di sottolineare come l’Occidente (in generale, non la Francia nello specifico) sia un partner inaffidabile rispetto alla Russia.

Questo lavoro di accreditarsi come riferimento (quasi esclusivo) è parte della strategia russa e francese e in questa fase è dominato dalla risposta alla crisi alimentare. Sebbene, come noto, sia stata innescata dal blocco dell’export dei cereali, riflesso dell’invasione russa dell’Ucraina e parte della panoplia ibrida del Cremlino, Mosca sta cercando di spingere una contro narrazione – soprattutto in Africa. Molti dei Paesi del continente sono tra quelli più colpiti sia sul piano alimentare che su quello economico generale dagli effetti della guerra, ma il racconto del Cremlino, che intesta le colpe sull’Occidente, ha già nei mesi scorsi trovato spazio.

Lavrov ha continuato il lavoro presentandosi con un op-ed, uscito sui giornali dei Paesi visitati, col quale ha provato a far ricadere sull’Europa le responsabilità per il mancato export di grano. Macron ha ingaggiato la battaglia retorica direttamente, smentendo la posizione russa e addossando su Mosca le responsabilità di ciò che sta accadendo.

Tra russi e francesi in Africa c’è un dossier aperto, il Mali. Parigi, dopo anni di impegno militare a Bamako (salvata proprio dai francesi da un’insurrezione islamista che stava conquistando il controllo del Paese nel 2012), è stata costretta al ritiro da questioni tecniche e politiche. E – nonostante la Francia abbia convolto anche altre nazioni europee – in Mali, così come nella regione saheliana, la presenza jihadista si è rafforzata.

Il ritiro francese ha lasciato spazio all’ingresso massiccio del Wagner Group russo, che ha stretto accordi con la giunta golpista maliana. La scelta del nuovo governo di Bamako è stata anche frutto di un’ampia campagna di infowar russa che ha portato l’opinione pubblica quanto i decisori politico-militari a porsi in opposizione alla presenza francese – infowar basata anche su alcuni errori commessi realmente dalla strategia di Macron.

Tra i circa 18 in cui la Wagner è presente in africa, sebbene in molti senza ufficialità, c’è anche il Camerun, che ha scelto il supporto dei contractor russi tramite un accordo firmato ad aprile. Un’intesa per usufruire dei servizi di sicurezza offerti dalla milizia privata, che secondo diverse ricostruzione il Cremlino usa per attività ibride, lavoro sporco, giochi di influenza. La presenza di Macron a Yaoundé si lega anche a questo? Possibile.

Lavrov ha toccato invece due Paesi che possono essere sensibili per gli interessi italiani, Egitto e Repubblica del Congo. Soprattutto con il secondo, il governo Draghi ha intensificato i rapporti anche (soprattutto) in ottica energetica – l’Italia, come altri Paesi Ue, intende chiudere le forniture di gas dalla Russia come rappresaglia per l’invasione ucraina, ma per farlo deve costruire una reta di supplier alternativa. Col Cairo, Lavrov ha promesso l’approfondimento della partnership strategica; con Kinshasa sul tavolo c’è la possibilità di aiutare il presidente Denis Sassou Ngueso a organizzare una conferenza internazionale sulla Libia che darebbe centralità politico-diplomatica al Paese. Mosse di influenza.

I Paesi africani hanno ormai acquisito consapevolezza di essere campo di battaglia di una partita complessa, e per questo evitano accuratamente di schierarsi ed esporsi verso uno dei lati in gioco. Sanno in effetti che per i propri interessi il mantenimento dell’equilibrio è fondamentale. Tant’è che per esempio fin dal voto di marzo sulla risoluzione ONU di condanna all’aggressione russa, solo Paesi africani hanno avuto la forza di schierarsi a favore, mentre in 25 si sono astenuti o sono risultati assenti, e l’Eritrea ha votato contro; e nessuno ha poi aderito alle sanzioni occidentali.

La partita “Africa” è complessa quanto interessante. Lo spostamento di queste nazioni sull’asse delle democrazie o quello dei modelli autoritari è un aspetto che muove parte delle dinamiche degli affari globali. Non è un caso se sia la Russia che gli Stati Uniti abbiano organizzato per i prossimi mesi dei summit per invitare tutti Paesi del continente.

A tutto questo, vanno aggiunte le attività cinesi, che in Africa sono approfondite e strutturate da anni. “La Cina prosegue per aumentare il suo accesso e la sua influenza nel continente”, ha detto Stephen Townsend, comandante in uscita di AfriCom, durante un dibattito organizzato dal Project for Media and National Security dell’università George Washington. Il suo successore, il generale dei Marines Michael Langley, si era espresso esattamente allo stesso modo nei giorni scorsi, durante l’audizione di conferma del suo incarico al Senato.

Townsend ha sottolineato come la Cina competa attraverso mezzi economici – investimenti, molti nei settori strategici delle infrastrutture – che permettono a Pechino di essere fuori dai radar del confronto militare. Sebbene, ha aggiunto, i cinesi stanno cercando nuovi spazi per costruire basi africane oltre quella di Gibuti. In particolare è noto che la Repubblica popolare voglia avere un affaccio atlantico, e la Guinea Bissau (visitata da Macron) potrebbe essere il luogo designato – ma anche la Tanzania, affacciata sul bordo sud-occidentale dell’Indo Pacifico, potrebbe presto ospitare un avamposto cinese.

Sempre secondo Townsend, la Russia è invece molto sovra-estesa in Africa. “Non ci perderei troppo il sonno” a pensare se sta usando la guerra in Ucraina per aumentare la propria influenza in Africa, ha detto il comandante americano, ricordando piuttosto che Mosca ha dovuto ritirare alcuni contractor della Wagner dalla Libia per rafforzare il fronte ucraino.

(Foto: Twitter, @emannuelmacron, il presidente francese  in Guinea Bussau)



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