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Giappone, Abe assassinato. Tokyo colpita al cuore

Giappone sotto shock, Abe ucciso durante un comizio. Un attentatore ha sparato al più importante premier della storia recente di Tokyo, figura chiave per il ruolo che l’arcipelago intende giocare nel mondo

Nella tarda mattinata giapponese (quando in Italia erano le 4:30) un uomo ha sparato due colpi con un’arma da fuoco rudimentale contro Abe Shinzo, l’ex primo ministro giapponese, uccidendolo.

Vani sono stati i tentativi di soccorrerlo. È stato centrato a distanza ravvicinata sulla destra del collo e al petto sinistro. Abe stava parlando durante un comizio a Nara, una cittadina nei pressi di Kyoto.

La polizia ha immediatamente arrestato Yamagami Tetsuya, un 42enne residente locale, autore dell’attentato. Poco è per ora noto: sembra che Yamagami abbia avuto un passato nella marina giapponese e che abbia dichiarato ai poliziotti di non essere soddisfatto della linea impressa da Abe — rimasta per buona parte presente nell’azione politica dell’attuale esecutivo.

Il motivo dell’attacco resta tuttavia da chiarire. Ci sarà da ricostruire più approfonditamente la storia dell’aggressore, moventi ed eventuali pianificazioni. Il livello di violenza politica che si è verificato a Nara è eccezionale non solo per il Giappone.

Il primo ministro giapponese, Kishida Fumio, ha subito parlato alla nazione. Visibilmente commosso, durante una conferenza stampa piuttosto concisa, ha reso pubblico che il suo predecessore era in condizioni critiche. “Al momento i medici stanno facendo tutto il possibile”, aveva detto ai giornalisti, rivolgendosi ai cittadini: “In questo momento, spero e prego che l’ex premier Abe possa sopravvivere”. Poco dopo, i medici del Nara Medical Huniversity Hospital hanno dichiarato il decesso.

Il premier Kishida, che si trovava in campagna elettorale nella prefettura di Yamagata ed è tornato a Tokyo dopo la sparatoria, ha aggiunto che l’attacco è stato un “atto odioso”, e ancora: “È barbaro e malvagio e non può essere tollerato”.

Uno degli elementi più volte sottolineati dal primo ministro e dal suo entourage nelle dichiarazioni pubbliche e non è stato il momento in cui l’attentato è avvenuto: un “crimine subdolo” successo “durante le elezioni alla base della democrazia”, ha scritto Kishida nel suo primo messaggio di commiato dopo la morte.

Evidenziare la sensibilità del momento in cui si è verificato l’attentato, e marcare quanto le elezioni siano importanti per le democrazie, ricorda le sottolineature che spesso Tokyo fa quando parla dei “valori dell’ordine basato sulle regole” per ricordare la visione che guida il Giappone. Spesso questa formula è usata in contrapposizione alla Cina, accusata di voler sovvertire quell’ordine violando quelle regole.

Per esempio, presiedendo la riunione a cui ha partecipato anche il Giappone, il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha detto da Madrid: “La Cina non condivide i nostri valori e, come la Russia, cerca di minare l’ordine internazionale basato sulle regole”. Sovente questa definizione viene ripresa per rafforzare il concetto di “free and open Indo Pacific”, coniato dallo stesso Abe è parte della visione occidentale di quel quadrante strategico cruciale.

Kishida non è soltanto sconvolto per ragioni umane e affettive (deve tutta la sua carriera politica), ma perché quanto è accaduto ad Abe apre per il Giappone una serie di riflessioni profonde data l’importanza che la sua figura ha rivestito nel Paese è nella proiezione del Paese nei dossier internazionali. Il gabinetto del primo ministro ha fatto sapere che un centro di gestione della crisi è stato immediatamente allestito nell’ufficio del primo ministro.

Abe è il padre del Giappone contemporaneo: è stato il primo ministro più longevo del Paese e ha ricoperto due mandati, dal 2006 al 2007 e dal 2012 al 2020. Si è dimesso nel 2020 per motivi di salute (una rettocolite ulcerosa lo stava debilitando).

Nara, la città in cui è stato ucciso, è storicamente conservatrice, e dunque con un elettorato in maggioranza vicino  alle posizioni dell’ex premier. Ma è anche abitata da una minoranza di origine coreana, gli zainichi, in quali anche durante i governi Abe sono rimasti discriminati. Abe viene accusato di non aver condannato mai apertamente il gruppo di destra estremista Zaitokukai, che ha più volte parlato di ripulire il Giappone dai coreani. Lui stesso si è recato a far visita al santuario Yasukuni di Tokyo, dove sono sepolti diversi criminali di guerra della Seconda guerra mondiale. Anche se questa pratica non è nuova (i politici conservatori che lo avevano preceduto lo avevano fatto), viene considerata divisiva soprattutto nei confronti dei coreani — il Giappone aveva occupato la Corea durante la guerra.

Sebbene il primo ministro ucciso sia stato certamente il più influente del Giappone contemporaneo, resta anche una figura controversa che ha spinto politiche polarizzanti. Su tutte, quella sulle forze armate: Abe ha cercato di modificare la costituzione pacifista del Paese nel tentativo di ridargli una dimensione geostrategica più profonda. Il militarismo — legato alla modifica dell’articolo 9 della Costituzione — è visto come una necessità di interesse nazionale dai politici conservatori giapponesi.

È possibile che quanto successo porti Kishida a spingere per completare il piano di Abe e riesca a modificare la carta — scritta dalle forze occupanti americane entrate in Giappone finita la Seconda guerra mondiale, e composta in modo tale da proibire a Tokyo di avere vere e proprie Forze armate (quelle giapponesi si chiamano infatti “forze di autodifesa”).

Leader del Liberal Democratici giapponesi (LDP), Abe è figlio d’arte: nonno e padre sono stato importanti politici (anche loro con alcune controversie). La sua longevità è inusuale: i primi ministri si succedono rapidamente in Giappone, ma la sua influenza e la sua capacità di indirizzare le politiche del partito di maggioranza, nonché la sua presa elettorale, ne hanno permesso quella longevità.

È stato il premier della ripresa economica post-Fukushima. La sua “Abenomics” — composta da politiche monetarie espansive, stimoli fiscali e riforme strutturali per rilanciare i consumi e aumentare l’inflazione — ha risollevato il Paese nei primi anni del suo secondo mandato, con effetti più sfumati successivamente. Anche per questo Kishida sta pensando a nuove misure e modifiche di approccio.

Differentemente succede sul piano dell’attività internazionale. Kishida sta seguendo, forse anche in modo più deciso, la traiettoria tracciata da Abe: allineamento con l’Occidente, stretta dei rapporti con Stati Uniti e Unione Europea (e Nato), costruzione di una posizione di centralità regionale, critiche sull’ espansionismo cinese.

Non a caso infatti la Cina, attraverso il Global Times, media del Partito Comunista, ha usato subito l’assassinio per speculazioni politiche: “L’attacco ad Abe provocherà sicuramente la destra giapponese”, ha scritto il giornale in inglese. “Il successore (Kishida) e i sostenitori di Abe potrebbero cogliere l’incidente per spingere il loro ‘Indo-Pacifico libero e aperto’ e la partecipazione attiva al QUAD, e facilitare l’ingresso di NATO nell’Asia orientale”.

“Le forze di destra in Giappone potrebbero diventare più attive e propagandare di nuovo la guerra in mezzo alla recessione economica e alle divisioni sociali. L’attacco a Abe potrebbe accelerare la revisione della costituzione pacifista e causare effetti a catena sulla politica estera, come i legami con la Cina e gli Stati Uniti”, commenta uno degli esperti con il giornale che si occupa di spingere in inglese la narrazione strategica di Pechino.

Abe è visto come un nemico storico-contemporaneo dalla Cina. Politico nazionalista e conservatore, ha trasformato il Paese riportandolo a essere una potenza con interessi di carattere strategico. Il suo Giappone si sta rafforzando militarmente e sta ricostruendo una rinnovata dimensione propria all’interno degli affari globali e regionali (facendosi sponda per partnership bilaterali come con Indonesia, Vietnam, o con le Filippine). Questo sta aumentando le attività con cui Russia e Cina portano avanti le loro interferenze contro l’arcipelago.


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